LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17566/2017 R.G. proposto da:
C.d.S.N., rappresentata dal suo procuratore C.d.S.A., con domicilio eletto in Roma, Via Paolo Emilio, n. 7, studio legale Citone-Lodoli-Piattelli, rappresentata e difesa dall’avvocato Pietro Lodoli, e dall’avvocato Lorenzo Lodoli;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate;
– intimata –
avverso la sentenza n. 9710/2016, depositata il 29 dicembre 2016, della Commissione tributaria regionale del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella Camera di consiglio del 20 ottobre 2021, dal Consigliere Dott. Liberato Paolitto.
RILEVATO
che:
1. – C.d.S.A., nella qualità di procuratore di C.d.S.N., sulla base di tre motivi ricorre per la cassazione della sentenza n. 9710/2016, depositata il 29 dicembre 2016, con la quale la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che, per suo conto, aveva annullato un avviso di accertamento catastale col quale, in applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, erano stati rideterminati classe e rendita catastale di un’unità immobiliare ubicata in ***** (alla *****);
– l’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO
che:
1. – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 36, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., assumendo, in sintesi, che la gravata sentenza aveva risolto la lite contestata sulla base di una motivazione che ne rendeva incomprensibile il fondamento, ed il relativo iter logico-giuridico, difettando la pronuncia dell’esposizione dei fatti essenziali, processuali e sostanziali, relativi tanto al giudizio di primo grado, ed alla relativa sentenza, quanto allo stesso giudizio di gravame;
– il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla L. n. 241 del 1990, art. 3, alla L. n. 212 del 2000, art. 7, ed alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, sull’assunto che erroneamente il giudice del gravame aveva ritenuto correttamente motivato l’impugnato avviso di accertamento che, diversamente, si risolveva in generiche enunciazioni, prive di ogni concreto riscontro; spiega, in particolare, la ricorrente che l’atto impugnato difettava di ogni effettivo contenuto motivazionale con riferimento all’unità immobiliare oggetto di concreta valutazione, – alle sue stesse specifiche caratteristiche tipologiche che, peraltro, avevano già portato ad una rideterminazione della rendita catastale (nell’anno 2009) su dichiarazione di variazione presentata da essa esponente secondo procedura Docfa, – ed alle conseguenti ricadute che sulla stessa unità immobiliare si erano prodotte in ragione della revisione operata per microzone comunali, revisione della quale (pur) inespressi erano rimasti i criteri di accertamento dello scostamento rilevante tra i valori medi delle microzone;
– il terzo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, reca la denuncia di violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, della CEDU, art. 6, e della Carta dei diritti fondamenti dell’Unione Europea, art. 41, assumendo la ricorrente che malamente il giudice del gravame aveva escluso la necessità di un contraddittorio (preventivo) endoprocedimentale, e dello stesso sopralluogo, ai fini della legittimità dell’azione amministrativa;
2. – occorre premettere che il ricorso è stato tempestivamente proposto, – con spedizione per la notifica, a mezzo del servizio postale, in data 30 giugno 2017, – in quanto la data di scadenza (29 giugno) del termine lungo di impugnazione deve considerarsi prorogata di diritto al giorno seguente non festivo, ai sensi dell’art. 155 c.p.c., comma 4, siccome coincidente con la festa dei Santi Pietro e Paolo che costituisce festività civile, per il Comune di Roma, ai sensi del combinato disposto di cui alla L. 25 marzo 1985, n. 121, art. 6 (“La Repubblica italiana riconosce come giorni festivi tutte le domeniche e le altre festività religiose determinate d’intesa fra le Parti.”), ed al D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 792, art. 1 (che tra le dette festività, oggetto di intesa, individua “il 29 giugno, SS. Pietro e Paolo, per il comune di Roma”; v. Cass., 27 febbraio 2020, n. 5320; Cass., 24 marzo 2015, n. 5895);
3. – tanto premesso, il primo motivo di ricorso è manifestamente destituito di fondamento in quanto il giudice del gravame, sia pur sintetim, ha dato compiutamente conto dei fatti, processuali e sostanziali, che rilevavano nella fattispecie in contestazione, e con riferimento tanto a ciascuno dei profili di censura dell’avviso di accertamento che risultavano controversi tra le parti, quanto agli stessi approdi della pronuncia oggetto di impugnazione;
– come la Corte ha, difatti, ripetutamente precisato, deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice; laddove “Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente e’… quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (cfr. Cass. civ. sez. un. 5 agosto 2016 n. 16599; Cass. sez. un. 7 aprile 2014, n. 8053 e ancora, ex plurimis, Cass. civ. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007; n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009).” (così Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599);
4. – per converso è fondato, e va accolto, il secondo motivo di ricorso dal cui esame consegue l’assorbimento del terzo;
