Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.5157 del 16/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4198/2016 proposto da:

Poste Italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Orazio n. 3, presso lo studio dell’avvocato Vito Bellini, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Unicredit S.p.a., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Carlo Mirabello n. 18, presso lo studio dell’avvocato Quintarelli Alfonso, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate – Riscossione, subentrata a Equitalia Servizi di Riscossione S.p.a., già Equitalia Sud, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dagli avvocati Papa Malatesta Alfonso Maria, Ranelli Emanuela, giusta procura in calce alla memoria difensiva;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4032/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/01/2022 dal Cons. Dott. Marco Marulli;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA Giovanni Battista, che si riporta alle conclusioni scritte accoglimento (v. conclusioni scritte);

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Roberto Faccini, con delega avv. Bellini, che ha chiesto l’accoglimento;

udito, per la resistente Agenzia delle Entrate, l’Avvocato Alfonso Maria Papa Malatesta, che si riporta;

udito, per la controricorrente Unicredit, l’Avvocato Franca Montati, con delega avv. Quintarelli, che si riporta.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Roma con sentenza 4032/2015 depositata il 6.7.2015, confermando il deliberato di prima istanza, ha nuovamente respinto la domanda di Poste Italiane s.p.a. nei confronti Unicredit s.p.a. e Frosinone Riscossione s.p.a. e delle subentranti a quest’ultima volta a vedersi compensata, anche in guisa di indebito arricchimento altrui, l’attività di riscossione prestata in favore degli enti convenuti negli anni compresi tra il 1997 ed il 2006 in occasione del pagamento dell’ICI effettuato a mezzo di bollettini di conto corrente postale.

Nel motivare il proprio responso il giudice di seconde cure aveva fatto rilevare che, sebbene la L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 18, abiliti le Poste a stabilire che l’attività di incasso svolta per conto dei correntisti sia remunerata dai medesimi mediante la previsione di commissioni, nondimeno nel caso di specie la natura pubblicistica del rapporto dedotto in giudizio afferente alla riscossione del tributi, in considerazione del quale le Poste agiscono in regime di monopolio legale, escludeva l’applicazione del regime privatistico di cui al citato art. 2. Del resto le stesse Poste si erano dette convinte di ciò riconoscendo nella nota del 27.3.2001 inoltrata ai propri corrispondenti l’inesistenza di un proprio diritto ad imporre commissioni a carico dei concessionari in relazione all’attività prestata nella riscossione dell’ICI. Quanto poi alla subordinata domanda di arricchimento senza causa il giudice d’appello ne aveva negato ogni fondamento non essendo stato dedotto nulla in relazione all’attività di che trattasi tanto in ordine al depauperamento denunciato dall’istante quanto in ordine all’altrui arricchimento.

Per la cassazione di detta sentenza Poste Italiane si è affidata a cinque motivi di ricorso, ai quali ha replicato la sola Unicredit con controricorso e memoria, non svolgendo alcuna tempestiva attività processuale Agenzia delle Entrate-Riscossione, da ultimo subentrante nella posizione dell’altra convenuta.

La causa, inizialmente avviata alla trattazione camerale, con ordinanza interlocutoria 33390/19 del 17.12.2019 è stata rinviata a nuovo ruolo sul pretesto che in relazione alle questioni di diritto sollevate dalla controricorrente la III Sezione Civile di questa Corte con ordinanza 14081/2019 del 23.5.2019 aveva disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ai sensi dell’art. 267 TFUE.

Con sentenza 3.3.2021 C-434/2021 la Corte UE ha fatto conoscere il proprio deliberato e la controversia è stata dunque rifissata per l’odierna trattazione in pubblica udienza.

Requisitorie del Procuratore Generale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Vanno previamente espunte dal giudizio le memorie 5.9.2018, 18.10.2018 e 14.1.2022 depositate dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione non essendosi essa costituita con formale controricorso ed essendo abilitata unicamente all’odierna discussione orale.

