LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29609/2017 proposto da:
A.P.A. e N.S., domiciliati in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenza Bonaviri, in forza di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
A.G., e S.S.M., quali genitori esercenti la potestà genitoriale sui minori A.A. e Al.Gi., Fallimento ***** s.p.a. in liquidazione in persona del Curatore, N.M., Unicredit Banca d’Impresa s.p.a., Unicredit Banca s.p.a.;
– intimati –
e contro
N.M., elettivamente domiciliata in Roma, Viale G. Mazzini 142, presso lo studio dell’avvocato Claudio Misiani, e rappresentata e difesa dagli avvocati Marco De Benedictis e Marco Spadaro, in forza di procura speciale in calce al controricorso;
contro
Unicredit s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, V.le B. Buozzi 77, presso lo studio dell’avvocato Filippo Tornabuoni, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Giovanni Ferrini, in forza di procure speciali allegate al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1785/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 31.8.2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3.2.2022 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI;
lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi, principale e incidentale.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2007 la ***** s.p.a. in liquidazione, A.P.A., A.V., N.M. e N.S. hanno evocato Unicredit Banca s.p.a. e Unicredit Banca d’Impresa s.p.a., in quanto succedute a Cariverona, dinanzi al Tribunale di Verona.
Le parti attrici hanno esposto che in data 7.11.2000 la società ***** aveva stipulato con Cariverona il contratto di conto corrente n. *****, con affidamento sino a un miliardo di Lire, garantito da fideiussione personale da A.P.A., A.V., N.M. e N.S.; che a maggio del 2001 Cariverona, per bocca del funzionario C.A., aveva proposto a N.M., legale rappresentante della società, dichiaratasi ignara delle caratteristiche dello strumento finanziario, la stipulazione di un contratto di swap, quale mezzo idoneo a ridurre i costi degli interessi e a stabilizzare l’affidamento concesso; che a ottobre-novembre del 2002, sempre d’iniziativa della Banca, era stata proposta e realizzata una ristrutturazione dello strumento finanziario, che lo aveva portato a una durata quinquennale; che il 22.3.2004 la società *****, accortasi della violazione degli obblighi informativi incombenti sull’intermediario, aveva chiesto la revoca del contratto; che la Banca aveva manifestato la disponibilità solo alla liquidazione anticipata del rapporto con l’addebito del dovuto (Euro 226.756,00) e aveva chiesto il rimborso del saldo del conto corrente.
Gli attori, sulla base di tali premesse, avevano chiesto l’accertamento del collegamento funzionale e inscindibile dei contratti di swap al rapporto di conto corrente e la dichiarazione di nullità del contratto di apertura di credito e dello swap, tra l’altro, per superamento dei limiti di cui alla L. n. 108 del 1996, nonché di tutti gli addebiti operati con la completa rideterminazione del saldo e la condanna degli Istituti di credito alla restituzione di quanto indebitamente riscosso; in subordine, avevano chiesto l’accertamento del grave inadempimento delle parti convenute alle obbligazioni assunte con il contratto di swap, la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni; in ulteriore subordine, avevano prospettato una responsabilità precontrattuale delle controparti.
Si erano costituite in giudizio le parti convenute, Unicredit Banca per eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva e Unicredit Banca Impresa per contestare la fondatezza delle domande avversarie nel merito.
Il Tribunale di Verona con sentenza del 18.11.2011: a) ha ritenuto la legittimazione attiva dei quattro fideiussori solo per quanto relativo alle domande inerenti il conto corrente garantito e non relativamente alle domande inerenti i contratti di swap; b) ha ritenuto carente di legittimazione passiva Unicredit Banca in ragione della sopravvenuta cessione di ramo di azienda a Unicredit Banca Impresa; c) ha respinto le domande attoree di restituzione di indebito e risarcimento danni in difetto di prova di pagamento dell’esposizione derivante dai contratti di swap; d) ha respinto altresì le domande di risoluzione dei contratti di swap, il primo perché già risolto consensualmente, il secondo perché ormai pervenuto a scadenza; e) ha respinto le domande di nullità e annullamento dei contratti di swap.
