LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2354/2021 R.G. proposto da:
Avv. A.S., rappresentato e difeso dall’Avv. Emilio Mascheroni;
– ricorrente –
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano ope legis in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
per il regolamento di competenza avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania, n. 2288/2020, depositata il 22 dicembre 2020.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16 novembre 2021 dal Consigliere Emilio Iannello.
RILEVATO
che:
la Corte d’appello di Catania – pronunciando in secondo grado nel giudizio di opposizione a d.i. per il pagamento della somma di Euro 35.000 emesso in danno del Ministero dello Sviluppo Economico (opponente/appellante) e in favore di A.S. (opposto/appellato), a titolo di compensi per l’attività da questo svolta quale componente del “Comitato di esperti” istituito con decreto in data 30 marzo 2009 per la valutazione delle proposte progettuali presentate nell’ambito del bando “Nuove Tecnologie Made in Italy” – ha dichiarato, in accoglimento dell’appello proposto dal Ministero ed in riforma della sentenza di primo grado (che aveva rigettato l’opposizione), l’incompetenza del Tribunale di Catania in favore del Tribunale di Roma, conseguentemente revocando il decreto ingiuntivo e condannando l’opposto al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio di opposizione;
in motivazione ha osservato che:
– l’art. 637 c.p.c., comma 3 (che prevede che “gli avvocati (…) possono altresì proporre domanda d’Ingiunzione contro i propri clienti al giudice competente per valore del luogo ove ha sede il consiglio dell’ordine al cui albo sono iscritti” e in virtù del quale il tribunale aveva ritenuto la propria competenza, disattendendo l’eccezione sul punto svolta dall’opponente) può essere applicato solo nel caso in cui la domanda monitoria abbia ad oggetto l’onorario per prestazioni professionali rese dall’avvocato in favore del proprio cliente, e dunque nell’ambito di un’attività prettamente difensiva, di natura giudiziale ovvero stragiudiziale;
– nel caso di specie, invece, si esula del tutto dall’ambito della norma citata, atteso che oggetto dell’attività che l’ A. era chiamato a svolgere non era affatto l’adempimento di un mandato difensivo, né il titolo dell’ A., e la sua iscrizione al Consiglio dell’Ordine degli avvocati, costituivano presupposto indispensabile (ovvero preferenziale) per la nomina e lo svolgimento dell’incarico, formalmente affidato a soggetti esperti in campo tecnologico ovvero economico – finanziario, sol che si consideri che dei diciotto membri nominati, solo quattro rivestivano la qualifica di avvocati o professori in discipline giuridiche;
– era pacifica tra le parti l’incompetenza del Tribunale di Catania anche in base agli alternativi forum contractus e forum destinatae solutionis, in base ad entrambi foro competente essendo il Tribunale di Roma, ove l’obbligazione era sorta e doveva essere eseguita, avendo sede in Roma l’ufficio di tesoreria del Ministero, e derogando le norme in tema di contabilità dello Stato al principio di cui all’art. 1182 c.c.;
avverso tale sentenza A.S. propone ricorso per regolamento di competenza affidato a un unico motivo, cui resiste, con memoria il Ministero dello Sviluppo Economico;
dovendo il procedimento trattarsi ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;
il P.M. ha concluso per il rigetto della proposta istanza di regolamento;
il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-ter, comma 2, c.p.c..