3. Nel merito, con il primo motivo di ricorso si lamenta la “violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 2, commi 18 e 19 (e 20), violazione e falsa e/o errata applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, e dell’intera normativa in materia di ICI nonché della interpretazione della normativa stessa di cui alla sentenza Corte Cass. SS.UU. Civile n. 7169/14 (art. 360 c.p.c., n. 3) – Violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4) – Omesso esame su un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5)”. Si sostiene, segnatamente, l’erroneità dell’impugnato pronunciamento poiché esso, incorrendo in tal modo anche nell’omesso esame di un fatto decisivo, era stato adottato senza considerare l’arresto a mezzo del quale le SS.UU. di questa Corte con la richiamata decisione 7169/2014 avevano affermato il principio di diritto secondo cui “il concessionario della riscossione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) è tenuto a pagare a Poste Italiane s.p.a. un corrispettivo per l’accensione e la tenuta del conto corrente sul quale i contribuenti possono versare l’imposta, atteso che, pur essendo il concessionario obbligato ad aprire tale conto, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 10 e pur operando, quindi, Poste Italiane in regime di monopolio legale, ai sensi dell’art. 2597 c.c., nessuna disposizione afferma la gratuità del servizi”. Di conseguenza “tutte le motivazioni in fatto e in diritto addotte quindi dalla Corte d’Appello di Roma nella sentenza qui impugnata… risultano pertanto travolte dalla sentenza delle Sezioni Unite”.

3. Il motivo è fondato e la sua fondatezza, caducando alla radice il contrario convincimento espresso dal giudice di secondo grado, solleva dall’esame degli ulteriori motivi di ricorso.

E’ ben vero infatti che le SS.UU., risolvendo il contrasto insorto all’interno della III Sezione civile di questa Corte sul tema che ne occupa, si siano date cura di affermare il richiamato principio di diritto enunciandolo all’esito di un ragionamento che, pur evidenziando la natura monopolistica del rapporto intercorrente tra il concessionario e l’ente gestore del servizio di conto corrente, in quanto è la legge istitutiva dell’imposta ad imporre al concessionario l’accensione di un conto corrente postale per facilitare, anche in grazia della diffusione territoriale delle dipendenze postali, il versamento dell’imposta; ma non per questo si è portati a dubitare della naturale onerosità del servizio poiché predicare che il rapporto intercorrente tra il concessionario e le Poste ha natura monopolistica non comporta necessariamente che, senza l’individuazione di un sicuro dato normativo o contrattuale in proposito, le prestazioni svolte dal secondo in favore del primo debbano essere caratterizzate dalla gratuità.

4. E’ sorta però, a margine di questo enunciato, la domanda se il fatto che Poste operi in un regime di monopolio legale, dato che il concessionario non può sottrarsi all’obbligo di aprire un conto corrente presso le medesime perché ciò è imposto per legge, non valga a rendere la previsione di una commissione per questo dovuta dal concessionario un aiuto concesso mediante l’impiego risorse statali ricadente perciò sotto il vigore degli artt. 107 e 108 TUEF. Interpellata perciò la Corte di Giustizia con le ordinanze interlocutorie 14080/2019 e 14081/2019, questa con sentenza 3 marzo 2021 C434/19 ha fatto sapere che “l’art. 107 TFUE deve essere interpretato nel senso che costituisce un “aiuto di Stato”, ai sensi di detta disposizione, la misura nazionale con la quale i concessionari incaricati della riscossione dell’imposta comunale sugli immobili sono tenuti a disporre di un conto corrente aperto a loro nome presso Poste Italiane SPA per consentire il versamento di detta imposta da parte dei contribuenti e a pagare una commissione per la gestione di detto conto corrente, a condizione che tale misura sia imputabile allo Stato, procuri un vantaggio selettivo a Poste Italiane mediante risorse statali e sia tale da falsare la concorrenza e gli scambi tra gli Stati membri, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare”.

5. Nel dare seguito al mandato del giudice Eurounitario questa Corte ha già avuto modo di statuire, come si è ancora da ultimo rimarcato (Cass., Sez. I, 27/12/2021, n. 41517), con principio che qui si ribadisce, che la commissione che i Comuni impositori hanno l’obbligo di pagare ai concessionari per l’attività di riscossione dell’ICI da loro assicurata non costituisce un aiuto di Stato poiché “non è destinata a compensare i costi aggiuntivi che i concessionari sono tenuti a sopportare per l’obbligo di disporre del conto corrente presso Poste Italiane”. Si è chiarito, nelle reiterate occasioni in cui la Corte si è occupata della questione che manca ai fini dell’integrazione dell’aiuto di Stato, la condizione dell’acquisizione del servizio da parte del concessionario mediante non risorse finanziarie proprie, ma mediante risorse statali. L’acquisizione mediante risorse statali si verificherebbe nell’ipotesi di esistenza di un meccanismo di compensazione integrale dei costi aggiuntivi risultanti dall’obbligo di disporre di un conto corrente aperto presso Poste Italiane. La commissione che i Comuni impositori hanno l’obbligo di pagare ai concessionari per l’attività di riscossione dell’ICI non è infatti destinata a compensare i costi aggiuntivi derivanti, per i concessionari, dall’obbligo di disporre di un conto corrente postale perché la commissione è corrisposta anche per il caso di versamento diretto dell’imposta da parte del contribuente al concessionario. Come si evince dalla norma istitutiva dell’obbligo di apertura di un conto corrente dedicato (D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 10, comma 3) la commissione grava sul Comune in misura percentuale sulle somme riscosse, indipendentemente dalle modalità di riscossione, e dunque anche nel caso di versamento diretto al concessionario. Ne discende che già sul piano normativo essa si configura in modo indipendente rispetto al costo risultante dall’obbligo di disporre di un conto corrente ed essa, dunque, esula del tutto dai costi sopportati per la tenuta del conto corrente postale e non integra perciò la fattispecie dell’aiuto di Stato.

