LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10393/2019 R.G. proposto da:
C.d.S.A., in proprio e quale procuratore generale di C.d.S.G., e di C.d.S.N., con domicilio eletto in Roma, Via Paolo Emilio n. 7, studio legale Citone-Lodoli-Piattelli, rappresentati e difesi dall’avvocato Pietro Lodoli e dall’avvocato Lorenzo Lodoli;
– ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ope legis domicilia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6273/18, depositata il 20 settembre 2018, della Commissione tributaria regionale del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 20 ottobre 2021, dal Consigliere Dott. Liberato Paolitto.
RILEVATO
che:
1. – C.d.S.A., in proprio e quale procuratore generale di C.d.S.G., e di C.d.S.N., sulla base di cinque motivi, ricorre per la cassazione della sentenza n. 6273/18, depositata il 20 settembre 2018, con la quale la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che, per suo conto, aveva annullato un avviso di accertamento catastale col quale, in applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, erano stati rideterminati classe e rendita catastale di dodici unità immobiliari ubicate in Roma (microzona 1-Centro Storico);
– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, della CEDU, art. 6, comma 3, e della Carta dei diritti fondamenti dell’Unione Europea, art. 41, assumendo che malamente il giudice del gravame aveva escluso la necessità di un contraddittorio (preventivo) endoprocedimentale, e dello stesso sopralluogo, ai fini della legittimità dell’azione amministrativa;
– il secondo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla L. n. 241 del 1990, art. 3, alla L. n. 212 del 2000, art. 7, alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, ed al D.P.R. n. 138 del 1998, artt. 8 e 9, sull’assunto che erroneamente il giudice del gravame aveva ritenuto correttamente motivato l’impugnato avviso di accertamento che, diversamente, si risolveva in generiche enunciazioni, prive di ogni concreto riscontro; spiega, in particolare, il ricorrente che l’atto impugnato difettava di ogni effettivo contenuto motivazionale con riferimento alle unità immobiliari oggetto di concreta valutazione, avuto riguardo alle loro specifiche caratteristiche tipologiche, – che, peraltro, avevano già portato ad una rideterminazione delle rendite catastali (tra il 2007 ed il 2010) su dichiarazioni di variazione presentate secondo procedura Docfa, – ed alle conseguenti ricadute che sulle stesse si erano prodotte in ragione della revisione operata per microzone comunali, laddove non avrebbe potuto ritenersi sufficiente il (mero) rinvio ai presupposti giustificativi della rideterminazione catastale operata, quali delineati dalla disposizione attributiva del relativo potere (art. 1, comma 335, cit.);
– il terzo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, reca la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., sull’assunto che, in violazione del riparto degli oneri probatori nella fattispecie rilevanti, – e, dunque, dell’onere della prova gravante sull’amministrazione, – la gravata sentenza aveva rilevato che, – a fronte di un accertamento catastale che, ai sensi della L. n. 331 del 2004, art. 1, comma 335 ben prescindeva dalle “specifiche tecniche dell’unità immobiliare”, – i contribuenti non avevano assolto all’onere della prova, loro gravante, di confutare le emergenze dell’accertamento catastale stesso;
– col quarto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., deducendo che il giudice del gravame aveva risolto la lite contestata sulla base di “generici ed astratti richiami” che, – senza dar conto di come i dati, così richiamati, avessero influito sul riclassamento delle unità immobiliari, – avevano integrato una motivazione meramente apparente;
– col quinto motivo, formulato anch’esso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., sull’assunto che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sull’eccezione che, svolta in controdeduzioni di appello, involgeva l’illegittimità della comparazione istituita dall’amministrazione con riferimento ad unità immobiliari “differenti sia per la zona sia per le caratteristiche intrinseche”;
2. – occorre premettere che, in applicazione del principio processuale della ragione più liquida, – desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., – deve ritenersi consentito al giudice di esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale;
– ciò in considerazione del fatto che si impone un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della stretta consequenzialità logico-sistematica, ed è quindi consentito sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, come costituzionalizzata dall’art. 111 Cost.;
– ne consegue che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole e pronta soluzione, – anche se logicamente subordinata, – senza che sia necessario esaminare previamente le altre (v., tra le altre, Cass. Sez. U, 8 maggio 2014, n. 9936 cui adde Cass., 9 gennaio 2019, n. 363; Cass., 11 maggio 2018, n. 11458; Cass., 28 maggio 2014, n. 12002);
3. – tanto premesso, il secondo motivo, – dal cui esame consegue l’assorbimento dei residui motivi di ricorso, – è fondato, e va accolto;
3.1 – secondo un orientamento interpretativo della Corte che si è venuto progressivamente a delineare, così consolidandosi, la ragione giustificativa della revisione parziale del classamento, prevista dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, è costituita dalla rilevante modifica di valore degli immobili presenti nella microzona ma, al momento dell’attribuzione della classe e della rendita catastale, devono essere considerate, insieme al fattore posizionale, le caratteristiche edilizie dell’unità immobiliare, di cui al D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 7, che assumono, pertanto, specifica rilevanza in sede di motivazione dell’atto, motivazione nella quale, una volta giustificato il presupposto della revisione, fondato sul valore medio di mercato dell’intera microzona, vanno spiegate le ragioni in forza delle quali si è prodotta una ricaduta (ed in quali termini di classamento e di rendita catastale) sulla specifica unità immobiliare oggetto di riclassamento (v., ex plurimis, Cass., 12 dicembre 2019, n. 32546; Cass., 28 novembre 2019, n. 31112; Cass. 19 dicembre 2019, n. 29988; Cass., 8 aprile 2019, n. 9770; v. altresì, più di recente, Cass., 24 novembre 2020, n. 26657; Cass., 1 luglio 2020, n. 13390);
