In tema di I.V.A., il passaggio dal regime agevolato, previsto per i contribuenti minimi dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 31, come modificato dal D.P.R. n. 30 novembre 1977, n. 888, al regime ordinario presuppone che venga effettuata la prescritta dichiarazione di opzione, senza che la stessa possa essere desunta da comportamenti concludenti ed, in particolare, dalla presentazione della dichiarazione IVA nei modi e nei termini previsti dal regime ordinario; in sostanza, la dichiarazione di opzione deve essere effettuata nei modi e termini di legge ed in maniera chiara.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11430-2020 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (c.f. 06363391001), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
I.F.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4417/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CALABRIA, depositata il 19/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 03/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
la parte contribuente ricorreva avverso avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta 2010, 2011, 2012 per IRPEF, IVA, IRAP ritenendo di avere diritto al regime dei minimi;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente e la Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando che i contribuenti che devono comunicare opzioni, rinunce o revoche agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, delle imposte sui redditi o dell’IRAP devono compilare il quadro VO della dichiarazione annuale IVA; nel caso in cui fossero esonerati dalla presentazione della suddetta dichiarazione dovranno comunque allegare il quadro VO al modello Unico, barrando l’apposita casella sul frontespizio della dichiarazione dei redditi: tuttavia la mancata compilazione, pur rappresentando un obbligo per il contribuente, rappresenta un adempimento che non preclude la validità dell’opzione esercitata dal contribuente mediante il suo comportamento concludente, specie considerando che il contribuente, dopo la prima dichiarazione, ha continuato ad emettere fatture senza l’applicazione dell’IVA.
L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad un motivo di impugnazione mentre la parte contribuente non si costituiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 109, e del D.P.R. n. 322 del 1998, per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente ritenuto che il contribuente possa accedere all’invocato regime dei minimi anche in ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione e anche solo attraverso un comportamento concludente.
Il motivo di impugnazione è fondato.
Secondo questa Corte infatti, in ipotesi di omessa dichiarazione dei redditi, la relativa volontà non può desumersi dal comportamento concludente del contribuente. E’ stato infatti affermato che:
“la società contribuente ha dapprima esposto un debito IVA nella dichiarazione Mod. Unico 2008 per l’anno 2007, provvedendo poi a rettificare la dichiarazione, nel corso del giudizio, optando per la dichiarazione IVA “di gruppo”. Tuttavia, come si evince chiaramente dal D.M. 13 dicembre 1979, art. 4, la scelta della società controllante deve essere esplicita, trattandosi di un regime di favore, e deve avvenire mediante l’espletamento di determinate formalità, tra cui la tempestiva presentazione del Mod. IVA 26. E poiché l’opzione determina un trasferimento di posizioni di debito/credito tra le società del gruppo, è evidente che essa non abbia mera valenza dichiarativa, ma negoziale. Ciò è quanto evincibile dal consolidato orientamento di questa Corte, essendosi condivisibilmente affermato (in una situazione analoga, con presentazione tardiva della dichiarazione “integrativa”) che “Poiché si tratta di una procedura che semplifica gli obblighi di dichiarazione e di versamento, consentendo compensazioni di credito infragruppo che altrimenti sarebbero escluse, è necessario che di tale procedura la contribuente dichiari di volersi avvalere. E, per farlo, è necessario altresì che la relativa opzione sia manifestata con una dichiarazione espressa, rispetto alla quale non si dà l’equipollenza di alcun comportamento concludente, come espressamente prevede il D.P.R. n. 442 del 1997, art. 4, (vedi Cass. 30 luglio 2009, n. 17708; 29 luglio 2009, n. 17576)” (Cass. n. 5612 del 2021);
“la comunicazione all’Agenzia delle entrate effettuata mediante l’invio telematico del modello contenente l’opzione per il regime consolidato, di cui all’art. 119 t.u.i.r., lett. d), non costituisce elemento formale superabile con il comportamento concludente, ma costituisce elemento sostanziale che si pone come condizione di efficacia, insieme agli altri elementi previsti dalla Disp. citata, previsti dalle lett. a), b,) c), così che l’inesistenza, o anche solo il venir meno di uno solo di essi, determina l’inefficacia dell’opzione o interruzione del regime, con i conseguenti effetti previsti dall’art. 124 t.u.” (Cass. n. 244 del 2021);
in tema di I.V.A., il passaggio dal regime agevolato, previsto per i contribuenti minimi dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 31, come modificato dal D.P.R. n. 30 novembre 1977, n. 888, al regime ordinario presuppone che venga effettuata la prescritta dichiarazione di opzione, senza che la stessa possa essere desunta da comportamenti concludenti ed, in particolare, dalla presentazione della dichiarazione IVA nei modi e nei termini previsti dal regime ordinario; in sostanza, la dichiarazione di opzione deve essere effettuata nei modi e termini di legge ed in maniera chiara (Cass. n. 15228 del 2004; Cass. n. 8960 del 1995; Cass. n. 9998 del 1994).