6. Ne’ questa chiave di lettura che legittima la pretesa di Poste si presta a rimeditazioni in relazione all’altro profilo sotto cui era stata dedotto avanti al giudice unionale il preteso contrasto del diritto interno nella parte in cui prevede l’onerosità dell’attività di riscossione con il diritto sovranazionale, inteso ad evidenziare che quella in tal modo assicurata a Poste prefigurerebbe l’abuso di una posizione dominante a mente dell’art. 102 TUEF. I criteri a tal fine indicati dalla Corte di Giustizia nel citato arresto portano ad evidenziare, come già si è notato a più riprese da questa Corte, che la formulazione della censura non consente di appurare se siano stati tempestivamente e ritualmente sottoposti ai giudici del merito gli elementi costitutivi di una posizione dominante in quanto, nella neutralità del fatto che i concessionari siano tenuti a disporre di un conto corrente postale per agevolare il versamento dell’imposta, nessuna indicazione utilmente valutabile in questa direzione risulta in ordine al mercato rilevante a livello di servizi di cui trattasi e della sua estensione geografica, nonché in ordine le quote di mercato detenute dalle diverse imprese operanti su di esso (Cass., Sez. I, 27/12/2021, n. 41517).

7. Nessun seguito possono poi trovare le sollevate questioni di legittimità costituzionale della norma di indirizzo rispetto agli artt. 11 e 117 Cost., in riferimento agli artt. 102,106,107,108 TFUE, perché l’obbligo a contrarre del concessionario verrebbe a saldarsi al potere di Poste Italiane di imporre commissioni e perché Poste Italiane avrebbe il potere di stabilire unilateralmente il corrispettivo anche per la prestazione di cui si tratta; ovvero in relazione agli artt. 3 e 41 Cost., perché la posizione di Poste Italiane nel contesto azionato genererebbe un vincolo assai gravoso sulla libertà dell’iniziativa economica e sull’autonomia contrattuale del concessionario; ovvero, ancora, in relazione all’art. 3, comma 2, per l’intrinseca irragionevolezza e manifesta irrazionalità che inficia la regolamentazione in parola, stante la loro manifesta infondatezza.

Anche al riguardo, richiamando ragioni già enunciate altrove (Cass., Sez. I, 27/12/2021, n. 41517), si può ripetere, riguardo alla prima di dette obiezioni, che essa è da ritenersi assorbita alla luce del ricordato pronunciamento Eurounitario e delle circostanze che in sede interna hanno portato ad escludere la ricorrenza nella specie di un’ipotesi di “aiuto di stato”; riguardo alla seconda, che essa risulta non supportata da argomenti specifici e concreti, non avendo la controricorrente indicato come la sua posizione sarebbe stata migliore se lo stesso servizio le fosse stato prestato da un istituto bancario, né la gravosità appare coincidente con la onerosità stessa del rapporto, in quanto la finalità che la controricorrente intenderebbe perseguire consiste sic et simpliciter nell’esclusione del diritto di Poste Italiane a ricevere un corrispettivo per le sue prestazioni; e, riguardo alla terza, che non è sospettabile di irragionevolezza una disciplina che, da un lato, è volta ad agevolare il versamento dell’imposta e, dall’altro, assicura un trattamento omogeneo a tutti coloro che intrattengono un rapporto di conto corrente con Poste.

8. Resta perciò intonso il premesso responso di accoglimento del primo motivo di ricorso, sicché, assorbiti i restanti motivi di esso e cassata la contraria decisione d’appello, la causa va rinviata al giudice a quo per un nuovo giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi di ricorso, cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Roma che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 19 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022

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