Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.530 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 792/2013 proposto da:

San Marco Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Cicerone, 28, presso lo studio dell’avvocato Di Benedetto Pietro che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ionata Lorenzo;

– ricorrente –

contro

Win Rent Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Caio Mario, 27, presso lo studio dell’avvocato Magni Francesco Alessandro che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cipolla Giancarlo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 54/2012 della COMM.TRIB.REG., LOMBARDIA, depositata il 11/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2021 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA.

Lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giacalone Giovanni che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO

che:

1. La società Win Rent s.p.a., con ricorso notificato alla San Marco s.p.a., Concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni, per il Comune di Segrate, impugnava l’avviso di accertamento per omesso pagamento dell’imposta dovuta per l’anno 2007, in relazione a numerosi mezzi pubblicitari situati in corrispondenza dei parcheggi situati all’interno dell’aeroporto ***** (*****), assumendo, tra l’altro, che detti impianti non assolvevano ad alcuna funzione pubblicitaria; che il ricorso veniva respinto dall’adita Commissione Tributaria Provinciale di Milano, e con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglieva l’appello della società Win Rent, sul rilievo che i predetti mezzi segnaletici erano destinati ad indirizzare i clienti della società di autonoleggio – i quali avevano in precedenza concluso il contratto per usufruire del servizio – verso il luogo nel quale ritirare il veicolo o riconsegnarlo al termine del noleggio.

La Concessionaria ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi, cui la intimata resiste con controricorso, illustrato con le memorie ex art. 378 c.p.c..

La pubblica udienza del 3/11/2021 si teneva in Camera di consiglio ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, conv. con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, nonché del D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7, conv. con modif. dalla L. 16 settembre 2021, n. 126, mentre il Procuratore Generale depositava conclusioni motivate scritte nel senso del rigetto del ricorso.

CONSIDERATO

che:

2. La ricorrente deduce (primo motivo), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 5, giacché i mezzi accertati seppur utilizzati anche per ulteriori finalità rispetto a quella pubblicitaria, hanno anche la funzione di indicare il luogo di esercizio dell’attività commerciale e promuovere la domanda di beni e servizi ovvero migliorare l’immagine del servizio pubblicizzato.

La Regionale non avrebbe considerato, ad avviso della società ricorrente, che la norma richiamata colpisce la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione diverse, al fine di migliorare l’immagine di una impresa, ovvero i suoi servizi e prodotti, come nel caso oggetto di causa.

3. La seconda censura lamenta la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17, comma 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il decidente ritenuto erroneamente che i mezzi utilizzati dalla società Wint Rent sarebbero identificabili come mere insegne di esercizio, con la funzione di indicare il luogo di svolgimento dell’attività economica D.L. n. 13 del 2002, ex art. 2 bis, comma 6; mentre il D.P.R. n. 495 del 1992, art. 47, definisce insegna di esercizio la scritta in caratteri alfanumerici completata di simboli o marchi installata della sede dell’attività a cui si riferisce e nelle pertinenze accessorie alla stessa.

Deduce al riguardo che le insegne in esame non rispettano i criteri indicati dalla circolare 3 maggio 2002, n. 3/DPF, assumendo che esse non sono collocate nei pressi della sede della impresa, ma nell’intera area di parcheggio e riportano la scritta “*****”, mentre avrebbero potuto contenere altra dicitura, tale da non comportare la funzione propagandistica del marchio.

4. La terza doglianza critica la sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 1, ex art. 360 c.p.c., n. 3); per avere il giudicante ritenuto la carenza di legittimazione del Comune di Segrate, atteso che l’area in questione appartiene al demanio statale e la competenza appartiene al Ministero dei trasporti che ha dato in concessione l’intera area. Si sostiene che la CTR confonde la proprietà dell’area con il diritto del Comune a riscuotere i canoni di pubblicità.

5. Con il quarto ed il quinto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), vizio di motivazione della sentenza impugnata, giacché il giudice di appello non avrebbe esaminato un punto decisivo della controversia relativa alla dedotta inapplicabilità del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17, per svolgere la società Wint Rent attività di noleggio all’interno di una stazione di servizio di trasporto pubblico e quindi in regime di esenzione dall’imposta.

In realtà, ad avviso della società San Marco le stazioni di sevizio pubblico sono identificabili esclusivamente con quelle portuali, ferroviarie e aree che nulla hanno in comune con l’area di parcheggio dove sono apposti i mezzi pubblicitari.

Si lamenta poi la scarsa intelligibilità delle affermazioni della Commissione, laddove si dà atto che la società Win Rent ha opposto il giudicato, tanto più che la sentenza citata dall’appellante era stata impugnata con ricorso per cassazione e non era quindi divenuta definitiva.

6. La prima censura è infondata e va disattesa, in quanto il giudizio della Commissione Tributaria Regionale, secondo cui le scritte “*****” apposte su cartelli assolvono alla specifica funzione di indirizzare i clienti della società di autonoleggio verso il luogo, di pertinenza della predetta società, in cui vanno prelevati o riconsegnati i veicoli noleggiati, trattandosi di luogo, il parcheggio, il cui accesso e riservato ai clienti delle varie società di noleggio che vi operano, non si pone in contrasto con il quadro normativo che disciplina l’imposta comunale sulla pubblicità, secondo l’interpretazione costantemente data da questa Corte.

Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 5, comma 1, individua il presupposto dell’imposta nella diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile, ciò in quanto quel che rileva è l’astratta possibilità del messaggio, in rapporto alle dimensioni ed ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari, ed il comma 2, della stessa norma, considera rilevanti, ai fini dell’imposizione, i messaggi diffusi nell’esercizio di un’attività economica, allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzati a migliorare l’immagine del soggetto pubblicizzato.

Secondo il Concessionario, la pretesa impositiva di cui qui si controverte ha per oggetto mezzi pubblicitari assoggettabili all’imposizione in quanto riportano il marchio con cui la contribuente contraddistingue i servizi resi alla clientela, ed assolvono quindi alla funzione di far conoscere, alla massa indiscriminata dei potenziali utenti, il nome ed il servizio reso da una determinata impresa di autonoleggio presente sul mercato, sicché il riferimento all’insegna di esercizio, contenuto nella sentenza di secondo grado, sarebbe mal posto, dal momento che le caratteristiche del messaggio pubblicitario veicolato dalle insegne depongono a favore di una loro funzione pubblicitaria, non meramente informativa del luogo di svolgimento dell’attività commerciale, e delle sue pertinenze (area di parcheggio); che, in buona sostanza, il vizio di legittimità viene dedotto come causato da una valutazione asseritamene erronea della fattispecie concreta, in conseguenza dell’assimilazione dei predetti segnali all’insegna d’esercizio vera e propria.

Tuttavia, la prospettata violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 5, presuppone una erronea interpretazione della norma di legge, la quale non ricorre per il solo fatto che la CTR ha trovato un elemento di coerenza di sistema, che non equivale a confondere fattispecie normativamente diverse, nel principio affermato da questa Corte, con la sentenza n. 13824/2005, in materia di insegna d’esercizio, laddove è corretto escludere dalla imposizione dei mezzi pubblicitari quei segnali che, al pari delle insegne, servono soltanto a trasmettere un’informazione (Cass. n. 13824/2005); che, sulla scorta degli elementi fattuali considerati (la presenza del solo marchio “*****” in corrispondenza di ogni singolo posto auto assegnato alla ricorrente all’interno del parcheggio, l’accesso riservato solamente ai clienti delle varie società di noleggio operanti nell’aeroporto, l’adeguatezza della segnaletica, anche di quella luminosa, rispetto ad una funzione meramente informativa), il cui accertamento inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la decisione impugnata evidenzia che lo scopo di promuovere la domanda di beni e/o servizi, e di pubblicità per la società di appartenenza, risulta recessivo rispetto a quello di indirizzare i clienti, che hanno già concluso un contratto di noleggio, verso il luogo in cui sono parcheggiati i veicoli, luogo peraltro di pertinenza della società Win Rent, in quanto operante, con esercizio ad essa riconducibile, nell’ambito aeroportuale milanese; che a tali precisi riscontri fattuali la ricorrente oppone, con il denunziato vizio motivazionale, la propria contraria affermazione (massaggio pubblicitario rappresentato da scritte, di notevoli dimensioni, apposte su paline e cassonetti, reclamizzanti la denominazione dell’impresa di autonoleggio, tali da richiamare l’attenzione dei possibili utenti del servizio offerto) e, quindi, unicamente considerazioni meritali volte a contrastare il giudizio (di segno diverso) espresso dal giudice di appello, tanto però non costituisce idonea censura di quel giudizio, perché non rivela alcuno dei vizi di razionalità e logicità sui quali questa Corte può portare il suo controllo, non potendosi porre in discussione in sede di legittimità l’apprezzamento dei giudici di merito (Cass. n. 9097/2017; Cass. n. 6917/ 2017, in motiv.).

6. La seconda, la terza e la quarta censura devono dichiararsi inammissibili per carenza di interesse, stante l’esito del giudizio sul primo motivo.

7. Quanto al vizio previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, oltre all’inammissibilità per carenza di interesse nel senso sopra esposto, l’omesso esame in ordine ad un motivo di gravame può essere dedotto solo dalla parte che quella doglianza ha sollevato e che ha interesse alla decisione; tanto più che la CTR ha ritenuto di decidere il merito della controversia escludendo la qualificazione di insegna pubblicitaria delle insegne tassate, di guisa che l’ulteriore motivazione sul profilo indicato sarebbe stata del tutto ultronea rispetto all’adeguata impugnata motivazione.

9. Quanto alla eccezione del giudicato risulta del tutto evidente che la CTR non ha accolto la relativa eccezione, dando solo atto della sua formulazione, elemento inferibile dalla circostanza che la CTR ha deciso nel merito la controversia.

Il ricorso va respinto e le spese del giudizio di legittimità vanno poste, secondo soccombenza, a carico della ricorrente e liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.700,00 per compensi, oltre 200,00 Euro per esborsi, rimborso spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione della Corte di cassazione, il 3 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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