Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.518 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22517/2017 proposto da:

Credito Emiliano S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Dardanelli n. 46, presso lo studio dell’avvocato Venuti Giuseppina, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Reggiani Roberto, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

V.M., C.A., D.R.A., D.R.V., V.F., G.M., V.A., elettivamente domiciliati in Roma, Piazza Vescovio n. 21, presso lo studio dell’avvocato Manferoce Tommaso, che li rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. B.C.G. di Lecce – rep. n. ***** e procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

contro

D.R.L., Successori di Va.Ar., V.G., v.c.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 548/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 28/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/09/2021 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

RILEVATO

che:

Il tribunale di Reggio Emilia accoglieva l’opposizione proposta da V.S. (al quale sono succeduti gli eredi, previa riassunzione) e per l’effetto revocava il Decreto Ingiuntivo rilasciato al Credito Emiliano spa per la somma di Euro 31.132,00, e condannava la predetta banca a pagare alla parte opponente la somma di Euro 140.343,03, oltre rivalutazione ed interessi, per l’investimento sottoscritto a suo tempo dall’opponente consistente in una polizza assicurativa poi costituita a pegno di un finanziamento di Lire 800.000.000 destinato, unitamente alla somma versata da V.S. di Lire 200.000.000, proprio per l’acquisto della predetta polizza assicurativa “*****” che era stata escussa dalla banca a garanzia della somma concessa in affidamento da quest’ultima perché tale affidamento non risultava più garantito, ad avviso della banca, dal valore (in perdita) della polizza (in particolare, è risultato che dagli estratti conto periodici del rapporto di conto corrente venivano calcolate le competenze passive relative alla somma “affidata” che erano sempre superiori al rendimento della polizza assicurativa; di qui, i periodici solleciti di pagamento con i quali la banca invitava V.S. a riallineare il valore della garanzia, che andava via via diminuendo a quello dell’affidamento che, invece, rimaneva costante).

Il tribunale riteneva che l’investimento sottoscritto a suo tempo da V.S., in quanto direttamente collegato all’andamento di borsa e tale da non garantire né rendimento né capitale, fosse da ritenere un prodotto finanziario e non un prodotto assicurativo che richiedeva il rispetto della normativa del TUF e, quindi, l’adempimento degli obblighi informativi (art. 21 TUF e artt. 28 e 29 reg. Consob) nella specie, non correttamente rispettati da parte dell’istituto bancario.

Avverso la sentenza del tribunale, la banca interponeva appello che, per quanto ancora d’interesse, veniva rigettato, sulla considerazione che il prodotto finanziario sottoscritto aveva un contenuto sostanzialmente speculativo, in relazione al quale l’intermediario finanziario avrebbe dovuto preventivamente verificare le condizioni patrimoniali del cliente, la sua attitudine al rischio, i suoi obiettivi d’investimento secondo quanto previsto dall’art. 21 TUF e dagli artt. 28 e 29 reg. Consob applicabili alla fattispecie. Inoltre, il collegamento esistente tra polizza e anticipazione finanziaria in conto corrente, da cui il pegno della prima a garanzia della seconda evidenziava, sotto un ulteriore profilo, l’intrinseca rischiosità dell’operazione: infatti, a fronte dei costi certi rappresentati dalle competenze passive maturate sull’utilizzazione dell’anticipazione finanziaria vi erano gli incerti profitti (costituiti dall’eventuale rendimento positivo dei fondi cui era collegata la polizza assicurativa in oggetto): pertanto, l’informazione sui rischi intrinseci dell’operazione era doverosa.

Credito Emiliano spa ricorre per cassazione contro la predetta sentenza della Corte bolognese, affidando l’impugnazione a due motivi. Resistono con controricorso V.M., D.R.A., D.R.V., V.F., G.M., C.A. e V.A., quali eredi dell’originario opponente.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, la banca ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare dell’art. 21 TUF e degli artt. 28 e 29 del regolamento Consob n. 11152/98, degli artt. 1362, 1363 e 1337 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e di omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perché erroneamente secondo la Corte d’appello, la polizza in concreto sottoscritta da V.S. non copriva per intero il rischio del mancato rimborso del capitale investito.

Ad avviso della banca, applicando gli ordinari principi di ermeneutica contrattuale, il rischio avente ad oggetto la vita dell’assicurato era stato assunto dall’Assicuratore, perché era previsto il pagamento di un determinato capitale alla morte dell’assicurato agli aventi diritto o beneficiari.

Con il secondo motivo, la banca ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 2 e dell’art. 91 c.p.c., avendo la Corte d’appello erroneamente liquidato il compenso, per ciascuna parte appellata, pur essendo stata ciascuna di esse rappresentata e difesa da un unico difensore.

Il primo motivo è infondato, in quanto secondo la ricorrente, la Corte di appello non aveva considerato che, con il contratto, la banca si assumeva il rischio di performance del fondo oggetto d’investimento, in quanto era in ogni caso garantito il rimborso dell’intero capitale sottoscritto, sicché il contratto stesso aveva natura assicurativa e non finanziaria. Senonché si rileva che in forza del collegamento ben evidenziato dalla Corte d’appello – con l’apertura di credito in conto corrente, garantito da pegno su polizza, finiva per gravare sul cliente anche il rischio di performance del fondo, merce’ gli interessi passivi sul finanziamento che l’investitore era tenuto a pagare in ogni caso, ma venivano riassorbiti solo nel caso di performance positiva del fondo.

Il secondo motivo è fondato, in quanto in caso di difesa di più parti aventi identica posizione processuale e costituite con lo stesso avvocato, a quest’ultimo è dovuto un compenso unico secondo i criteri fissati dal D.M. n. 55 del 2014, artt. 4 e 8 (salva la possibilità di aumento nelle percentuali indicate dalla prima delle disposizioni citate), senza che rilevi la circostanza che il detto comune difensore abbia presentato distinti atti difensivi, né che le predette parti abbiano nominato, ognuna, anche altro diverso legale, in quanto la ratio della disposizione di cui al menzionato art. 8, comma 1, è quella di fare carico al soccombente solo delle spese nella misura della più concentrata attività difensiva quanto a numero di avvocati, in conformità con il principio della non debenza delle spese superflue, desumibile dall’art. 92 c.p.c., comma 1 (Cass. n. 25803/17). Ciò che, invece, è errato in diritto nella argomentazione difensiva del ricorrente è che tale maggiorazione sia applicabile solo nel caso di esame di particolari situazioni di fatto o di diritto.

In accoglimento del secondo motivo, nei sensi di cui in motivazione, rigettato il primo motivo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito liquida per il giudizio di appello l’importo di Euro 5.000,00 per onorari, oltre Euro 500,00 per ciascuna parte ulteriore alla prima, oltre esborsi come da sentenza di appello.

Attesa la soccombenza reciproca, compensa le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il secondo motivo nei sensi di cui in motivazione e rigetta il primo, cassa, quindi, la sentenza impugnata e decidendo nel merito liquida per il giudizio di appello Euro 5.000,00, per onorari, oltre Euro 500,00 per ciascuna parte ulteriore alla prima, oltre esborsi come da sentenza di appello.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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