LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23640/2014 proposto da:
Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
B.N., (c.f. *****), rappresentata e difesa dall’avv. Tiziana Panetta, con studio in Ventimiglia, via Matteotti n. 1, presso la quel è elettivamente domiciliata; pec:
tizianapanetta.pecavvocatisanremo.it;
– controricorrente –
avverso la sentenza 79/13 della COMM. TRIB. REG., Liguria depositata il 30.09.2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/2021 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA.
RILEVATO
che:
1. Con sentenza n. 80/2013, depositata il 30 settembre 2013, La Commissione tributaria regionale della Liguria, in riforma della prima decisione, ha annullato l’atto di contestazione con cui l’Agenzia delle Entrate – in applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 9, – irrogava alla commercialista B.N. la sanzione per l’infedele dichiarazione D.Lgs. n. 472 del 1992, ex art. 5 comma 4, (per la deduzione di crediti Iva inesistenti).
Assumeva l’Amministrazione che lo Studio Servizi Contabili srl, nelle persone di B.N. e M.N., che ne erano gli amministratori, aveva proposto ad alcuni clienti, tra cui la società Sanremo Preziosi, di dichiarare un importo di acquisti superiore a quelli reali riportati nelle fatture registrate al fine di consentire a quest’ultima di ottenere indebiti crediti IVA; deduceva altresì che la contribuente, dopo l’accertamento fiscale, aveva presentato formale rinuncia al credito Iva.
L’Agenzia della Entrate ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi.
La professionista ha replicato con controricorso.
La contribuente ha depositato istanza di sospensione della lite D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, con relativa domanda di definizione della lite.
CONSIDERATO
che:
2. Con la prima censura si lamenta la violazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 7, della L. n. 80 del 2003, artt. 2 e 10, nonché del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3); per avere il decidente interpretato l’art. 7 citato in rubrica in correlazione con il disposto della L. n. 80 del 2003, art. 2, comma 1, reputando legittima l’applicazione della sanzione fiscale al solo soggetto che avesse tratto effettivo beneficio dalla violazione fiscale, escludendo che il disposto dell’art. 7 cit., configuri una ipotesi di concorso, ai fini sanzionatori, della persona fisica -organo nella violazione imputabile al soggetto, persona giuridica, tenutario della contabilità e autore della presentazione della dichiarazione infedele.
L’amministrazione finanziaria reputa erronea detta interpretazione giuridica, non sussistendo nel sistema un generale principio secondo il quale la sanzione possa essere applicata esclusivamente a carico del soggetto che ha tratto beneficio fiscale, in quanto la legge delega che lo prevedeva non aveva avuto attuazione, giacché la L. 80 del 2003, art. 10, prevedeva che l’attuazione della riforma prevista dalla L. stessa, art. 2, secondo il quale “la sanzione fiscale amministrativa si concentra sul soggetto che ha tratto effettivo beneficio fiscale” doveva essere modulata con più decreti legislativi da emanare entro due anni dalla data di entrata in vigore della normativa, decreti mai emanati; concludendo che la previsione dell’art. 7 citato, è norma autonoma scevra da qualsiasi collegamento con la L. n. 80 del 2003.
3. Il secondo motivo è incentrato sulla dedotta violazione del D.Lgs. n. 269 del 2003, art. 7, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 9, ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Regionale ritenuto applicabile il D.L. n. 269 del 2003 che, all’art. 7, prevede che le sanzioni concernono il rapporto fiscale proprio della società, norma interpretata dalla CTR nel senso che è la società soggetta alle sanzioni allorquando sia essa il debitore di imposta, con esclusione di responsabilità dell’amministratore.
Nel caso di specie, invece, assume l’Agenzia, che la sanzione irrogata al contribuente – dichiarante va estesa anche ai soggetti coautori, i quali tuttavia non sono soggetti del rapporto fiscale con l’Erario, in quanto la società servizi Contabili è l’ente che teneva la contabilità per il trasgressore e la Dott. B. l’amministratrice di detto ente.
4. Con la terza censura si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 269 del 2003, art. 7, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 9, ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la CTR escluso, alla stregua del disposto dell’art. 7 rubricato, la configurabilità del concorso ai fini sanzionatori della persona fisica-organo nella violazione imputabile al soggetto, persona giuridica, tenutario della contabilità e autore della presentazione della dichiarazione infedele. Ritiene l’ente finanziario che la disciplina menzionata sia compatibile con la previsione normativa di cui all’art. 9 cit., tutte le volte che l’illecito fiscale sia imputabile ad un soggetto terzo, atteso che la L. n. 269 del 2003, art. 7, risulterebbe abrogato dal D.Lgs. n. 472 del 1992, art. 11, nella parte in cui “afferma la responsabilità solidale della società, associazioni o enti con personalità giuridica, ossia degli stessi soggetti destinatari delle novità recate dal decreto”, ma non sarebbe stata abrogata la generale previsione della disciplina concorsuale di cui all’art. 9 cit..
Vista la richiesta di sospensione del giudizio in presenza della domanda di definizione agevolata della controversia, corredata della documentazione prescritta ai sensi del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6, commi 8, 9 e 10, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136; rilevato inoltre che, entro il 31 dicembre 2020, nessuno ha presentato l’istanza di trattazione di cui al al D.L. n. 119 del a 2018, art. 6, comma 13, né è intervenuto diniego della definizione; che non residuano ragioni per non realizzare immediatamente la ratio legislativa che nella specie è quella di pervenire all’estinzione del processo pendente; che, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, ultimo periodo, le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate.
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio e compensa le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di cassazione, tenuta da remoto, il 17 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022