Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.554 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25211 – 2020 R.G. proposto da:

MARINA di CATTOLICA s.r.l. – c.f. ***** – in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Cattolica, alla piazza Mercato, n. 20, presso lo studio dell’avvocato Franco Marcolini che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso, elettivamente domiciliato altresì in Roma, Via Carlo Poma n. 4, c/o Studio Legale Avv. Antonio Conte;

– ricorrente –

contro

G.M. – c.f. ***** – elettivamente domiciliato, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Perugia, alla via Cacciatori delle Alpi, n. 28, presso lo studio dell’avvocato Aldo de Bellis, che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3612 dei 22.10/20.12.2019 della Corte d’Appello di Bologna, udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 22 settembre 2021 dal consigliere Dott. Luigi Abete, MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con atto ritualmente notificato la “Marina di Cattolica” s.r.l. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Rimini G.M..

Esponeva che in data ***** aveva siglato con il convenuto un contratto preliminare in virtù del quale si era obbligata a concedere a controparte fino al ***** il diritto d’uso esclusivo di uno specchio d’acqua (di ml. 18 x 6) e di un box-auto all’interno dell’allora costruenda darsena turistica di Cattolica.

Esponeva che il convenuto, sebbene avesse ricevuto in consegna il posto-barca ed il box-auto, non aveva provveduto al saldo del corrispettivo ed aveva al riguardo addotto la mancanza del collaudo e di un atto concessorio idoneo a costituire titolo per l’occupazione dell’area demaniale.

Chiedeva dichiararsi la risoluzione del preliminare con condanna del convenuto alla riconsegna del posto-barca e del box-auto nonché al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio.

2. Si costituiva G.M..

Instava per il rigetto dell’avversa domanda; in via riconvenzionale chiedeva, tra l’altro, dichiararsi che la stipula del definitivo ed il saldo del prezzo erano subordinati al rilascio della concessione demaniale definitiva nonché al rilascio del certificato di agibilità della darsena da diporto.

3. All’esito dell’istruzione probatoria, con sentenza n. 584/2015 l’adito tribunale, respinta ogni ulteriore istanza, dichiarava la risoluzione del preliminare per inadempimento del convenuto e condannava il medesimo G. alla riconsegna del posto-barca e del box-auto.

4. Proponeva appello G.M..

Resisteva la “Marina di Cattolica” s.r.l.; proponeva appello incidentale.

5. Con sentenza n. 3612/2019 la Corte d’Appello di Bologna accoglieva parzialmente il gravame principale – assorbito l’appello incidentale – e per l’effetto rigettava la domanda di risoluzione esperita in prime cure dalla s.r.l. appellata; compensava integralmente le spese del doppio grado.

Evidenziava la corte che il contratto di ormeggio siglato dalle parti in lite in data ***** faceva espresso riferimento, per la sua durata, fino al *****, alla concessione demaniale.

Evidenziava quindi che il contratto di ormeggio presupponeva necessariamente il rilascio della concessione definitiva, cosicché non era sufficiente a garantire il godimento del posto-barca e del box-auto la concessione provvisoria, siccome suscettibile, quest’ultima, di revoca da parte dell’amministrazione con susseguente caducazione delle posizioni acquisite dai terzi aventi causa.

Evidenziava altresì che l’esame della documentazione allegata dalle parti dava ragione della mancanza delle autorizzazioni prefigurate in contratto come necessarie.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “Marina di Cattolica” s.r.l.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.

G.M. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

7. Il relatore ha formulato proposta ex art. 375 c.p.c., n. 5), di manifesta infondatezza del ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in Camera di consiglio.

8. La ricorrente ha depositato memoria.

9. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e dell’art. 115 c.p.c..

Deduce che la Corte di Bologna ha errato nell’interpretazione del contratto di ormeggio siglato in data *****.

