Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.5478 del 18/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13893/2016 r.g. proposto da:

S.A., rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’Avvocato Paolo Pesciarelli, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla via Giovanni De Calvi n. 6;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CASTELL’ARQUATO, in persona del Sindaco pro tempore;

L.L.; C.G., quale amministratore di sostegno di L.L.; PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA datato 20 novembre 2015 e pubblicato il 10/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/02/2022 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 20 novembre 2015, pubblicato il 10 dicembre 2015 e notificato il successivo 31 marzo 2016, la Corte d’appello di Bologna dichiarò inammissibile il reclamo proposto da S.P.A. contro il provvedimento del giudice tutelare del Tribunale di Piacenza che aveva dichiarato aperta l’amministrazione di sostegno di L.L., madre del reclamante, e nominato l’amministratore nella persona dell’Avv. C.G..

1.1. La corte di merito rilevò che i motivi di reclamo avevano investito non già l’apertura dell’amministrazione di sostegno, ma altre statuizioni del provvedimento impugnato (la nomina di un professionista esterno quale amministratore e la durata a tempo indeterminato del suo incarico) ed opinò che contro le stesse fosse consentito esclusivamente il reclamo ex art. 739 c.p.c. davanti al tribunale, e non quello ex art. 720-bis c.p.c., comma 2, promosso innanzi alla corte di appello.

2. Avverso tale decreto, S.P.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Il Comune di Castell’Arquato, L.L., l’Avv. C.G., nella indicata qualità, e la Procura Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bologna sono rimasti solo intimati.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. 1. I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente:

I) “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 720-bis c.p.c.”, per avere la corte bolognese dichiarato erroneamente l’inammissibilità del reclamo, ritenendo che tale impugnazione fosse limitata ai soli decreti aventi carattere decisorio (quali quelli che dispongono l’apertura o la chiusura dell’amministrazione, assimilabili, per loro natura, alle sentenze emesse in materia di interdizione ed inabilitazione), esclusi quelli a carattere gestorio. Assume il S. che: i) il legislatore non opera alcuna distinzione tra provvedimenti del giudice tutelare a carattere decisorio e/o gestorio; ii) l’art. 720-bis c.p.c. regola il regime impugnatorio di tutti i provvedimenti resi nel procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno, eccezion fatta per quelli urgenti di cui all’art. 405 c.c., comma 4, connotati da un carattere di specialità; iii) nella specie, il provvedimento reclamato aveva sicuramente carattere decisorio, trattandosi proprio del decreto di nomina dell’amministratore di sostegno;

II) “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.”, censurandosi la disposta condanna del reclamante a pagare le spese di lite in favore del Comune di Castell’Arquato, unico reclamato costituito, malgrado quello esperito fosse un procedimento di volontaria giurisdizione.

2. La prima di tali doglianze è fondata, con conseguente assorbimento della seconda.

2.1. Invero, la Corte d’Appello di Bologna, muovendo dal presupposto che “il reclamante S. non censura il provvedimento del GT sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per l’apertura di amministrazione di sostegno, in particolare in ordine alla situazione di disabilità di L.L.. Le critiche riguardano il contenuto e la durata dell’amministrazione di sostegno, nonché la scelta di un amministratore esterno”, ha dichiarato inammissibile il reclamo innanzi ad essa promosso dall’odierno ricorrente facendo proprio l’indirizzo di legittimità secondo cui i provvedimenti del giudice tutelare in materia di amministratore di sostegno aventi carattere meramente cd. ordinatorio ed amministrativo siano si reclamabili, ma al tribunale in composizione collegiale, ex art. 739 c.p.c. e art. 45 disp. att. c.c., essendo riservati alla cognizione della corte d’appello, come appunto prescritto dall’art. 720-bis c.p.c., comma 2, solo i reclami avverso i provvedimenti con i quali si disponga l’apertura, la chiusura o la proroga dell’amministrazione di sostegno, e cioè quei medesimi provvedimenti per i quali, ai sensi del comma 3, sarebbe data la possibilità del ricorso per cassazione.

2.2. Fermo quanto precede, rileva il Collegio che all’orientamento ermeneutico appena descritto, consolidatosi per oltre un decennio (cfr., ex aliis, Cass. 12.12.2018, n. 32071 del 2018; Cass. n. 22693 del 2017; Cass. n. 784 del 2017; Cass. n. 18634 del 2012), se ne è contrapposto, poi, uno più recente, emerso con Cass. n. 32409 del 2019, a tenore del quale, ai fini dell’individuazione del giudice competente per il reclamo, non assumerebbe alcun rilievo la distinzione tra provvedimenti decisori e provvedimenti gestori del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno, in considerazione della chiara dizione dell’art. 720-bis c.p.c., comma 2 che prevede che il reclamo debba essere proposto innanzi alla corte d’appello e non al tribunale in qualsiasi caso, atteggiandosi tale articolo come norma speciale e, come tale, prevalente rispetto alla disposizione di carattere generale prevista dall’art. 739 c.p.c. e dall’art. 45 disp. att. c.c.

