Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.559 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2720-2020 proposto da:

E2I ENERGIE SPECIALI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 103, presso lo studio dell’avvocato ROMANO POMARICI, rappresentata e difesa dagli avvocati MARIO PORZIO, LAURA BOVE, DOMENICO ARDOLINO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5019/13/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 04/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.

FATTI DI CAUSA

La parte contribuente ricorreva avverso un avviso di accertamento relativo alla rettifica della rendita catastale per l’anno 2017 di un impianto eolico sito in *****.

La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso della parte contribuente.

La Commissione Tributaria Regionale della Campania respingeva l’appello della parte contribuente osservando che, costituendo la torre eolica una mera costruzione e non un impianto, non sussiste violazione della L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, che esclude macchinari e altri impianti dalla stima ai fini della quantificazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la parte contribuente affidandosi ad un unico motivo, mentre l’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso e in prossimità dell’udienza depositava memoria chiedendo che la questione sia rimessa alla pubblica udienza della quinta sezione civile tributaria, anche al fine di una eventuale rimessione della questione alle Sezioni Unite. Con ordinanza interlocutoria del 29 aprile 2021 n. 11287 la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per l’acquisizione del fascicolo di merito.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente lamenta la violazione della L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, del D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, art. 2, del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 4, anche in relazione all’art. 812 c.c., perché la torre non costituisce un sostegno all’aerogeneratore ma è strettamente funzionale alla produzione di energia.

Il motivo di impugnazione è fondato.

Nell’ambito della disciplina catastale va innanzitutto richiamata la nozione di “immobile urbano” di cui al R.D.L. n. 652 del 1939, art. 4, secondo cui: “si considerano come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituiti, diversi dai fabbricati rurali. Sono considerati come costruzioni stabili anche gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo”. La norma regolamentare del D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, art. 2, comma 3, precisa che “l’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale. Sono considerate unità immobiliari anche le costruzioni ovvero porzioni di esse, ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale costituite, nonché gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purché risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali di cui al comma 1. Del pari sono considerate unità immobiliari i manufatti prefabbricati ancorché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale”. Nella definizione di unità immobiliare, come evidenziato da Corte Cost. n. 162 del 2008, non si faceva alcun riferimento ai materiali utilizzati, né ai sistemi di assemblaggio degli stessi.

Si pose così il problema della rilevanza o meno, ai fini della rendita catastale delle pale eoliche, dei pannelli fotovoltaici e delle turbine, in quanto manufatti che, pur rimanendo elementi oggettivamente distinti dall’immobile “centrale elettrica”, in ragione della funzione svolta, presentavano una potenziale mobilità, in quanto incorporate e solo imbullonate nella struttura muraria e, quindi, separabili nei singoli componenti.

La questione è stata risolta dal legislatore con l’introduzione di una norma di interpretazione autentica (D.L. 31 marzo 2005, n. 44, art. 1-quinquies), che ha superato anche il vaglio di legittimità costituzionale (Corte Cost. n. 162 del 2008), includendo, nel computo della rendita catastale, le “costruzioni stabili” connesse al suolo, anche in via transitoria, attraverso qualsiasi mezzo di unione, al fine di realizzare un unico bene complesso, ivi compresi gli elementi mobili necessari alle esigenze dell’attività industriale.

Ne è seguito il costante indirizzo giurisprudenziale – formatosi nelle controversie assoggettate al regime previgente all’introduzione della legge di stabilità L. n. 208 del 2015 (di cui appreso si dirà) secondo il quale “I parchi eolici, in quanto costituiscono centrali elettriche, rispetto alle quali il sistema normativo non offre indicazioni che ne giustifichino un trattamento differenziato, sono accatastati nella categoria “D/1-Opificio” e le pale eoliche debbono essere computate ai fini della determinazione della rendita, come lo sono le turbine di una centrale idroelettrica, poiché anch’esse costituiscono una componente strutturale ed essenziale della centrale stessa, sicché questa senza quelle non potrebbe più essere qualificata tale, restando diminuita nella sua funzione complessiva ed unitaria ed incompleta nella sua struttura” (cfr., tra le tante, Cass. n. 4028 del 2012, n. 24815 del 2014 e da ultimo n. 32861 del 2019).

Si e’, quindi, ritenuta corretta la classificazione D1 (del resto proposta dalla società stessa nella DOCFA) e la prassi dell’Ufficio di individuare l’oggetto della stima finalizzata all’attribuzione di rendita nell’insieme dei beni costituenti l’aerogeneratore, comprensivo non soltanto delle componenti prettamente immobiliari o infisse al suolo, ma anche di quelle componenti (navicella, rotore, pale, cabina elettrica, spazi di manovra e servizio ecc.) di per sé fisicamente amovibili ma non separabili senza pregiudizio alla funzione precipua di generazione energetica. Pertanto, combinando la normativa fiscale con quella civilistica di cui all’art. 812 c.c., (secondo cui sono bene immobili le costruzioni “anche se unite al suolo in modo transitorio”), sono state inglobate tra gli elementi idonei a descrivere l’unità immobiliare e ad incidere sulla determinazione della rendita tutte le componenti che contribuiscono ad assicurare, in via ordinaria, un’autonomia funzionale e reddituale stabile.