Deduce segnatamente che il tenore letterale delle espressioni adoperate dalle parti contraenti per nulla giustifica la subordinazione del pagamento del saldo del corrispettivo al rilascio della concessione demaniale definitiva.

Deduce d’altra parte che pur la concessione definitiva è suscettibile di revoca da parte dell’autorità concedente.

Deduce ancora che, contrariamente all’assunto della corte di merito, l’atto di concessione demaniale definitivo è stato prodotto nel corso del subprocedimento d’urgenza ed è stato oggetto di discussione processuale.

Deduce che tale documento costituisce la prova dirimente che in data ***** la darsena turistica era stata terminata, era stata collaudata ed era entrata in funzione.

10. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 5, la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 2697 c.c..

Deduce che la Corte di Bologna ha travisato la documentazione allegata. Deduce segnatamente che la corte di merito non ha tenuto conto che “il punto 5 della pagina n. 4 della verbalizzazione della conferenza dei servizi del ***** conferma il fatto che il precedente verbale del ***** equivaleva a “collaudo”” (così ricorso, pag. 21); che “il primo capoverso di pagina n. 3 del verbale della conferenza dei servizi del 3 agosto 2010 conferma che dopo il collaudo del ***** non furono eseguite ulteriori opere o rilasciati ulteriori certificati” (così ricorso, pag. 21).

11. Si premette che il collegio appieno condivide la proposta del relatore, che ben può essere reiterata in questa sede.

Ambedue i motivi di ricorso sono dunque infondati e da respingere.

12. Indubbiamente il primo mezzo di impugnazione veicola una quaestio ermeneutica, sicché non possono che esplicar valenza gli insegnamenti di questo Giudice del diritto.

Innanzitutto, l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione per violazione delle regole ermeneutiche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inadeguatezza della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione antecedente alla novella di cui al D.Lgs. n. 83 del 2012, per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi del novello art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. 14.7.2016, n. 14355), novello articolo applicabile alla fattispecie ratione temporis.

Altresì, l’insegnamento secondo cui né la censura ex n. 3 né la censura dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ex n. 5, possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; d’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimità, sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).

Ancora, l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte n. 8053 del 7.4.2014.

13. Nel solco delle enunciate indicazioni giurisprudenziali l’interpretazione patrocinata dalla Corte di Bologna è immune da vizi suscettibili di assumer rilievo in relazione alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, (novello) n. 5.

Invero, è da escludere che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate (giusta, appunto, la statuizione n. ***** delle sezioni unite) ad acquisire significato in rapporto alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, (novello) n. 5, possa scorgersi in ordine alle motivazioni cui la corte di merito ha ancorato il suo dictum.

Segnatamente, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico/giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte distrettuale, così come si è premesso, ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.

Del resto, l’omesso esame di questione relativa all’interpretazione del contratto non è riconducibile al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto l’interpretazione di una clausola negoziale non costituisce “fatto” decisivo per il giudizio, atteso che in tale nozione rientrano gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi (cfr. Cass. 8.3.2017, n. 5795; Cass. (ord.) 13.8.2018, n. 20718).

14. Nel solco delle indicazioni giurisprudenziali dapprima enunciate l’interpretazione patrocinata dalla Corte di Bologna è assolutamente ineccepibile sul piano della correttezza giuridica, ovvero non diverge da alcun criterio legale di ermeneutica contrattuale.

Ben vero, la corte territoriale ha ancorato l’operata esegesi, tra l’altro, alla testuale e contestuale lettura e delle premesse del contratto e del contratto, art. 2 (cfr. sentenza d’appello, pagg. 5 – 6).

Tanto in pieno ossequio agli insegnamenti di questa Corte.

Ossia in ossequio all’insegnamento secondo cui, nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento dell’attività interpretativa del giudice è costituito dalle parole e dalle espressioni adottate dalle parti (cfr. Cass. 4.5.2005, n. 9284).