CONSIDERATO
che:
a sostegno della proposta istanza di regolamento il ricorrente deduce che, diversamente da quanto opinato dal giudice a quo, l’attività svolta dall’avv. A. in seno al predetto “comitato di esperti” rientrava nell’ambito della previsione della citata norma sulla competenza, essendo la sua partecipazione richiesta e giustificata in ragione della specifica professionalità in campo giuridico; sarebbe dunque del tutto illogica e contraddittoria la pronunzia del giudice di appello ove afferma – pur dando atto della presenza, tra i componenti del Comitato, di 4 avvocati e professori in discipline giuridiche – che il titolo di avvocato non avrebbe comunque costituito presupposto indispensabile per la nomina e lo svolgimento dell’incarico attesa la “bassa percentuale” di giuristi e avvocati rispetto al numero complessivo di componenti del Comitato;
e’ opportuno preliminarmente rilevare che è ammissibile l’impugnazione con il regolamento di competenza della sentenza che, come nella specie, in sede di opposizione, abbia pronunciato la nullità del decreto ingiuntivo opposto esclusivamente per incompetenza del giudice che lo ha emesso, trattandosi non già di una decisione sul merito ma di una statuizione sulla competenza, rispetto alla quale la dichiarazione di nullità rappresenta un effetto obbligato (Cass. 21/12/2018, n. 33150; 24/10/2016, n. 21422; Cass. 17/07/2006, n. 16193);
nel merito il ricorso è infondato;
come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la competenza (per valore) del giudice del luogo in cui ha sede il consiglio dell’ordine al quale l’avvocato è iscritto, ai sensi dell’art. 637 c.p.c., comma 3, trova applicazione solo relativamente alla domanda d’ingiunzione proposta per il credito all’onorario che l’avvocato vanti in conseguenza delle prestazioni professionali direttamente rese al soggetto che, nella qualità di “cliente”, abbia rappresentato e difeso in giudizio (v. Cass. 19/03/2019, n. 7674);
il collegamento del credito monitoriamente azionato con l’attività professionale prestata nell’ambito di un rapporto di patrocinio costituisce la ratio della previsione che ne ha peraltro giustificato il superamento del sospetto di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., all’esito del vaglio compiuto dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 137 del 1975 e n. 50 del 2010;
tali pronunce hanno infatti evidenziato che la ratio della disposizione va ravvisata nella finalità di agevolare l’avvocato, per consentirgli di concentrare le cause, nei confronti dei clienti, nel luogo in cui ha stabilito l’organizzazione della propria attività professionale, cioè la sede principale dei propri affari ed interessi;
e’ in particolare in relazione al concetto di “domicilio professionale” – che la L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 17, comma 1, lett. c), (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense) prescrive debba essere stabilito nel circondario del tribunale ove ha sede il consiglio dell’ordine (e in precedenza il R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 17, comma 1, n. 7, come modificato dalla L. 3 febbraio 2003, n. 14, art. 18, comma 2, prescriveva analogamente dovesse essere stabilito nella circoscrizione del tribunale nel cui albo l’iscrizione è domandata) – che si giustifica lo scopo perseguito dalla norma processuale “di agevolare il professionista, che sarebbe invece costretto a seguire le cause relative al recupero dei crediti professionali in luogo diverso (o addirittura in luoghi diversi) da quello in cui egli avesse attualmente stabilito l’organizzazione della propria attività professionale”;
ne discende che solo per i crediti legati alle attività dell’avvocato svolte sul presupposto di tale iscrizione si giustifica la facoltà per lo stesso di avvalersi di tale foro alternativo;
nel caso di specie, come correttamente rilevato dal P.M. nelle sue conclusioni, il rapporto contrattuale tra il professionista e l’amministrazione si pone al di fuori dell’ambito di un’attività tipicamente professionale nel senso sopra detto e non ha ad oggetto la quantificazione di un “onorario” per prestazioni professionali rese dall’avvocato in favore del proprio cliente: il Ministero dello Sviluppo Economico non può definirsi un “cliente” che ha rilasciato all’Avv. A. un mandato difensivo che presuppone l’iscrizione del professionista all’albo tenuto presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, quanto piuttosto un ente che ha formalmente affidato ad un gruppo di esperti in campo tecnologico, economico-finanziario, giuristi e non, l’incarico di valutare le proposte progettuali presentate nell’ambito del bando nazionale del MISE “Nuove Tecnologie Made in Italy”;
l’attività resa dall’avvocato in altri contesti che non richiedano l’iscrizione all’albo, pur rimanendo attività professionale, è estranea alla ratio della previsione e non ne può pertanto comportare l’applicazione;
risultano per tal motivo inconferenti i precedenti giurisprudenziali che, a supporto dell’ampia accezione del concetto di “esercizio della professione”, sono richiamati dall’istante nel proprio ricorso e nella memoria;
il ricorso deve essere pertanto rigettato;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 sulla base del detto D.M., art. 5, comma 5, secondo cui “Qualora il valore effettivo della controversia non risulti determinabile mediante l’applicazione dei criteri sopra enunciati, la stessa si considererà di valore indeterminabile”;
invero, essendo il processo sul regolamento di competenza un processo su una questione, quella di competenza o di sospensione, e che, dunque, non riguarda la controversia nella sua interezza, non appare giustificato fare riferimento al valore di essa secondo i criteri indicati dallo stesso art. 5, comma 1, e, pertanto, l’ipotesi del giudizio di regolamento di competenza si presta ad essere ricondotta allo stesso art. 5, suddetto comma 5 (v. in tal senso, ex aliis Cass. 14/01/2020, n. 504; 23/10/2015, n. 21672; 25/02/2015, n. 3881; 29/01/2015, n. 1706);
va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.
P.Q.M.
rigetta il proposto regolamento e dichiara la competenza del Tribunale di Roma. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero resistente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.200 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022