2. Avverso la predetta sentenza di primo grado hanno proposto appello in via principale A.P.A., A.V., e N.S. e in via incidentale il Fallimento della ***** s.p.a. in liquidazione, nel frattempo dichiarato durante il giudizio di primo grado, e N.M..
Si sono costituite, resistendo con unitaria difesa, Unicredit Banca (nel frattempo divenuta Unicredit) e Unicredit Banca d’Impresa, poi divenuta Unicredit s.p.a..
La Corte di appello di Venezia con sentenza del 31.8.2017 ha respinto gli appelli, con aggravio delle spese del grado.
La Corte di appello ha escluso la prova e financo la teorica possibilità di prospettare un collegamento funzionale e inscindibile fra gli strumenti di swap e il rapporto di conto corrente; ha escluso che dalla violazione degli obblighi informativi gravanti sugli intermediari potesse conseguire la nullità dei contratti; ha negato che nei contratti relativi agli swap facesse difetto sia la volontà delle parti, sia la causa; ha qualificato tardiva e infondata la questione della nullità dei contratti per vizio di forma in presenza della sottoscrizione per il solo ***** e non della Banca; ha ritenuto preclusa la questione, tardivamente proposta, del difetto della qualità di legale rappresentante della ***** in capo a N.M. al momento della stipulazione dei contratti; ha considerato valida ed efficace la dichiarazione di possesso di requisiti di “operatore qualificato” in capo a N.M..
3. Avverso la predetta sentenza del 31.8.2017, notificata in data 3.10.2017, hanno proposto ricorso per cassazione A.P.A. e N.S., svolgendo due motivi, con atto notificato il 30.11.2017 anche nei confronti di A.G. e S.S.M., quali genitori esercenti la potestà sui minori A.A. e Gi., eredi con beneficio di inventario dell’eredità devoluta all’originaria attrice A.V., nel frattempo deceduta.
Con atto notificato il 4.12.2017 N.M. ha proposto controricorso e ricorso incidentale avverso la stessa sentenza, indicata come notificata nei suoi confronti il 6.12.2017, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione e instando, a sua volta, con il supporto di sedici motivi, per la cassazione della sentenza di secondo grado.
Con atto notificato il 9.1.2018 ha proposto controricorso Unicredit s.p.a., chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto delle avversarie impugnazioni.
Per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione in udienza pubblica è stato applicato lo speciale rito “cartolare” previsto del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, e prorogato a tutto il 2022 dal D.L. 30 dicembre 2021, n. 228.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
Entrambe le parti ricorrenti hanno presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ricorso di A.P.A. e N.S..
4. Con il primo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti A.P.A. e N.S. denunciano l’errore commesso dalla Corte di appello per aver ritenuto che la forma scritta prescritta ad substantiam dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23 (TUF) potesse essere soddisfatta nel caso in cui il contratto quadro relativo a prodotti finanziari fosse stato sottoscritto solo dal cliente e non anche dalla Banca.
4.1. Il motivo è inammissibile, prima ancora che infondato alla luce della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo la quale, in tema d’intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità (azionabile dal solo cliente) dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti (Sez. U., n. 898 del 16.1.2018, Rv. 646965 – 01; Sez. 1, n. 9187 del 2.4.2021, Rv. 660903 – 01).
4.2. Infatti i ricorrenti non hanno impugnato le statuizioni della Corte territoriale circa la formazione del giudicato sulla infondatezza delle domande di restituzione di indebito e di risarcimento del danno e comunque non hanno specificamente impugnato la decisione della Corte di appello che ha ritenuto assorbito la contestazione circa il loro difetto di legittimazione in punto contratti di swap.
5. Con il secondo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti A.P.A. e N.S. affermano l’errore commesso dalla Corte di appello per aver ritenuto che la nullità del contratto non potesse essere sollevata d’ufficio ai sensi dell’art. 1421 c.c. e art. 354 c.p.c..