3.2 – in particolare la Corte ha rimarcato che:
– la disposizione di cui all’art. 1, comma 335, cit., va letta nel più complessivo contesto regolativo di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138;
– i dati normativi che, così, vengono in considerazione, – per come interpretati dallo stesso Giudice delle leggi (Corte Cost., 1 dicembre 2017, n. 249), – esplicitano che la revisione “parziale” del classamento delle unità immobiliari consegue, nella fattispecie, dalla specifica (ed esclusiva) valorizzazione del cd. fattore posizionale (art. 8, commi 5 e 6, cit.), qui inteso in riferimento ad “una modifica del valore degli immobili presenti in una determinata microzona” che “abbia una ricaduta sulla rendita catastale”, ove, dunque, non è irragionevole che detta modifica di valore dell’immobile si ripercuota sulla rendita catastale il cui “conseguente adeguamento, proprio in quanto espressione di una accresciuta capacità contributiva, è volto in sostanza ad eliminare una sperequazione esistente a livello impositivo” (Corte Cost. n. 249/2017, cit.);
– la disposizione che autorizza la revisione “parziale” del classamento, – in relazione ad unità immobiliari ricadenti in microzone comunali “per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali”, – integra, dunque, il presupposto degli “atti attributivi delle nuove rendite” che, però, essi stessi debbono esplicitare le ragioni della revisione del classamento con riferimento, com’e’ nella fattispecie, alla (nuova) categoria, classe, e rendita catastale, attribuite all’unità immobiliare (classe a sua volta “rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile dall’unità immobiliare nell’ambito del mercato edilizio della microzona”; D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 3);
– difatti, come rilevato dalla stessa Corte Costituzionale, l’obbligo di motivazione degli elementi che hanno inciso sul diverso classamento della singola unità immobiliare “proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento” (Corte Cost. n. 249/2017, cit.);
– l’indicazione delle “caratteristiche edilizie del fabbricato” (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 7) torna ad assumere (col fattore cd. posizionale) una sua specifica rilevanza per il profilo della motivazione dell’atto (logicamente conseguente a quello che ne identifica i suoi presupposti e) volto a giustificare l’adozione della stima comparativa (avuto riguardo alla cd. unità tipo; v. il D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 61; v. Cass., 6 marzo 2017, n. 5600) in sede di attribuzione della classe e della rendita catastale (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 2, comma 1, e art. 8; v., altresì, il D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 11, comma 1, conv. in L. 13 maggio 1988, n. 154); e, del resto, il valore di mercato rilevante, quale presupposto per la richiesta di riclassamento, non è quello di un singolo immobile bensì il valore medio di mercato di una intera microzona così che, una volta giustificato quest’ultimo (secondo i rapporti di valore posti dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335), rimangono pur sempre da spiegare le ragioni in forza delle quali si sia prodotta una ricaduta (ed in quali termini di classamento e di rendita catastale) sulla specifica unità immobiliare oggetto di riclassamento;
– in definitiva, l’atto attributivo della nuova rendita catastale (quale conseguente alla diversa classe identificativa del superiore “livello reddituale ordinario ritraibile dall’unità immobiliare”; D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 3) deve esso stesso indicare in quali termini il mutato assetto dei valori medi di mercato e catastale (recte del loro rapporto), nel contesto delle microzone comunali previamente individuate, abbia avuto una ricaduta sul singolo immobile (sulla sua categoria, classe e rendita catastale), “così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare”;
3.3 – per come assume la censura in trattazione, il giudice del gravame ha risolto l’obbligo motivazionale, nella fattispecie rilevante, sotto l’esclusivo profilo dei presupposti giustificativi di un riclassamento “di natura massiva”, – ed alla stregua di una revisione non “condizionata alle specifiche tecniche dell’unità immobiliare, bensì esclusivamente ai parametri relativi alla microzona alla quale quest’ultima appartiene”, – senza considerare, con ciò, che l’atto attributivo della nuova rendita catastale (qual conseguente alla diversa classe identificativa del superiore “livello reddituale ordinario ritraibile dall’unità immobiliare”; D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 3) deve esso stesso indicare in quali termini il mutato assetto dei valori medi di mercato e catastale (recte del loro rapporto), nel contesto delle microzone comunali previamente individuate, abbia avuto una ricaduta sul singolo immobile (sulla sua classe e rendita catastale), “così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare”;
4. – la gravata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento del ricorso originario dei contribuenti;
– in considerazione delle antinomie, ed oscillazioni, emerse negli orientamenti giurisprudenziali, col progressivo consolidarsi della pertinente giurisprudenza della Corte, le spese dell’intero giudizio vanno compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti i residui motivi, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso dei contribuenti; compensa, tra le parti, le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenuta da remoto, il 20 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022