Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.560 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4976-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI FALEGNAMI 73, presso lo studio dell’avvocato FUOCO BENITO, rappresentato e difeso dell’avvocato AURELIO CAPORICCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3861/19/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 25/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.

FATTI DI CAUSA

la parte contribuente proponeva ricorso avverso avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2011 relativo ad IRPEF, IVA ed IRAP;

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente;

la Commissione Tributaria Regionale respingeva il ricorso dell’Agenzia delle entrate affermando che secondo la Corte di Cassazione rientra nella discrezionalità dell’Ufficio la scelta del tipo di accertamento di cui avvalersi e pertanto il giudice di primo grado ha errato nell’applicazione di tale norma e quindi l’appello deve essere accolto, mentre il giudice di primo grado ha proceduto ad un esame nel merito dell’accertamento tenendo in considerazione le eccezioni del ricorrente considerando che i prelievi non si fondano sul principio sostenuto dall’Ufficio è sempre e solo un movimento in c/utili…e il limite massimo non può che essere rappresentato dagli utili realizzati infatti l’apporto e i prelevamenti del titolare sono movimentazioni che impattano sul patrimonio netto della ditta individuale, caso in esame, senza alcun effetto sulla fiscalità dell’impresa ad eccezione della deducibilità degli interessi di fronte ad un patrimonio netto negativo per eccedenza di prelevamenti pertanto tali operazioni non transitando per il conto economico non costituiscono “manovre” per ridurre il reddito tassabilità e la tecnica di registrazione di tali movimenti evidenziano la tracciabilità delle stesse operazioni in considerazione che i prelievi e i versamenti oltre la soglia vengono segnalati immediatamente;

l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi di impugnazione mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

con il primo motivo d’impugnazione l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 4, per essere la motivazione meramente apparente;

con il secondo motivo d’impugnazione, l’Agenzia delle entrate denuncia “errori logico giuridici della CTR”, in particolare laddove questa afferma che la CTP avrebbe deciso il giudizio sulla base di specifiche valutazioni dei fatti rilevanti di causa e che le operazioni esaminate dall’Ufficio accertatore non avrebbero alcun effetto sulla fiscalità dell’impresa.

Il primo motivo di impugnazione è fondato.

Secondo questa Corte infatti:

in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. n. 22598 del 2018);

in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dall’art. 111 Cost., sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. n. 3819 del 2020);

il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 27899 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017; Cass. SU n. 8053 del 2014);

in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. n. 27899 del 2020; Cass. n. 22598 del 2018).

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale – affermando che secondo la Corte di Cassazione rientra nella discrezionalità dell’Ufficio la scelta del tipo di accertamento di cui avvalersi e pertanto il giudice di primo grado ha errato nell’applicazione di tale norma e quindi l’appello deve essere accolto, mentre il giudice di primo grado ha proceduto ad un esame nel merito dell’accertamento tenendo in considerazione le eccezioni del ricorrente considerando che i prelievi non si fondano sul principio sostenuto dall’Ufficio è sempre e solo un movimento in c/utili…e il limite massimo non può che essere rappresentato dagli utili realizzati infatti l’apporto e i prelevamenti del titolare sono movimentazioni che impattano sul patrimonio netto della ditta individuale, caso in esame, senza alcun effetto sulla fiscalità dell’impresa ad eccezione della deducibilità degli interessi di fronte ad un patrimonio netto negativo per eccedenza di prelevamenti pertanto tali operazioni non transitando per il conto economico non costituiscono “manovre” per ridurre il reddito tassabilità e la tecnica di registrazione di tali movimenti evidenziano la tracciabilità delle stesse operazioni in considerazione che i prelievi e i versamenti oltre la soglia vengono segnalati immediatamente – ha fornito una motivazione circa il merito della lite oscura, irragionevole, contraddittoria e incomprensibile, che non permette di comprendere la ratio decidendi e si colloca al di sotto del minimo costituzionale di motivazione di cui all’art. 111 Cost.. La sentenza impugnata infatti, fra le tante contraddizioni e oscurità della stessa, afferma in motivazione che l’appello deve essere accolto per poi rigettarlo nel dispositivo, il tutto aggravato da una assai sommaria e nebulosa descrizione della fattispecie concreta e da una forma italiana farraginosa e spesso errata che contribuisce notevolmente a rendere incomprensibile la motivazione.

Il secondo motivo di impugnazione è assorbito dall’accoglimento del primo motivo.

Ritenuto pertanto fondato il primo motivo di impugnazione e assorbito il secondo, il ricorso va accolto e la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione, anche per statuire in merito alle spese del presente procedimento.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di impugnazione assorbito il secondo, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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