In effetti, secondo la L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 109, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finanziaria 2008), norma della cui violazione si duole l’Agenzia delle entrate: “Ai fini delle imposte sui redditi, fermo restando l’obbligo di conservare, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, i documenti ricevuti ed emessi, i contribuenti minimi sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili. La dichiarazione dei redditi è presentata nei termini e con le modalità definiti nel regolamento di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322. Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, i contribuenti minimi sono esonerati dal versamento dell’imposta e da tutti gli altri obblighi previsti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali e di certificazione dei corrispettivi. I contribuenti minimi sono, altresì, esonerati dalla presentazione degli elenchi di cui al Reg. di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 8-bis, comma 4-bis, e successive modificazioni”. Tale norma è stata abrogata dalla L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 85, lett. c), ma solo a decorrere dal 1 gennaio 2015, ed è quindi applicabile al caso di specie che si riferisce agli anni d’imposta 2010, 2011, 2012. Ebbene, il comma 109, in questione, stabilendo espressamente che “la dichiarazione dei redditi è presentata nei termini e con le modalità definiti nel regolamento….” richiede dunque evidentemente una dichiarazione dei redditi compiuta mediante una certa modalità e quindi espressa, tanto più che, trattandosi della richiesta di un regime agevolativo, tale richiesta presuppone la dimostrazione del possesso dei requisiti richiesti dalla legge per usufruire del regime agevolato e costituisce un onere per il contribuente che lo richieda (sul punto si veda ad esempio Cass. n. 8243 del 2021, secondo cui in tema di imposta di registro, la locazione di azienda (o di ramo di azienda) con componente immobiliare prevalente non è soggetta perciò solo al regime di cui al D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 10-quater, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006, ma all’imposta di registro nella misura del 1 per cento, al pari delle locazioni di fabbricati strumentali, esenti o imponibili a IVA, poste in essere ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 8, per le quali l’applicazione o meno del regime di esenzione è lasciata alla disponibilità del locatore. Ne deriva che l’Amministrazione finanziaria non è tenuta a dimostrare che il valore di ciascuno degli immobili facenti parte dell’azienda è superiore al 50 per cento del valore della stessa, spettando invece al contribuente, che intenda avvalersi del regime fiscale più favorevole di esenzione IVA, l’onere di dimostrare la sussistenza dei relativi presupposti di fatto e di diritto).
E’ evidente che, trattandosi di un onere posto in capo al contribuente per conseguire una agevolazione nel suo interesse, tale onere non può che essere connotato dal dovere di essere compiuto con una diligenza adeguata che, per ragioni di certezza giuridica, esige una forma chiara ed esplicita, specie se si consideri, come sopra evidenziato, che l’assenza delle dichiarazioni dei redditi impedisce all’Ufficio il controllo relativo all’effettivo possesso dei requisiti per usufruire del regime agevolativo dei minimi.
La sentenza impugnata non si è dunque attenuta ai suddetti principi laddove – affermando che i contribuenti che devono comunicare opzioni, rinunce o revoche agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, delle imposte sui redditi o dell’IRAP devono compilare il quadro VO della dichiarazione annuale IVA; nel caso in cui fossero esonerati dalla presentazione della suddetta dichiarazione dovranno comunque allegare il quadro VO al modello Unico, barrando l’apposita casella sul frontespizio della dichiarazione dei redditi: tuttavia la mancata compilazione, pur rappresentando un obbligo per il contribuente, rappresenta un adempimento che non preclude la validità dell’opzione esercitata dal contribuente mediante il suo comportamento concludente ha erroneamente ritenuto equipollente, al fine di usufruire del regime fiscale agevolativo dei minimi, un comportamento concludente ad una dichiarazione dei redditi espressa.
Pertanto, ritenuto fondato il motivo di impugnazione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022