A tacer del fatto che la Corte di appello ha anche affermato di non intendere sollevare d’ufficio la questione di nullità (pag. 16, p. 4), il motivo è inammissibile per le ragioni esposte nel paragrafo precedente e comunque per difetto di interesse, stante la ravvisata infondatezza della prima censura: quand’anche la Corte di appello avesse potuto o dovuto rilevare d’ufficio la questione, avrebbe dovuto comunque ravvisare la validità formale del contratto.
Ricorso di N.M..
6. Con il primo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente N.M. denuncia nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 244 c.p.c., in relazione all’art. 2697 c.c..
6.1. Secondo la ricorrente la decisione della Corte di appello di ritenere inammissibile la prova testimoniale per genericità della capitolazione, in ragione della non possibilità per controparte della deduzione della prova contraria, era illegittima perché la Corte aveva ristretto l’esame ai capitoli di prova nel loro contenuto letterale, senza considerare, come avrebbe dovuto, l’insieme delle deduzioni e degli atti di causa.
6.2. Il motivo è inammissibile.
Giova premettere che la Corte di appello non si è limitata ad addurre la genericità della capitolazione sotto il profilo dei suoi riflessi ostativi alla possibilità della difesa della controparte in termini di prova contraria, ma ha anche dettagliato, molto specificamente, le ragioni di tale valutazione (sentenza impugnata, pag. 12-13), rimarcando la genericità dei riferimenti temporali, della localizzazione spaziale e dell’individuazione soggettiva dei funzionari bancari coinvolti.
6.3. L’inosservanza delle prescrizioni di cui all’art. 244 c.p.c., con riferimento sia alla genericità delle circostanze dedotte nei capitoli di prova sia alla indicazione delle persone indicate come testimoni, determina l’inammissibilità del mezzo istruttorio che, quand’anche erroneamente ammesso ed espletato, non può essere tenuto in considerazione dal giudice (Sez. 3, n. 3708 del 8.2.2019, Rv. 652821 – 01).
Certamente, come rammenta la ricorrente, secondo la giurisprudenza di questa Corte l’indagine del giudice di merito sui requisiti di specificità e rilevanza dei capitoli formulati dalla parte istante va condotta non solo alla stregua della loro formulazione letterale, ma anche in correlazione all’adeguatezza fattuale e temporale delle circostanze articolate e ponendo il loro contenuto in relazione agli altri atti di causa e alle deduzioni delle altre parti (Sez. 3, n. 2149 del 29.1.2021, Rv. 660267 – 01), dovendosi così rifuggire da una interpretazione troppo rigida del loro contenuto, disancorata dai riferimenti desumibili, secondo logica e buona fede, dalla dialettica del contraddittorio.
Tuttavia la facoltà del giudice di chiedere chiarimenti e precisazioni ex art. 253 c.p.c., di natura esclusivamente integrativa, non può tradursi in una inammissibile sanatoria della genericità e delle deficienze dell’articolazione probatoria (Sez. 3, n. 3280 del 12.2.2008, Rv. 601895-01; Sez. 3, n. 4501 del 24.2.2010, Rv. 611674-01; Sez. 2, n. 14364 del 5.6.2018, Rv. 648842 – 01). Tale valutazione, per la sua natura, compete al giudice di merito.
Gli esposti principi non giustificano tuttavia l’abbandono del principio cardine in materia, ossia l’esigenza di un tasso di specificità dei capitoli tale da consentire alla controparte di offrire la prova contraria, severamente ostacolata ed anzi vanificata dalle specifiche e dettagliate carenze stigmatizzate dalla Corte territoriale: omissione di riferimenti temporali, omissione di circostanze di luogo, tanto più grave in un contesto, almeno in prospettazione, di collocazione dello strumento a distanza, omissione di personalizzazione dei colloqui, attribuiti a funzionari non meglio identificati.
7. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente N.M. denuncia nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 2697 c.c..