Ossia in ossequio all’insegnamento secondo cui, alla luce del principio enunciato dall’art. 1363 c.c., il giudice non può, nella interpretazione dei contratti arrestarsi ad una considerazione “atomistica” delle singole clausole, neppure quando la loro interpretazione possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del “senso letterale delle parole”, poiché anche questo va necessariamente riferito all’intero testo della dichiarazione negoziale, onde le varie espressioni che in essa figurano vanno coordinate fra loro e ricondotte ad armonica unità e concordanza (cfr. Cass. (ord.) 30.1.2018, n. 2267).

15. E’ innegabile in pari tempo che le censure dalla ricorrente addotte si risolvono tout court nella prefigurazione della (asserita) maggior plausibilità della patrocinata antitetica interpretazione (“dal testo contrattuale altro non emerge se non che le parti hanno stabilito, quale unico riferimento temporale per la stipula del definitivo e per il pagamento del saldo del convenuto corrispettivo, la consegna del posto barca e l’ottenimento del collaudo necessario (agibilità) per l’entrata in funzione della darsena da diporto”: così memoria della ricorrente, pag. 2; “in nessuna parte del contratto preliminare de quo emerge che i contraenti avessero condizionato il pagamento del saldo del prezzo o la stipula del contratto definitivo al conseguimento da parte di Marina di Cattolica s.r.l. della concessione demaniale definitiva”: così memoria della ricorrente, pag. 4).

16. Con il rilievo finale del primo mezzo di impugnazione e con il secondo mezzo di impugnazione la ricorrente, in effetti, si duole per l’asserita erronea valutazione delle risultanze documentali (“l’informazione probatoria considerata nella impugnata sentenza risulta incontrovertibilmente contraddetta dai documenti e prove non valutati dalla Corte d’Appello”: così memoria della ricorrente, pag. 8).

E tuttavia al riguardo, pur a prescindere dai rilievi del controricorrente (cfr. controricorso, pagg. 19 – 20, par. 6), si rimarca quanto segue.

Da un canto, la corte di merito ha precisato che la circostanza del mancato rilascio dell’atto di concessione definitiva risultava espressamente riconosciuta dalla società appellata – qui ricorrente – a pagina 22 della comparsa di costituzione in appello ed ha soggiunto che l’atto di concessione definitiva non era stato prodotto nel grado d’appello né ne era stato dimostrato il rilascio in favore della s.r.l. appellata (cfr. sentenza d’appello, pag. 6).

D’altro canto, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; cfr. anche Cass. (ord.) 29.10.2018, n. 27415, secondo cui l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie).

17. Da ultimo, si impongono (in rapporto agli ulteriori “errores” denunciati nelle rubriche degli esperiti mezzi) i rilievi che seguono.

18. In primo luogo, in materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente (il che non è nel caso di specie) di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato (il che non è nel caso di specie) sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. sez. lav. (ord.) 27.12.2016, n. 27000; Cass. (ord.) 17.1.2019, n. 1229; Cass. sez. un. 20.9.2020, n. 20867 (Rv. 65903701)).

In secondo luogo, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 116 c.p.c., norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando il giudice di merito disattenda (il che non è nel caso di specie) tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. sez. lav. (ord.) 27.12.2016, n. 27000; Cass. (ord.) 17.1.2019, n. 1229; Cass. sez. un. 20.9.2020, n. 20867 (Rv. 659037-02)).

In terzo luogo, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c., si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia (il che non è nel caso di specie) attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni i e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (cfr. Cass. 29.5.2018, n. 13395; Cass. (ord.) 23.10.2018, n. 26769; Cass. sez. lav. 19.8.2020, n. 17313; Cass. 5.9.2006, n. 19064).

19. In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

20. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del citato D.P.R., art. 13, comma 1-bis, se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, “Marina di Cattolica” s.r.l., a rimborsare al controricorrente, G.M., le spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, “Marina di Cattolica” s.r.l., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del citato D.P.R., art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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