Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.565 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8664/2019 R.G. proposto da:

P. e Figli S.a.s. di M.P. & C., rappresentata e difesa dall’Avv. Donato Saracino;

– ricorrente –

contro

M.C. e M.P.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 898/2018, depositata il 18 settembre 2018.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16 novembre 2021 dal Consigliere Emilio Iannello.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 2543/2014 del 23 giugno 2014 il Tribunale di Lecce, definitivamente pronunciando, nella contumacia della convenuta, sulla domanda proposta, con atto di citazione del *****, da Z.D. nei confronti della ditta P. & figli S.a.s. di M.P. & C., volta al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di sinistro verificatosi in *****, il giorno *****, nel piazzale antistante il bar di proprietà della società, la accoglieva e, per l’effetto, condannava la convenuta al pagamento delle spese di c.t.u. nonché, in favore di M.C. e M.P., quali eredi di Z.D., della somma di Euro 46.629,00, oltre interessi e spese di lite.

2. Con sentenza n. 898/2018, depositata il 18 settembre 2018, la Corte d’appello di Lecce, in accoglimento dell’appello interposto dalla società, cui resistevano gli appellati, ha dichiarato la nullità della notificazione della citazione introduttiva del giudizio di primo grado e, conseguentemente, della sentenza, disponendo ai sensi dell’art. 354 c.p.c., la rimessione della causa al primo giudice e compensando per intero le spese del grado, nella ritenuta sussistenza di “giuste ragioni”.

2. Avverso tale decisione la società P. & figli S.a.s. di Maurizio P. & C. propone ricorso per cassazione con unico mezzo.

Gli intimati non svolgono difese in questa sede.

3. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

La ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, e dell’dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, in relazione alla disposta compensazione delle spese processuali.

2. La censura è fondata.

2.1. Premesso che il giudizio venne instaurato con atto di citazione notificato in data *****, opera, nel caso in esame, in materia di spese processuali, la modifica introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, che – per i giudizi instaurati successivamente alla sua entrata in vigore – ha modificato nuovamente dell’art. 92 c.p.c., il comma 2, dopo la novella di cui alla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), già applicabile ai procedimenti instaurati successivamente al 1 marzo 2006 (della medesima L., art. 2, comma 4, come modificato dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39-quater, conv. con mod. nella L. 23 febbraio 2006, n. 51).

La nuova disposizione, che regola la fattispecie in esame ratione temporis, ha previsto che “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese fra le parti”.

2.2. Mette conto per completezza rammentare che alla norma è stata apportata successivamente una nuova modifica – di tenore ulteriormente restrittivo – dal D.L. 1 settembre 2014, n. 132, art. 13, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, applicabile ai procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione (e dunque non al presente), nel senso che la compensazione è limitata alle ipotesi di soccombenza reciproca “ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”.

Tale norma, come noto, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 77 del 19 aprile 2018 nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni” (in tal modo segnando un tendenziale ripristino della previgente disciplina, limitato tuttavia dalla considerazione che le altre gravi ed eccezionali ragioni valorizzate ai fini della compensazione delle spese dovranno essere “analoghe” – ossia di pari, o maggiore, gravità ed eccezionalità – a quelle testualmente previste della “assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”) 2.3. Nei giudizi instaurati anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, la compensazione delle spese poteva essere disposta, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, per “giusti motivi esplicitamente indicati dal giudice nella motivazione della sentenza” (v. in argomento Cass. n. 11284 del 2015), mentre il testo della norma applicabile ratione temporis alla fattispecie – ossia, come detto, la versione introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, – è più rigoroso e consente, come pure s’e’ già detto, la compensazione solo in presenza di soccombenza o nel concorso di “altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”.

2.4. La locuzione “gravi ed eccezionali ragioni” è stata ricondotta -nell’interpretazione offerta dalle Sezioni Unite di questa Corte -nell’alveo delle c.d. “norme elastiche”, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche (Cass. Sez. U. 22/02/2012, n. 2572).

Ne consegue la necessità di una giustificazione che, per essere ricondotta al parametro normativo, deve essere fondata su di una motivazione specifica ed eziologicamente ricollegabile in modo effettivo e non astratto alla controversia in oggetto. In altri termini, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con una formula generica, inidonea a consentire il necessario controllo (v., tra tante, Cass. 05/07/2017, n. 16473; 14/07/2016, n. 14411).