7.1. Allo stesso proposito del motivo precedente, la ricorrente sostiene che i capitoli dedotti, giudicati generici sotto il profilo della reazione contro-probatoria del contraddittore, dovevano essere diversamente valutati, tenendo conto del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 e dell’obbligo dell’intermediario finanziario di disporre di risorse e procedure interne idonee ad assicurare lo svolgimento efficiente di servizi e attività.
7.2. Il motivo non è pertinente al ragionamento esposto dalla Corte di appello, perché il dovere di efficienza nulla ha a che vedere con la genericità di una deduzione probatoria per tempo, luogo e soggetti: anche un soggetto aziendalmente ben organizzato ha diritto al rispetto nell’ambito del processo delle regole che governano l’esplicazione del contraddittorio.
Inoltre la ricorrente, ancora una volta, sottopone a questa Corte di legittimità una valutazione prettamente di merito, ampiamente motivata.
8. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente N.M. denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c., comma 2, in relazione all’art. 1418 c.c..
8.1. Secondo la ricorrente la violazione dell’art. 644 c.p. è scaturita dalla determinazione della Banca di imporre alla ***** la stipulazione dei contratti di swap come precondizione per il mantenimento dei contratti di affidamento in essere, in ragione del collegamento e/o interdipendenza funzionale fra l’affidamento bancario e i contratti di swap, la cui componente remunerativa generata a favore della Banca doveva essere conteggiata quale ulteriore utilità promessa in qualsiasi forma alla connessa linea di credito in conto corrente e quindi considerata ai fini della determinazione del tasso usurario applicato.
8.2. Il motivo – al di là della sua assoluta genericità, dovuta alla mancata indicazione del tasso soglia superato, dell’interesse pattuito per l’apertura di credito e del tasso di interesse in tesi applicato per effetto degli swap – cade con il cadere del suo presupposto dichiarato e indimostrato in giudizio della interdipendenza e del collegamento funzionale fra i due contratti.
9. Con il quarto motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente N.M. denuncia nullità della sentenza per omessa pronuncia su di un motivo di gravame in violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c..
Ciò con riferimento alla indeterminatezza del costo della provvista conseguente alla interdipendenza e collegamento funzionale fra i due contratti.
Valgono al riguardo, de plano, le considerazioni espresse nel paragrafo precedente.
10. Con il quinto motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente N.M. denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1284 c.c..
Quanto esposto in precedenza vale anche per il quinto motivo, che si limita ad esprimere in termini di violazione di legge la stessa doglianze dei motivi precedenti.
11. Con il sesto motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la ricorrente N.M. denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, in relazione agli artt. 1418 e 1421 c.c..
11.1. La questione riguarda la nullità dei contratti quadro sottoscritti unicamente dal legale rappresentante della società fallita, eccepita con la memoria di replica a conclusionale nel giudizio di appello, oggetto del ricorso principale a cui aderisce anche la ricorrente incidentale.
11.2. Valgono puntualmente a confutazione le considerazioni esposte nei precedenti p. 4 e 5.
12. Con il settimo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente N.M. denuncia nullità della sentenza per violazione degli artt. 324 e 112 c.p.c..
12.1. La ricorrente critica la decisione impugnata per aver ritenuto non censurata e passata in cosa giudicata la ratio decidendi inerente alla concreta assenza di un danno risarcibile.
A corredo delle richieste risarcitorie, tanto a titolo di danno contrattuale, quanto a titolo di danno precontrattuale, la ricorrente ricorda di aver proposto un motivo di gravame (sviluppato a pag. 16 della comparsa di risposta in appello), per sostenere che il danno a carico degli attori conseguiva all’addebito illegittimo, che ove non eliso dalla condanna, avrebbe esposto la società e i fideiussori a una illegittima richiesta di pagamento.
Il danno – prosegue la ricorrente – prescindeva dal pagamento e il suo patrimonio era inciso dagli addebiti illegittimi conseguenti al contratto di swap effettuati sul conto corrente 13887535.