2.2.1. Secondo tale pronuncia, la distinzione tra provvedimenti decisori e provvedimenti gestori del Giudice tutelare rileverebbe soltanto ai fini della ricorribilità per cassazione ex art. 111 Cost. dei provvedimenti del Giudice tutelare, ma tale paradigma sarebbe stato erroneamente esteso anche al tema della individuazione del giudice competente per il reclamo.

2.3. Sollecitate ad intervenire con ordinanza interlocutoria n. 7833 del 2020, le Sezioni Unite di questa Corte, con la recente sentenza n. 21985 del 2021, hanno risolto il contrasto suddetto precisando che i decreti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno sono reclamabili ai sensi dell’art. 720-bis c.p.c., comma 2, unicamente dinanzi alla corte d’appello, quale che sia il loro contenuto (decisorio ovvero gestorio), mentre, ai fini della ricorribilità per cassazione dei provvedimenti assunti in tale sede, la lettera della legge impone in ogni caso la verifica del carattere della decisorietà, quale connotato intrinseco delle statuizioni suscettibili di essere sottoposte al vaglio del giudice di legittimità.

2.3.1. Questi i più rilevanti passaggi motivazionali dell’appena citata sentenza, che questo Collegio condivide integralmente: “…La tesi sostenuta dall’orientamento sinora prevalente parte dalla necessità di dover riscontrare, già al momento della scelta del giudice cui indirizzare il reclamo, la natura decisoria o meno del provvedimento impugnato, traendo, poi, come conseguenze dal riscontro di tale connotazione sia la reclamabilità in corte d’appello sia la successiva ricorribilità per cassazione. Ad avviso della Corte, (…), ai fini della competenza per il reclamo non può essere offerta un’interpretazione della norma di cui all’art. 720-bis c.p.c., comma 2 che vada oltre la lettera della legge, posto che la lettera della norma costituisce il limite (davanti) al quale deve arrestarsi anche l’interpretazione costituzionalmente orientata, dovendo semmai essere sollevato l’incidente di costituzionalità (cfr. Cass. S. U. n. 8230/2019). Una volta che si riconosce che per tutti i provvedimenti emessi dal giudice tutelare il rimedio è quello del reclamo, indipendentemente dal carattere decisorio o meno degli stessi, non può essere data un’esegesi della norma che ometta di prendere in considerazione la scelta esplicita del legislatore che ha previsto il reciamo alla corte d’appello (in tal senso non appare dirimente il riferimento al singolare fatto dalla legge al provvedimento del giudice tutelare, non potendosi inferire da tale opzione linguistica una sottintesa volontà di individuare in tal modo solo il decreto con il quale si apra la procedura di amministrazione di sostegno). La concentrazione in capo alla Corte d’Appello di tutti i reclami avverso i decreti del giudice tutelare, oltre che rispondere ad una valutazione discrezionale del legislatore, sul piano storico ben si giustifica anche in ragione delle incertezze che erano insorte, soprattutto nella giurisprudenza di merito, a seguito della riforma del giudice unico (D.Lgs. n. 51 del 1998) che aveva soppresso l’ufficio di pretura, trasferendo le funzioni tutelari ad esso in precedenza appartenenti al tribunale in funzione monocratica, lasciando inalterato, tuttavia, il quadro normativo, ancora oggi in vigore, disegnato dall’art. 739 c.p.c. e art. 45 disp. att. c.c.. Accanto all’orientamento dei giudici di merito secondo cui il nuovo assetto ordinamentale determinato dal D.Lgs. n. 51 del 1998 non poteva giustificare la conservazione al tribunale di una competenza quale giudice di merito di seconda istanza, essendogli stata tale competenza sottratta in via generale, sicché l’impugnazione era da ritenersi demandata al giudice superiore, da individuarsi nella Corte d’Appello, altra posizione fu espressa da alcune pronunce che, nel confutare la tesi dell’effetto di abrogazione implicita che la legge sul giudice unico di primo grado avrebbe avuto sull’art. 739 c.p.c., sottolineavano, invece, a conferma della persistente competenza del tribunale sul reclamo, proprio il fatto che tale norma, unitamente all’art. 45 disp. att. non fosse stata abrogata, né con il D.Lgs. n. 51 del 1998 né, successivamente, con la L. n. 6 del 2004 che aveva introdotto l’art. 720-bis c.p.c.. La questione che, al di fuori della disciplina in tema di amministratore di sostegno, non ha ricevuto particolari approfondimenti presso il giudice di legittimità (si veda Cass. n. 2937/2008, che afferma la competenza del tribunale in composizione collegiale per il reclamo contro il provvedimento di rimozione del tutore, ma facendo leva sulla disciplina di cui all’art. 669-terdecies c.p.c.), si poneva come obiettivamente dibattuta e non è quindi inverosimile che la scelta del legislatore del 2004 sia stata dettata, oltre che dall’esigenza di assicurare un controllo sull’operato del giudice tutelare in una materia particolarmente sensibile, in quanto potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà dell’individuo, da parte di un ufficio giudiziario diverso da quello cui appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, anche dalla finalità di dissipare ogni dubbio interpretativo, quale scaturente dalla riforma del giudice unico. L’attribuzione generalizzata alla corte d’appello della competenza a decidere sui reclami avverso i provvedimenti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno appare altresì foriera di indubbi vantaggi sul piano della semplificazione, in quanto assicura l’immediata individuazione del giudice cui indirizzare la richiesta di controllo del provvedimento impugnato, senza doversi sin da subito interrogare sul carattere decisorio o meno del provvedimento impugnato, eliminando, per l’effetto, anche i potenziali conflitti che la prassi applicativa ha mostrato essere ben frequenti, in merito alla corretta individuazione del giudice competente (…). Così come del pari risulta evidente la semplificazione che discende dalla soluzione cui intende accedere questa Corte, quanto alla non infrequente ipotesi in cui il medesimo decreto contenga al suo interno statuizioni di carattere gestorio e di carattere decisorio (come appunto reso evidente dal contenuto complesso che può assumere il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno ex art. 405 c.c.). Nel caso in cui la parte fosse interessata a contestare la legittimità ovvero l’opportunità del provvedimento sia per la parte decisoria che per quella gestoria, il reclamo, stando alla soluzione offerta dalla giurisprudenza di questa Corte, dovrebbe essere indirizzato separatamente al tribunale ovvero alla corte d’appello, in ragione del contenuto del decreto, con un’evidente duplicazione dei mezzi di impugnazione (…). L’interpretazione letterale e storica della norma, unitamente ad evidenti considerazioni di economia processuale, depongono quindi per la conclusione per cui tutti i decreti del giudice tutelare emessi in materia di amministrazione di sostegno siano reclamabili dinanzi alla Corte d’Appello a prescindere dal loro contenuto (decisorio ovvero gestorio)”.