Ad avvalorare tale interpretazione ha contribuito anche la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 244, (legge di stabilità per l’anno 2015) che risolveva la questione degli impianti funzionali al processo produttivo con il richiamo alle “istruzioni di cui alla circolare dell’Agenzia del territorio n. 6/2012 del 30 novembre 2012, concernente la “Determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale e particolare: profili tecnico-estimativi””.

In tale quadro normativo e giurisprudenziale si è innestata la L. n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016: attualmente in vigore e la cui corretta interpretazione costituisce il cuore della questione sottoposta oggi al Collegio), il cui art. 1, comma 21, stabilisce che “A decorrere dal 1 gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo”.

La norma teste’ citata, applicabile ratione temporis alla presente controversia, esclude i cd. “imbullonati” dalla determinazione della rendita catastale, modificando significativamente quelli che erano i criteri di determinazione della stima dei fabbricati speciali confermata dalla giurisprudenza della Corte di legittimità.

In particolare, attraverso una tecnica legislativa “per esclusione”, il legislatore del 2015 nella prima parte della disposizione normativa descrive le caratteristiche di “bene immobile” o parte integrante di esso (suolo, costruzioni ed altri elementi ad essi strutturalmente connessi), che ne accresce l’utilità ed il valore per poi escludere nell’ultima parte da tale bene tutte quelle componenti che sono funzionali al processo produttivo (macchinari, congegni, attrezzature, impianti), meglio noti con la denominazione di “imbullonati”.

La scelta legislativa è quindi quella di sottrarre dal carico impositivo il valore delle componenti impiantistiche secondo un criterio distintivo che privilegia la destinazione ad attività produttive dei settori della siderurgia, manifattura ed energia indipendentemente dalla natura strutturale e dalla rilevanza dimensionale del manufatto che sia o meno infisso al suolo.

La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che le torri su cui sono installati gli aerogeneratori (rotori e navicelle), unitamente alle relative opere di fondazione, rappresentino opere annoverabili nel genere delle “costruzioni” e, come tali, quindi, da includere nella stima diretta delle centrali eoliche ai fini della rendita catastale.

Tale interpretazione, basata sulle sole caratteristiche strutturali del cespite senza considerare il disposto di cui all’ultima parte della L. n. 208 del 2005, art. 1, comma 21, non è condivisa dal Collegio, che ritiene di dover invece seguire il diverso orientamento già inaugurato da questa Corte (Cass. n. 20726, n. 20727, n. 20728, n. 21460, n. 21461, n. 21462, n. 21286, n. 21827, n. 21828 del 2020).

A giudizio di questa Corte, infatti, la nozione che emerge dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, di macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali e strutturali allo specifico processo produttivo e sottratti al regime fiscale, prescinde dal fatto che i manufatti siano o meno infissi stabilmente al suolo, essendo invece essenziale il loro impiego nel processo produttivo. E’ infatti irrilevante la consistenza fisica della costruzione, mentre ciò che interessa è il rapporto di strumentalità del macchinario rispetto al processo produttivo cui è destinato il complesso immobiliare considerato nel suo insieme. Tale conclusione è conforme non solo alla lettera, ma anche alla ratio della disciplina introdotta dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, che sancisce l’irrilevanza catastale di tutta la componente impiantistica che, in quanto tale, risulta inidonea ad apportare al fabbricato a cui accede – al di fuori dello specifico processo produttivo ivi svolto un’effettiva (residua) utilità produttiva/reddituale. E’, quindi, ben possibile che un elemento, pur strutturalmente connesso al suolo o alla costruzione e che pur ne accresca la qualità o l’utilità, debba essere tuttavia espunto dalla valutazione catastale in ragione della sua specifica funzionalità rispetto al processo produttivo.

I giudici di seconde cure non si sono fatti carico del doveroso accertamento di un fatto decisivo per il giudizio consistente nel verificare se la funzione delle torri sia assolutamente integrata nell’impianto di produzione, tanto da esserne una componente essenziale o addirittura un unicum con gli impianti interni e/o se tali strutture possano o meno avere caratteristiche di autonomia funzionale e fornire utilità indipendenti dal processo produttivo di energia eolica.