12.2. Il motivo è inammissibile per difetto di legitimatio ad causam della ricorrente.
N.M., in quanto semplice fideiussore della società correntista, non ha titolo per far valere in giudizio la responsabilità per i danni inerenti al rapporto di swap, al quale era estranea. Tale responsabilità sussiste, in teoria, solo nei confronti della controparte contrattuale della Banca nel rapporto di swap, e cioè la società garantita.
Il sostenere come fa la ricorrente – che il danno consisterebbe nell’addebito sul conto corrente garantito dai fideiussori delle illegittime passività derivanti dallo swap, in quanto “non elise” dalla condanna risarcitoria rappresenta un mero artificio verbale.
Ciò vale quanto dire, infatti, che il danno consiste nella mancata elisione (compensazione, a rigore) di quegli addebiti per effetto della condanna risarcitoria; ma la condanna risarcitoria non potrebbe essere pronunciata se non – appunto – in favore della società che ha sottoscritto lo swap e non certo dei suoi fideiussori.
La Corte di appello non ha rilevato la inammissibilità della censura perché nel giudizio di secondo grado aveva proposto il gravame anche il curatore del fallimento della società che però non ha presentato ricorso per cassazione.
12.3. Per altro verso, anche concesso alla ricorrente di aver impugnato in appello la statuizione di rigetto non solo della domanda di ripetizione di indebito ma anche di quella risarcitoria, prospettando la lesione già attuale del proprio patrimonio in conseguenza degli addebiti sul conto corrente garantito della società fallita degli importi passivi scaturenti dai contratti di swap, il rigetto delle censure da parte della Corte di appello sarebbe evidente, seppur implicito, nel rigetto del nesso di interdipendenza funzionale fra gli strumenti finanziari e il contratto di conto corrente e nel rigetto delle domande di nullità degli strumenti finanziari.
Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Sez. 2, n. 20718 del 13.8.2018, Rv. 650016 – 01; Sez. 5, n. 29191 del 6.12.2017 Rv. 646290 – 01; Sez. 1, n. 24155 del 13.10.2017, Rv. 645538-01).
Analogamente non si configura il vizio di omessa pronuncia, pur in difetto di un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto (Sez. 6 – 1, n. 15255 del 4.6.2019,Rv. 654304 – 01).
13. Con l’ottavo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente N.M. denuncia nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 167 c.p.c., in relazione all’art. 2697 c.c..
13.1. La ricorrente sostiene che la controparte non aveva mai contestato il fatto storico, da essa dedotto in primo e ribadito in secondo grado, della dichiarazione da essa resa quale legale rappresentante della N. nei colloqui con il Dott. C.A. di non aver mai operato nel settore finanziario, di non conoscere la dinamica dello swap e che la ***** non aveva mai condotto in precedenza operazione di tal genere.
Questa circostanza, se opportunamente considerata nel suo valore ex art. 115 c.p.c., avrebbe travolto la dichiarazione di operatore qualificato D.Lgs. n. 31 del 1998, ex art. 31, e determinato l’accoglimento delle domande di parte attrice.
13.2. La controricorrente Unicredit ha contestato la circostanza in modo sufficientemente specifico alle pagine 3 e 8 della comparsa di risposta di primo grado, come obiettato dalla controricorrente e verificato da questa Corte, “giudice del fatto processuale”.
Appare comunque dirimente il rilievo che la circostanza oggetto del motivo non è affatto decisiva, a fronte dell’ampia motivazione contenuta nella sentenza impugnata, basata sulle dichiarazioni rilasciate da N.M., legale rappresentante della *****, al momento della sottoscrizione dei contratti di swap, sull’attribuzione al cliente dell’onere di dimostrare la conoscenza da parte dell’intermediario dell’insussistenza dei requisiti propri di chi si è dichiarato operatore qualificato, sull’imponente curriculum professionale documentato in atti relativamente a N.M., sulla consistenza imprenditoriale della *****, sull’invio della documentazione volta ad illustrare contratti e il loro funzionamento.
14. Con il nono motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente N.M. denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 21 e 31, e della Delib. Consob n. 11522 del 1998.
