Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.570 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21310-2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO;

– ricorrenti –

contro

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALDINIEVOLE, 11, presso lo studio dell’avvocato ESTER FERRARI MORANDI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1832/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/03/2016 R.G.N. 4975/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/11/2021 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE.

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Tivoli, ha accolto l’appello di M.A., diretto all’accoglimento della domanda di accertamento negativo della sussistenza di un debito pari a Euro 2.785,38 nei confronti dell’Inps in relazione all’indebito asseritamente determinatosi in relazione all’erogazione dell’assegno sociale per l’anno 2008;

la Corte territoriale, richiamandosi al principio di clare loqui, ha stabilito che, la sentenza del Tribunale, pur corretta nella assegnazione dell’onere probatorio dell’indebito a carico della ricorrente, aveva erroneamente ritenuto che tale onere potesse essere esteso ad ogni fatto costitutivo del diritto, ancorché irrilevante in causa, quando controparte non avesse messo in condizione l’onerata di comprendere su quale atto o fatto si fondava la richiesta di ripetizione;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps sulla base di un unico motivo; M.A. ha depositato controricorso.

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Inps deduce “Violazione ed errata applicazione degli artt. 2033 e 2697 c.c.”;

sostiene di aver comunicato alla M. il ricalcolo dell’assegno sociale di cui la stessa era titolare dal 2007 con contestuale richiesta di restituzione delle somme indebitamente percepite, fornendo la prova già nel primo grado di giudizio, che la stessa dipendeva dal superamento del reddito del nucleo familiare della ricorrente; richiama la L. n. 335 del 1995, art. 3, che al comma 6, sancisce, in caso di superamento del limite reddituale, l’automatica riduzione della prestazione; deduce l’applicabilità al caso in esame del principio generale di cui all’art. 2033 c.c., in tema di ripetibilità dell’indebito sul presupposto che nel periodo oggetto di causa non si ritrovano norme che sanciscono l’irripetibilità dell’indebito e, pertanto, torna in vigore la regola generale della ripetibilità sancita dall’art. 2033 c.c.;

il motivo merita accoglimento;

la controversia, riferita alla corresponsione dell’assegno sociale, attiene alla disciplina dell’indebito assistenziale, per la quale questa Corte ritiene che valgano regole diverse rispetto all’indebito previdenziale, tant’e’ che in armonia con l’art. 38 Cost., ha escluso la ripetizione tutte le volte in cui si rileva una situazione idonea a generare affidamento del percettore e l’erogazione indebita non è a questi addebitabile;

la restituzione deve quindi considerarsi ammessa, salvo che il percipiente non versi in dolo, situazione configurabile, ad esempio, allorquando l’incremento reddituale sia talmente significativo da rendere inequivocabile il venire meno dei presupposti del beneficio (Cass. n. 28771 del 2018), ma non invece in base alla mera omissione di comunicazione di dati reddituali che l’istituto previdenziale già conosce o ha l’onere di conoscere (Cass. n. 13223 del 2020);

una volta riconosciute le peculiarità della disciplina dell’indebito assistenziale rispetto a quello previdenziale, deve rilevarsi che la sentenza d’Appello, come si rileva agevolmente dalla lettura del provvedimento, richiama erroneamente una sentenza di legittimità riferita alla materia dell’indebito previdenziale, che soggiace a criteri e regole diverse (cfr. per tutte, da ultimo, Cass. n. 18820 del 2021);

accertato l’obbligo di restituzione, esso va adempiuto a far data dal provvedimento che ha disposto il venir meno dei presupposti di legge, atteso che la disciplina della ripetibilità o meno dell’indebito assistenziale non può che essere quella vigente all’epoca di erogazione del beneficio;

la materia è stata oggetto di varie disposizioni succedutesi nel tempo, le quali hanno stabilito regimi diversi di ripetibilità a seconda della ragione (mancanza del requisito sanitario o superamento del requisito reddituale) che ha dato luogo all’indebito assistenziale;

quanto al requisito reddituale, il D.L. n. 269 del 2003, conv. in L. n. 326 del 2003, dispose che le somme indebitamente percepite a tale causa sarebbero state esenti dall’obbligo di ripetizione: il regime di irripetibilità delle prestazioni assistenziali indebitamente godute, di natura eccezionale, riguardava i soli ratei erogati anteriormente all’entrata in vigore del predetto decreto;

dal 2003 e per tutto il periodo successivo, nessuna norma speciale ha provveduto a sottrarre l’indebito assistenziale alla regola di cui all’art. 2033 c.c., in tema di generale ripetibilità delle somme indebitamente percepite;

resta, dunque, da verificare quale fosse la disciplina dell’indebito vigente all’epoca a cui si riferisce il provvedimento di accertamento del venir meno dei presupposti reddituali in capo all’odierno controricorrente;

l’Inps ha contestato ad M.A., titolare di assegno sociale dal maggio 2007, il superamento del reddito familiare relativo all’anno 2008;

ratione temporis, dunque, non sussistendo all’epoca una norma che ne sancisse l’irripetibilità, la pretesa restitutoria dell’INPS andava considerata legittima;

in definitiva, l’assestamento normativo e interpretativo fin qui raggiunto in tema d’indebito assistenziale rende del tutto inconferente la motivazione di rigetto della stessa resa dalla Corte d’appello in base a un generico quanto oscuro richiamo ad una supposta violazione del principio di clare loqui;

pertanto, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, la quale statuirà anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.

in considerazione dell’esito del giudizio, si dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, la quale statuirà anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, all’Adunanza Camerale, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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