2.3.2. Merita di essere puntualizzato, peraltro, – sempre in ossequio a quanto condivisibilmente sancito dalla riportata pronuncia della Sezioni Unite di questa Suprema Corte – che l’affermazione circa la generalizzata competenza della corte d’appello quale giudice competente per il reclamo non implica altresì che debba trarsi dalla stessa la conclusione circa l’altrettanto generalizzata ammissibilità del ricorso per cassazione avverso tutti i decreti emessi in sede di reclamo, in quanto al diverso fine di individuare quali siano i provvedimenti ricorribili, la lettera della legge impone in ogni caso la verifica del carattere della decisorietà, quale tradizionalmente elaborato nella giurisprudenza di questa Corte ed inteso quale connotato intrinseco dei provvedimenti suscettibili appunto di essere sottoposti al vaglio del giudice di legittimità (cfr. ex multis, Cass. S.U. n. 1914/2016, nonché, da ultimo, Corte Costituzionale n. 89/2021).

2.4. Alla stregua delle predette argomentazioni, dunque, l’impugnato decreto della Corte di appello di Bologna, con esse non coerente, deve essere cassato, con rinvio alla medesima corte, in diversa composizione, affinché provveda all’esame del reclamo innanzi ad essa promosso dal S. contro il provvedimento del giudice tutelare del Tribunale di Piacenza, che aveva dichiarato aperta l’amministrazione di sostegno di L.L., madre del reclamante, e nominato l’amministratore nella persona dell’Avv. C.G.. Al menzionato giudice di rinvio è affidata pure la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

3. Va, disposta, da ultimo, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso di S.P.A., dichiarandone assorbito il secondo.

Cassa il decreto impugnato, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, affinché provveda all’esame del reclamo innanzi ad essa promosso dal S. contro il provvedimento del giudice tutelare del Tribunale di Piacenza, che aveva dichiarato aperta l’amministrazione di sostegno di L.L., madre del reclamante, e nominato l’amministratore nella persona dell’Avv. C.G..

Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 16 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

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