14.1. Con il motivo la ricorrente sostiene che del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, impone agli intermediari obblighi di diligenza, correttezza, trasparenza e di servire al meglio l’interesse dei clienti; che tale obbligo non è affatto derogato nei confronti degli operatori qualificati perché l’esonero riguarda solo il rispetto degli obblighi informativi di cui agli artt. 27, 28, 29 del Regolamento Consob 11522/1998, in forza del relativo art. 31; che l’errore commesso dalla Corte di appello nel ravvisare una eccezione agli obblighi di diligenza, trasparenza e correttezza nei confronti degli operatori qualificati (pag. 17, punto 4, sub 3); che quanto esposto era rilevante perché era stata denunciata l’anomalia di comportamento nell’intermediario dell’individuare nella società fallita un operatore qualificato.
14.2. L’errore così stigmatizzato non sussiste.
La Corte di appello, infatti, a pag. 17, sub 4.3, della sentenza impugnata ha fatto inequivoco riferimento agli obblighi informativi di cui agli artt. 27, 28 e 29 del Regolamento Consob 11522/1998; ha riportato successivamente l’art. 31 dello stesso Regolamento; ha affermato quindi che l’art. 31 contiene una eccezione al rispetto degli obblighi gravanti sulla banca intermediaria per effetto dell’art. 21 del Testo unico (elencando fra questi anche quelli di diligenza, trasparenza e correttezza), ma ha chiarito che l’eccezione riguardava solo quelli di cui agli artt. 28 e 29 sopracitati (pag. 17, ultimo periodo), per poi ribadire ulteriormente tale concetto a pag. 18, sub 4.
In altri termini, la Corte di appello non ha mai affermato che la Banca era esonerata dal rispetto degli obblighi di diligenza, trasparenza e correttezza nei confronti dell’operatore qualificato.
15. Con il decimo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente N.M. denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 6, comma 2, e dell’art. 31 della Delib. Consob n. 11522 del 1998.
15.1. Secondo la ricorrente, la qualità di operatore qualificato era stata riconosciuta sulla base di elementi del tutto diversi da quelli richiesti dalla legge, che sono la competenza ed esperienza specifica in materia di operazione con strumenti finanziari, e irrilevanti, come le dimensioni dell’impresa, l’entità dei suoi rapporti con il sistema creditizio e negando rilievo alla dichiarata assenza di precedenti esperienze in quel campo.
15.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nei contratti di intermediazione finanziaria, la dichiarazione formale di cui all’art. 31, comma 2, Reg. Consob n. 11522 del 1998, applicabile ratione temporis, sottoscritta dal legale rappresentante, in cui si affermi che la società amministrata dispone della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in strumenti finanziari, vale ad esonerare l’intermediario dall’obbligo di effettuare per suo conto ulteriori verifiche al riguardo, gravando sull’investitore l’onere di provare elementi contrari emergenti dalla documentazione già in possesso dell’intermediario. Ne consegue che in giudizio, sul piano probatorio, l’esistenza dell’autodichiarazione è sufficiente ad integrare una prova presuntiva semplice della qualità di investitore qualificato in capo alla persona giuridica, gravando su quest’ultima l’onere di allegare e provare specifiche circostanze dalle quali emerga che l’intermediario conosceva, o avrebbe dovuto conoscere con l’ordinaria diligenza, l’assenza di dette competenze ed esperienze pregresse (Sez. 1, n. 8343 del 4.4.2018, Rv. 648143 – 01; Sez. 1, n. 3962 del 19.2.2018, Rv. 647420 – 01).
La valenza negoziale di tale dichiarazione è stata sottolineata allorché questa Corte ha affermato che le persone fisiche, per essere considerate operatori qualificati ai sensi dell’art. 31, comma 2, del Regolamento Consob, adottato con Delib. 1 luglio 1998, n. 11522, in attuazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, ed applicabile ratione temporis, devono aver manifestato all’intermediario la volontà di essere considerate tali, non essendo sufficiente che le stesse siano in possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal medesimo D.Lgs., per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare (Sez. 1, n. 23805 del 20.11.2015, Rv. 637709 – 01).