E’ poi evidente che la soluzione fin qui prospettata è quella maggiormente rispondente alla ratio della norma in questione, volta – nell’ambito di un valore (la rendita catastale) destinata ad essere un criterio per determinare delle imposte che colpiscono la redditività degli immobili – a non scoraggiare eccessivamente l’attività imprenditoriale e conseguentemente orientata alla prevalenza – come è stato sottolineato in dottrina – delle ragioni dell’impresa su quelle della proprietà, in ossequio ai principi costituzionali a tutela del lavoro e della libertà d’impresa (artt. 1,4,35 e 36 Cost., e art. 41 Cost., comma 1). Del resto, in tema di usucapibilità dell’azienda, a questa stessa ratio si sono uniformate le sezioni unite della Cassazione n. 5087 del 2014, le quali, nello stabilire che “ai fini della disciplina del possesso e dell’usucapione, l’azienda, quale complesso dei beni organizzati per l’esercizio dell’impresa, deve essere considerata come un bene distinto dai singoli componenti, suscettibile di essere unitariamente posseduto e, nel concorso degli altri elementi indicati dalla legge, usucapito”, hanno proprio affermato la prevalenza delle ragioni dell’imprenditore che abbia esercitato continuativamente nel tempo la sua attività rispetto a quelle del proprietario dell’azienda. Non può poi non evidenziarsi la conformità di quest’interpretazione anche al favor del legislatore nazionale e dell’Unione Europea per il principio della massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili. In questo senso è innanzitutto l’art. 194, lett. c, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea del 25 marzo 1957 – cd. Trattato di Roma, secondo cui “nel quadro dell’instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell’esigenza di preservare e migliorare l’ambiente, la politica dell’Unione nel settore dell’energia è intesa, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, a… promuovere il risparmio energetico, l’efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili”. Non possono poi non ricordarsi la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ratificata con la L. 1 giugno 2002, n. 120, recante “Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l’11 dicembre 1997”), le direttive Europee in materia (Dir. del Parlamento Europeo e del Consiglio 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità; Dir. del Parlamento Europeo e del Consiglio 23 aprile 2009, n. 2009/28/Ce, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili recante modifica e successiva abrogazione della Dir. n. 2001/77/CE e della Dir. n. 2003/30/CE). Infine, sempre nella stessa direzione si colloca l’accordo di Parigi firmato il 22 aprile 2016, primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, adottato alla conferenza di Parigi sul clima tenutasi dal 30 novembre all’11 dicembre 2015, ratificato dall’Unione Europea e da tutti i suoi Paesi ed entrato in vigore il 4 novembre 2016, che, nell’ambito dell’obiettivo di contenere il surriscaldamento globale, incentiva fortemente l’uso delle energie rinnovabili.

In particolare, la Dir. n. 2009/28/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, recepita con il D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della Dir. n. 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle Dir. n. 2001/77/CE e Dir. n. 2003/30/CE) ha individuato, quale obiettivo nazionale vincolante per l’Italia, il raggiungimento, entro il 2020, di una quota dei consumi finali lordi complessivi di energia coperta da fonti rinnovabili almeno pari al 17 per cento.

In vista di tale obiettivo, già la L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 167, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008) ha demandato a uno o più decreti ministeriali – da adottarsi d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano – il compito della ripartizione, fra Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, della quota minima necessaria di incremento dell’energia prodotta con fonti rinnovabili.

Con il citato D.Lgs. n. 28 del 2011, successivo art. 37, comma 6, si e’, poi, assegnata a un decreto del Ministro dello sviluppo economico – da adottare, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano – la precisa definizione e quantificazione degli obiettivi regionali in attuazione della citata L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 167. In applicazione di tale previsione è stato, infine, adottato il D.M. 15 marzo 2012 (Definizione e qualificazione degli obiettivi regionali in materia di fonti rinnovabili e definizione delle modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento degli obiettivi da parte delle regioni e delle provincie autonome: c.d. Burden Sharing) che ha provveduto a definire e quantificare gli obiettivi intermedi e finali che ciascuna Regione e Provincia autonoma deve conseguire, ai fini del raggiungimento degli obiettivi nazionali fino al 2020 in materia di quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia.

Il quadro normativo richiamato rivela, in maniera palese, che la ripartizione fra le Regioni degli oneri inerenti all’incremento della quota minima di energia prodotta con fonti rinnovabili è funzionale a consentire il raggiungimento dell’obiettivo nazionale, indicato come vincolante dalla normativa Europea, in linea con il principio della massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili (Corte Cost., sentenze n. 286 del 2019; n. 106 del 2020).

Ritenuto pertanto fondato l’unico motivo di impugnazione, il ricorso il ricorso va accolto e la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, perché, oltre a statuire sulle spese del presente procedimento: a) accerti se la torre costituisca oppure no macchinario, congegno, attrezzatura o altro impianto funzionale al processo produttivo di energia elettrica, in quanto tale soggetta ad esenzione ai sensi della L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21; b) determini la rendita catastale dell’impianto eolico inserendo nel calcolo il valore dei cespiti secondo i principi sopra indicati ed applicando il coefficiente di legge.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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