LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10152-2020 proposto da:
M.D., S.L., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO, 85, presso lo studio dell’avvocato CRISTIANA ANDERLUCCI, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
F.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO GIORGIANNI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 658/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 19/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA GRAZIOSI.
RILEVATO
che:
Con atto di citazione notificato il ***** Fe.Gi. conveniva davanti al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto M.D. e S.L. per ottenere il risarcimento dei danni da allagamento che avrebbe subito un immobile da lui detenuto in comodato. I convenuti si costituivano, resistendo.
Il Tribunale rigettava la domanda con sentenza del 10 febbraio 2016. Fe.Gi. proponeva appello, cui resisteva controparte.
La Corte d’appello di Messina, con sentenza del 19 settembre 2019, condannava M.D. e S.L. a risarcire l’appellante nella misura di Euro 1989,56 oltre interessi.
M.D. e S.L. hanno proposto ricorso – illustrato anche con memoria -, da cui Fe.Gi. si difende con controricorso.
CONSIDERATO
che:
Il ricorso si articola in due motivi.
1.1 Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erronea applicazione di norme sull’assunzione dei mezzi di prova ed erronea valutazione delle risultanze documentali e processuali, motivazione contraddittoria ed illogica.
In primo luogo, si sostiene che la corte territoriale “si è espressa in maniera contraddittoria ed illogica” quanto all’ammissione di consulenza tecnica d’ufficio, escludendola per assenza di accertamento tecnico preventivo o almeno di perizia giurata; nonostante ciò, avrebbe poi fondato la decisione sulla perizia giurata di parte depositata dal Fe..
In secondo luogo, si lamenta erronea interpretazione delle prove testimoniali: la perizia del Fe. non potrebbe esserne riscontro; il giudice d’appello valuterebbe la testimonianza dell’autore di tale perizia, un certo R., e non terrebbe conto invece dei testimoni portati dagli attuali ricorrenti. Seguono osservazioni quanto al contenuto di alcuni passi delle dichiarazioni testimoniali.
Ancora, si denuncia motivazione illogica e contraddittoria a proposito delle cause dell’allagamento, che potevano essere state molteplici, e ciò in raffronto alle prove testimoniali.
Infine si adduce la violazione dell’art. 2697 c.c., sull’onere della prova: non sussisterebbe prova di “responsabilità dei convenuti nella causazione del danno”, anzi “in diversi passaggi” la corte territoriale “tenta” di invertire l’onere probatorio.
1.2 Questo motivo non ha fondamento, in quanto è corretta la motivazione del giudice d’appello, da cui la censura invece estrapola artificiosamente alcuni passi o comunque nei cui confronti il motivo muove avverso il suo contenuto fattuale critiche parimenti fattuali in modo diretto.
Tra l’altro, non si può omettere di notare che la consulenza tecnica d’ufficio che il giudice d’appello ha ritenuto di non disporre era stata chiesta dal Fe., e non dai ricorrenti, ragion per cui il motivo risulta in parte inammissibile e in parte infondato.
2.1 Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in ordine alla decisione equitativa del danno.
2.2 Questa censura e’, ictu oculi, considerata l’accurata pronuncia oggetto d’impugnazione, del tutto priva di consistenza, ritornando anche, in realtà, a veicolare dirette censure fattuali; peraltro, non si può non osservare – in relazione alla critica ad essa mossa – che dalla decisione equitativa non emerge invece violazione o falsa applicazione di alcuna norma.
3. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna – in solido per il comune interesse processuale -dei ricorrenti alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna solidalmente i ricorrenti a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 1700, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022