Da ultimo, con la sentenza n. 13517 del 18.5.2021 questa Corte ha ribadito che l’art. 31 del regolamento Consob n. 11522 del 1998 esige un elemento “volontaristico”, rivelato dall’esigenza di documentazione delle qualità e rilevanti e coerente con la natura protettiva della disciplina, 14 e ha affermato quindi che le persone fisiche, per essere considerate operatori qualificati ai sensi dell’art. 31, comma 2, del Regolamento Consob, n. 11522 del 1998, in attuazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, devono aver manifestato all’intermediario la volontà di essere considerate tali, non essendo sufficiente che le stesse siano in possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal medesimo decreto legislativo per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare.
15.3. Motivazione adeguata e centrale della decisione era rappresentata dal rilascio da parte della sig.ra N. per conto della ***** della prescritta dichiarazione di possesso della veste di operatore qualificato, non superata da prove contrastanti da parte della ricorrente.
Tutte le altre argomentazioni in ordine alle dimensioni imprenditoriali della società, all’entità della sua esposizione con il sistema bancario, al curriculum professionale della legale rappresentante, invero imponente (oltre alle cariche nella società ***** in vari enti pubblici, Vicepresidente della Banca Popolare di Augusta, Assessore regionale all’Industria, Consigliere provinciale, Vicepresidente di Confindustria Sicilia, Presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Sicilia, Presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Siracusa), valgono a confermare l’efficacia di tale dichiarazione, quali elementi indiziari e presuntivi, idonei a suffragarla ulteriormente.
16. Con l’undicesimo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente N.M. denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 e Delib. Consob n. 11522 del 1998, art. 26, in relazione agli artt. 1337 e 1338 c.c..
Il motivo ripropone in chiave di responsabilità precontrattuale le doglianze di cui al motivo precedente e subisce la stessa sorte.
17. Con il dodicesimo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente N.M. denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 6 e della Delib. Consob n. 11522 del 1998, artt. 27, 28 e 29, in relazione agli artt. 1337,1338 e 1218 c.c..
Il motivo ha natura meramente consequenziale e cade con il cadere delle argomentazioni svolte con altri motivi tese a dimostrare la invalidità e inefficacia della dichiarazione di operatore qualificato.
18. Con il tredicesimo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente N.M. denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 30, comma 6, in relazione alla Delib. Consob n. 11522 del 1998, art. 31.
La ricorrente sostiene la nullità dei contratti di swap, negoziati fuori sede e conclusi mediante scambio di corrispondenza, per l’omessa previsione della facoltà di recesso.
Al di là del fatto che la stipulazione fuori sede dei contratti non risulta affatto accertata e che anzi il Tribunale l’aveva esclusa, appare decisivo il fatto che la Corte di appello ha rilevato che la citata disciplina del recesso non si applicava alla fattispecie, sia pur senza identificare espressamente la norma derogatrice.
La norma che sancisce l’esonero degli operatori qualificati, applicata ma non menzionata dalla Corte, comunque esiste ed è dell’art. 36, comma 3 del Regolamento 11522/1998 secondo cui “Non costituisce offerta fuori sede quella effettuata nei confronti degli operatori qualificati di cui all’art. 31, comma 2”.
Pertanto anche questo motivo presupporrebbe per il suo accoglimento l’invalidità e l’inefficacia della dichiarazione di operatore qualificato.
19. Con il quattordicesimo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente N.M. denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 244 c.p.c., in relazione all’art. 2697 c.c..
19.1. Il motivo si riferisce al rigetto dell’ammissione del terzo capitolo di prova che verteva sulla dichiarazione resa dalla legale rappresentante di ***** al Dott. C.A. funzionario incaricato della Banca in occasione dei colloqui propedeutici alla stipulazione del contratti di swap di avere esperienza e competenza in materia di contratti di swap.
