Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.557 del 11/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1031-2021 proposto da:

C.U., in qualità di nuovo esclusivo proprietario della ditta STUDIO DI PROMOZIONE PUBBLICITARIA di D.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SEBASTIANO CHERI;

– ricorrente –

contro

COMUNE CARLOFORTE, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO MURGIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2226/2020 del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositata il 22/10/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 12/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO BERTUZZI.

RILEVATO

che:

C.U., quale successore a titolo particolare della ditta Studio di Promozione Pubblicitaria di D.A., ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 2226 del 22.10.2020 del Tribunale di Cagliari che, in riforma della decisione di primo grado, aveva rigettato l’opposizione proposta da D.A. avverso 22 verbali che le contestavano la violazione dell’art. 23 C.d.S., commi 4 e 11, per avere collocato nel territorio del comune di Carloforte cartelli pubblicitari senza l’autorizzazione edilizia e l’autorizzazione paesaggistica di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 153;

il comune di Carloforte ha notificato controricorso.

CONSIDERATO

che:

il primo motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 23 C.d.S., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto che la opponente, prima di procedere alla installazione dei cartelli pubblicitari, avrebbe dovuto ottenere l’autorizzazione paesaggistica dal competente Ufficio Tutela del Paesaggio della Regione Autonoma della Sardegna, senza considerare che in base alla convenzione stipulata con il comune l’ubicazione dei cartelli doveva essere individuata dalla Giunta comunale, delibera che presupponeva l’autorizzazione paesaggistica della Regione; assume inoltre che, per giurisprudenza amministrativa, l’autorizzazione all’installazione di cartelli pubblicitari rilasciata dal comune ai sensi dell’art. 23 C.d.S., è già insita nell’apposito regolamento comunale e nel piano generale degli impianti, sicché il rispetto di quest’ultimo da parte della opponente costituiva requisito sufficiente per considerare legittima la sua condotta;

il motivo è inammissibile, atteso che esso, con l’addurre l’esistenza implicita della autorizzazione paesaggistica la cui mancanza era stata contestata e quindi la legittimità, sotto tale profilo, della condotta sanzionata, integra un motivo di opposizione ai verbali di contestazione del tutto nuovo, tenuto conto che, come risulta dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso, l’atto di opposizione era fondato sul solo rilievo della insussistenza dell’elemento soggettivo della violazione, per avere la parte agito in base ad un legittimo affidamento sulla legittimità della sua condotta ingenerato dagli uffici comunali, mentre il richiamo da parte della sentenza impugnata alla convenzione stipulata dalla ditta con il comune e la considerazione che essa prevedeva espressamente che prima della installazione la parte dovesse ottenere l’autorizzazione paesaggistica dal competente Ufficio regionale sono svolti dal Tribunale al solo fine di escludere la mancanza di colpa della opponente, statuizione che non appare direttamente censurata dal motivo;

il secondo motivo di ricorso denunzia violazione della normativa contrattuale sull’inadempimento, errata e/o mancata applicazione ed interpretazione dell’art. 1218 c.c., ed errata e/o abusiva applicazione dell’art. 23 C.d.S., per avere il Tribunale dato rilievo, al fine di rigettare l’opposizione, all’obbligo contrattuale posto a carico della ditta di munirsi delle autorizzazioni regionali, che invece era del tutto inconferente, risolvendosi in un mero inadempimento contrattuale, a cui il comune avrebbe dovuto reagire con gli strumenti tipici del diritto privato e non in forza dei propri poteri pubblicistici;

il motivo, oltre che inammissibile per novità della censura, non risultando che essa sia stata proposta fin dall’atto di opposizione e poi richiamata nell’atto di costituzione in appello, è chiaramente infondato, atteso che la circostanza che la condotta posta in essere dalla ditta costituisse inadempimento agli obblighi su di essa gravanti in forza della convenzione non può esercitare alcun effetto sulla ricorrenza o meno della violazione amministrativa contestata;

il terzo motivo di ricorso denunzia falsa e/o erronea applicazione del principio del legittimo affidamento, per non avere il giudice valutato, a tal fine, che la opponente aveva agito nella convinzione che la sua condotta fosse legittima in ragione dell’affidamento suscitato dagli atti del Corpo della Polizia Municipale e dell’Ufficio Tributi;

anche questo motivo è inammissibile, sia perché non investe con critiche specifiche e puntuali la motivazione del Tribunale che, pur considerando i fatti e atti addotti dalla ricorrente, ha escluso la mancanza di colpa nella violazione in ragione dei precisi obblighi gravanti su di essa in forza della convenzione stipulata, sia per difetto di decisività, non indicando con precisione gli elementi da cui emergerebbe l’asserito legittimo affidamento, sia, infine, in quanto censura un apprezzamento di fatto del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità;

il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente, come liquidate in dispositivo;

deve darsi atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del comune di Carloforte, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472