Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.552 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22092-2020 proposto da:

EURO CONTACT SRL” in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 36, presso lo studio dell’avvocato BELLINO ELIO PANZA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente-

contro

F.S.L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE SALVAGO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4059/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata l’11/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 21/09/2021 dal, Consigliere Relatore Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Roma, con la sentenza impugnata, ha respinto l’appello proposto da Euro Contact srl nei confronti di F.S.L.M. avverso la sentenza di primo grado che, nella contumacia della società, aveva dichiarato l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti, con declaratoria di illegittimità del licenziamento e condanna al pagamento di differenze retributive;

2. i giudici d’appello hanno respinto l’unico motivo di gravame della società con cui si eccepiva la non riconducibilità all’appellante dell’indirizzo PEC ***** presso il quale era stata effettuata la notifica dell’atto introduttivo del giudizio, indirizzo che si affermava non essere più corrispondente a quello della Euro Contact srl, essendo stato assegnato a diversa società sin dal ***** e, quindi, anche all’epoca della notifica del ricorso;

per la Corte romana, invece, dalle risultanze istruttorie risultava “l’esattezza del menzionato indirizzo PEC” e, conseguentemente, “la legittimità della notifica a mezzo PEC del ricorso di primo grado”;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la soccombente con un unico articolato motivo; ha resistito con controricorso il F.;

4. la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale.

CONSIDERATO

che:

1. con il motivo si denuncia: “violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., nonché dell’art. 160 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonché dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti”; si critica la sentenza impugnata per avere ritenuto provato che l’indirizzo PEC al quale era stato notificato il ricorso di primo grado fosse corrispondente a quello della società deducente;

2. il motivo è inammissibile;

esso, anche nella parte in cui denuncia una violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nella sostanza censura un apprezzamento di merito qual è quello operato dalla Corte distrettuale per valutare, in fatto, se l’indirizzo PEC al quale era stata effettuata la notifica dell’atto introduttivo del giudizio corrispondesse o meno a quello del soggetto giuridico convenuto, apprezzamento che non è suscettibile di riesame in questa sede di legittimità, se non nei ristretti limiti posti dal novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., così come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014, dei cui enunciati parte ricorrente non tiene alcun conto;

e’ inammissibile il motivo anche per l’improprio riferimento alla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c.; quanto alla violazione dell’art. 2697 c.c., essa è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018), mentre nella specie parte ricorrente oppone solo una diversa valutazione circa la prova dell’esattezza dell’indirizzo di posta elettronica certificata;

per l’altro aspetto, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come novellato nel 2012 (tra le altre v. Cass. n. 23940 del 2017), nella specie, come innanzi detto, non adeguatamente invocato;

3. conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo, con attribuzione all’Avv. G. Salvago dichiaratosi anticipatario;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%, con distrazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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