Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.528 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20064-2020 proposto da:

A.D., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO MARIA GANGEMI, ALESSANDRO ALATI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3949/6/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CALABRIA SEZIONE DISTACCATA di REGGIO CALABRIA, depositata il 28/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 04/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.

CONSIDERATO IN FATTO

A.D. impugnava l’avviso di liquidazione con la quale Agenzia delle Entrate richiedeva il pagamento della somma di complessive Euro 34.068,00 a titolo di imposta del registro in relazione al giudizio civile definito dal Tribunale di Reggio Calabria con sentenza n. 1038/09.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria accoglieva il ricorso ed annullava l’atto impugnato.

3. Sull’impugnazione dell’Ufficio la Commissione Regionale Tributaria della Calabria accoglieva l’appello dichiarando inammissibile l’originario ricorso non essendo stata fornita la prova della sua tempestività.

4. Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due motivi. L’Agenzia delle Entrate si costituiva depositando controricorso.

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 101 c.p.c., dell’art. 111 Cost., comma 2, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, per avere la CTR, in mancanza di una specifica eccezione da parte dell’Agenzia dell’Entrate rilevato la questione della tardività del ricorso in primo grado in sede di decisione finale senza aver provocato sul punto alcun contraddittorio tra le parti.

1.1 Con il secondo motivo si deduce la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 21 e 22, dell’art. 2967 c.c., e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si sostiene che i giudici di seconde cure abbiano comunque errato nel dichiarare la tardività del ricorso avuto riguardo alla mancata contestazione da parte dell’Ufficio della data di notifica dell’avviso di liquidazione.

2 E’ fondato il secondo motivo con assorbimento del primo.

2.1 Giova premettere che la commissione tributaria regionale ha reso la decisione di inammissibilità del ricorso proposto dalla contribuente per tardività sul presupposto che A.D. non aveva prodotto, come era suo onere, copia dell’atto impositivo impugnato.

2.2 Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 4, stabilisce che “unitamente al ricorso ed ai documenti previsti al comma 1, il ricorrente deposita il proprio fascicolo, con l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato, se notificato ed i documenti che produce in originale o in fotocopia”.

2.3 Al riguardo questa Corte ha ripetutamente affermato che ” da una interpretazione sistematica e letterale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, risulta inequivocabilmente che la sanzione processuale della inammissibilità del ricorso è disposta soltanto nel caso di mancato deposito degli atti e documenti previsti del citato art. 22, comma 1, non anche degli atti previsti dallo stesso art., comma 4 (tra i quali è compreso l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato), il cui deposito deve ritenersi pertanto facoltativo, senza, ovviamente, che ciò significhi che il suddetto atto non deve essere prodotto, ma solo che per il legislatore esso può essere prodotto anche in un momento successivo ed eventualmente anche su impulso del giudice tributario, che potrebbe in ipotesi avvalersi dei poteri previsti dal citato art. 22, comma 5".

2.4 Precisato che la mancata produzione dell’impugnato provvedimento non importa per ciò solo l’inammissibilità del ricorso va, tuttavia, rilevato che i giudici di seconde cure hanno ricollegato alla mancata produzione dell’atto l’impossibilità di verifica della tempestività della proposizione ricorso. Secondo la CTR, infatti, la prova era ricavabile, in positivo o in negativo, solo attraverso l’esame dell’atto impugnato.

2.5 Sul punto va richiamato l’orientamento di questa Corte (Cass. n. 35170/2020n. 20612/2016; n. 26560/2014; Cass. n. 15444/2010) secondo il quale “le previsioni di inammissibilità, proprio per il loro rigore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo, limitandone cioè l’operatività ai soli casì nei quali il rigore estremo (extrema ratio) è davvero giustificato; ciò anche tenendo presente l’insegnamento fornito dalla Corte costituzionale, con particolare riguardo al processo tributario, secondo il quale le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in armonia con i valori della “tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità” (sentenze C. Cost. nn. 189 del 2000, e 520 del 2002)” ed ancora “la chiave di volta dell’intero regime delle inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio tributario va individuato nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5, ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e dei documenti di cui ai precedenti commi”), il quale stabilisce una sorta di possibile causa di esclusione della sanzione dell’inammissibilità (da intendersi, come si è detto, quale vera e propria extrema ratio) quando vi sia modo di accertare la sostanziale regolarità dell’atto e l’osservanza delle regole processuali fondamentali” (Cass. n. 26560 del 17/12/2014)”, si è da ultimo affermato che “ove la parte resistente contesti la tempestività del ricorso, è onere del contribuente allegare l’atto impugnato con la prova della data di avvenuta notifica, dalla quale decorre il termine per la proposizione del ricorso, salvo che si tratti di notifica nulla, ipotesi nella quale l’Amministrazione finanziaria è tenuta a dimostrare il momento nel quale il ricorrente ha avuto effettiva conoscenza del predetto atto” (Cass. n. 10209/2018).

2.6 Nella fattispecie è pacifico che la data della notifica dell’atto non solo era stata indicata dal contribuente nel ricorso introduttivo ma non era stata neanche contestata dall’Agenzia delle Entrate sia nel giudizio di primo grado che in quello di secondo grado né, infine, risulta che la CTR abbia compiuto attività di sollecitazione all’esibizione dell’atto impugnato non depositato al fine di verificare la tempestività o meno dell’originario ricorso.

3 In accoglimento del secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione che, nel procedere ad un nuovo esame, si atterrà ai principi sopra esposti.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria in diversa composizione anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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