4.1 – secondo un orientamento interpretativo della Corte che si è venuto progressivamente a delineare, così consolidandosi, la ragione giustificativa della revisione parziale del classamento, prevista dalla L. 311 del 2004, art. 1, comma 335, è costituita dalla rilevante modifica di valore degli immobili presenti nella microzona ma, al momento dell’attribuzione della classe e della rendita catastale, devono essere considerate, insieme al fattore posizionale, le caratteristiche edilizie dell’unità immobiliare, di cui al D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 7, che assumono, pertanto, specifica rilevanza in sede di motivazione dell’atto, motivazione nella quale, una volta giustificato il presupposto della revisione, fondato sul valore medio di mercato dell’intera microzona, vanno spiegate le ragioni in forza delle quali si è prodotta una ricaduta (ed in quali termini di classamento e di rendita catastale) sulla specifica unità immobiliare oggetto di riclassamento (v., ex plurimis, Cass., 12 dicembre 2019, n. 32546; Cass., 28 novembre 2019, n. 31112; Cass. 19 dicembre 2019, n. 29988; Cass., 8 aprile 2019, n. 9770; v. altresì, più di recente, Cass., 24 novembre 2020, n. 26657; Cass., 1 luglio 2020, n. 13390);
4.2 – in particolare la Corte ha rimarcato che:
– la disposizione di cui al citato art. 1, comma 335, va letta nel più complessivo contesto regolativo di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138;
– i dati normativi che, così, vengono in considerazione, – per come interpretati dallo stesso Giudice delle leggi (Corte Cost., 1 dicembre 2017, n. 249), – esplicitano che la revisione “parziale” del classamento delle unità immobiliari consegue, nella fattispecie, dalla specifica (ed esclusiva) valorizzazione del cd. fattore posizionale (citato art. 8, commi 5 e 6), qui inteso in riferimento ad “una modifica del valore degli immobili presenti in una determinata microzona” che “abbia una ricaduta sulla rendita catastale”, ove, dunque, non è irragionevole che detta modifica di valore dell’immobile si ripercuota sulla rendita catastale il cui “conseguente adeguamento, proprio in quanto espressione di una accresciuta capacità contributiva, è volto in sostanza ad eliminare una sperequazione esistente a livello impositivo.” (Corte Cost. n. 249/2017, cit.);
– la disposizione che autorizza la revisione “parziale” del classamento, – in relazione ad unità immobiliari ricadenti in microzone comunali “per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali”, – integra, dunque, il presupposto degli “atti attributivi delle nuove rendite” che, però, essi stessi debbono esplicitare le ragioni della revisione del classamento con riferimento, com’e’ nella fattispecie, alla (nuova) classe, e rendita catastale, attribuite all’unità immobiliare (classe a sua volta “rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile dall’unità immobiliare nell’ambito del mercato edilizio della microzona”; D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 3);
– difatti, come rilevato dalla stessa Corte Costituzionale, l’obbligo di motivazione degli elementi che hanno inciso sul diverso classamento della singola unità immobiliare “proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento” (Corte Cost. n. 249/2017, cit.);
– l’indicazione delle “caratteristiche edilizie del fabbricato” (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 7) torna ad assumere (col fattore cd. posizionale) una sua specifica rilevanza per il profilo della motivazione dell’atto (logicamente conseguente a quello che ne identifica i suoi presupposti e) volto a giustificare l’adozione della stima comparativa (avuto riguardo alla cd. unità tipo; v. il D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 61; v. Cass., 6 marzo 2017, n. 5600) in sede di attribuzione della classe e della rendita catastale (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 2, comma 1, e art. 8; v., altresì, il D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 11, comma 1, conv. in L. 13 maggio 1988, n. 154); e, del resto, il valore di mercato rilevante, quale presupposto per la richiesta di riclassamento, non è quello di un singolo immobile bensì il valore medio di mercato di una intera microzona così che, una volta giustificato quest’ultimo (secondo i rapporti di valore posti dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335), rimangono pur sempre da spiegare le ragioni in forza delle quali si sia prodotta una ricaduta (ed in quali termini di classamento e di rendita catastale) sulla specifica unità immobiliare oggetto di riclassamento;
– in definitiva, l’atto attributivo della nuova rendita catastale (quale conseguente alla diversa classe identificativa del superiore “livello reddituale ordinario ritraibile dall’unità immobiliare”; D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 3) deve esso stesso indicare in quali termini il mutato assetto dei valori medi di mercato e catastale (recte del loro rapporto), nel contesto delle microzone comunali previamente individuate, abbia avuto una ricaduta sul singolo immobile (sulla sua classe e rendita catastale), “così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare”;
4.3 – nella fattispecie, per come assume la censura in trattazione, emerge che la gravata sentenza ha articolato il proprio decisum dando esclusivo rilievo ai presupposti giustificativi della rideterminazione della rendita catastale, e considerando irrilevante l’omessa esplicitazione delle “specifiche tecniche dell’unità immobiliare” rispetto alle quali, come premesso, andava diversamente assolto l’obbligo motivazionale con riferimento alle particolari ricadute di quei presupposti giustificati della procedura su classe e rendita catastale dell’unità immobiliare;
5. – la gravata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento del ricorso originario della contribuente;
– in considerazione delle antinomie, ed oscillazioni, emerse negli orientamenti giurisprudenziali, col progressivo consolidarsi della pertinente giurisprudenza della Corte, le spese dell’intero giudizio vanno compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, e rigetta il primo motivo, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente; compensa, tra le parti, le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio tenuta da remoto, il 20 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022