2.5. Nel caso di specie la formula adottata dai giudici a quibus per motivare la disposta compensazione (“ricorrono giuste ragioni”) è del tutto generica e non consente di effettuare il necessario controllo sulla congruità delle ragioni poste dal giudice a fondamento della decisione (v. Cass. 04/10/2018, n. 24203; 25/09/2017, n. 22310; 14/07/2016, n. 14411; 31/05/2016, n. 11217).

3. La sentenza impugnata va pertanto, sul punto, cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può tuttavia essere decisa nel merito in questa sede, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con la compensazione delle spese del giudizio di appello.

Ciò in quanto, come si ricava chiaramente dalla sentenza impugnata, le circostanze che hanno determinato la nullità della notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado sono interamente ed esclusivamente ascrivibili ad omissioni dell’agente postale incaricato della notifica a mezzo posta e non evidenziano alcuna responsabilità ascrivibile alla parte attrice.

Come evidenziato in sentenza, infatti, “dall’esame degli atti emerge come l’atto di citazione – risultata infruttuosa la notifica presso la sede sociale, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1 – è stato, dall’ufficiale giudiziario, notificato al legale rappresentante pro-tempore, a mezzo del servizio postale, con raccomandata n. *****, il *****; e che il relativo avviso di ricevimento n. *****, è stato restituito al mittente, il successivo *****, assieme al piego che, risultato vano il tentativo di consegna, per ragioni non evidenziate né comunque desumibili dalla relata, risulta essere stato depositato presso l’Ufficio Postale di *****, senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro e, pertanto, risulta essere stato datato, sottoscritto e restituito con l’indicazione “non ritirato entro 10 giorni”.

“Sennonché, nell’avviso di ricevimento non risulta formulata alcuna indicazione da cui desumere le ragioni della mancata consegna, per cui non risulta che sia stata data notizia della tentata notifica al destinatario”.

Tale situazione, se non esclude il presupposto della soccombenza della parte appellata (citata in appello proprio per far valere la nullità del processo e della sentenza di primo grado: accertamento in sé estraneo alla sua sfera di disponibilità), merita tuttavia di essere ricondotta al novero della “gravi ed eccezionali ragioni” che, ai sensi del citato art. 92 c.p.c., comma 2, giustificano l’integrale compensazione delle spese del giudizio di appello.

4. Mette conto solo precisare che, sebbene in tal modo si pervenga allo stesso esito decisorio della sentenza impugnata, si è al di fuori dell’ipotesi di cui all’art. 384 c.p.c., comma 4, a mente del quale – come noto – “Non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la Corte si limita a correggere la motivazione”.

La sentenza impugnata esibisce, infatti, una motivazione errata non solo in diritto ma anche in fatto, in relazione ad una valutazione tipicamente di merito, qual è quella necessariamente richiesta per dare concretezza alla clausola generale che identifica il presupposto della compensazione delle spese.

Tale valutazione può essere qui compiuta da questa Corte -nell’esercizio del potere sostitutivo di decisione nel merito ad essa conferito, come detto, dall’art. 384 c.p.c., comma 2, e non invece di quello meramente correttivo in punto di diritto previsto dal comma 4, – in quanto non implicante la necessità di nuovi accertamenti ma piuttosto richiedente una mera valutazione di merito di fatti già esaustivamente accertati (cfr., per la definizione del merito a valle di annullamento per falsa applicazione di concetti giuridici indeterminati: sul nesso di causalità, Cass. 19/10/1995, n. 10869; sulla “non prevedibilità” o “abnormità”, Cass. 10/07/1996, n. 6282; sulla “temerarietà della lite” quale limite all’esonero dal pagamento elle spese di lite ex art. 152 disp. att. c.p.c., Cass. 25/07/1996, n. 6693 e n. 6697; sulla “specificità” dei motivi di diniego della rinnovazione alla prima scadenza L. eq. can., ex art. 29, Cass. 06/11/1996, n. 9646, e Cass. 02/12/1996, n. 10709; sulla “buona fede” esimente dell’illecito amministrativo L. n. 689 del 1981, ex art. 3, comma 1, Cass. 06/12/1996, n. 10893; sull’atto emulativo, Cass. 20/10/1997, n. 10250; sulla “giusta causa di licenziamento”, Cass. 18/01/1999, n. 434).

5. Le considerazioni sopra svolte con riferimento alla non imputabilità delle ragioni che hanno determinato la nullità della notifica della citazione introduttiva del giudizio di primo grado, da un lato, e, dall’altro, l’esito della decisione di merito in ordine alla sussistenza di “gravi ed eccezionali ragioni” per compensare le spese del giudizio di appello, giustificano ampiamente l’integrale compensazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; decidendo nel merito compensa le spese del giudizio di appello. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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