La ricorrente, sostiene, per vero in termini tutt’altro che chiari, di aver formulato il capitolo in termini positivi (parrebbe di comprendere, sostenendo il contrario della propria versione dei fatti) per sfuggire alla censura di inammissibilità. Così argomentando, la ricorrente non si rende conto che semmai sono inammissibili i capitoli di prova che attengono a una circostanza negativa e non già quelli che attengono al fatto di una dichiarazione positiva di ignoranza, che rappresenta all’evidenza un fatto storico positivo, storicamente avvenuto e verificabile.
La ricorrente lamenta quindi, a parte l’inversione “al negativo”, forse desumibile dal tenore delle sue complessive deduzioni, che non era stata valutata la reale portata del capitolo allorché ad esso era stato negato rilievo sul presupposto che quel che contava era la competenza ed esperienza della società rappresentata e non del suo legale rappresentante.
19.2. Il capitolo è stato valutato e giudicato irrilevante (pag.22, secondo capoverso) per le ragioni più ampiamente esposte a pagina 20 della sentenza impugnata, volte a valorizzare sia il fatto che la dichiarazione si riferiva alla società *****, sia il fatto che la dichiarazione della legale rappresentante sig.ra N.M. era stata resa dopo aver ricevuto le note esplicative ed essersi avvalsa del supporto della organizzazione della sua società.
Merita condivisione al riguardo l’opinione espressa dal Procuratore Generale secondo cui l’art. 31, comma 2, del Regolamento CONSOB 11522/1998 costituisce eccezione al principio di cui all’art. 1391 c.c., in quanto riferisce la specifica competenza ed esperienza alla società e alla persona giuridica e non al suo legale rappresentante, che deve limitarsi a dichiarare per iscritto l’esistenza dei requisiti.
Infatti la citata affermazione della Corte di appello e coerente con l’ultima parte dell’art. 31, comma 2, che include “ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante”.
20. Con il quindicesimo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la ricorrente N.M. denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 21 e 23, in relazione all’art. 2697 c.c..
Il motivo riproduce sostanzialmente le doglianze di motivi precedenti e subisce la stessa sorte poiché mira a vanificare la disciplina speciale dell’art. 31 del Reg. 11522/1998 e dar rilievo a condotte ritenute irrilevanti perché superate da precise e inequivocabili dichiarazioni successive, valutate in modo ampio e contestualizzato dalla Corte territoriale.
21. Con il sedicesimo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la ricorrente N.M. denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c..
21.1. La ricorrente lamenta l’assorbimento del suo motivo di appello circa il difetto di legittimazione attiva a discutere le questioni inerenti il contratto di swap, determinato dalla scelta della ragion più liquida.
La ricorrente si duole, cioè, che la Corte di appello (p. 12, pag. 22) abbia ritenuto assorbito il suo motivo di appello circa la questione preliminare del difetto di legittimazione attiva a discutere le questioni inerenti il contratto di swap, cosa questa a cui la Corte si è indotta adottando il criterio della ragion più liquida, dicendo appunto che era più liquida la ragione che portava nel merito alla infondatezza delle domande.
21.2. L’applicazione del criterio decisorio della “ragion più liquida” è ben conosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte e mira ad attuare il principio generale di economia processuale in armonia con gli artt. 24 e 111 Cost.: in virtù di esso la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c. (Sez. 5, n. 363 del 9.1.2019, Rv. 652184 – 01; Sez. 5, n. 11458 del 11.5.2018, Rv. 648510 – 01).
21.3. Tuttavia la ricorrente non solo ha omesso di addurre alcuna critica a questa scelta della Corte di anteporre la questione di merito alla questione preliminare, ma si limita a ribadire la fondatezza delle sue tesi nel merito, peraltro oggetto di altri motivi di ricorso, tutti disattesi.
22. Entrambi i ricorsi principale e incidentale debbono venir rigettati.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte;
rigetta il ricorso principale e quello incidentale e condanna le parti ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate nella somma di Euro 10.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti e della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 3 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022