Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.587 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2741-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO 1/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO ANNECCHINO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, *****;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7024/18/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 23/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE CATALDI.

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva accolto il ricorso di R.L. contro l’estratto di ruolo relativo a due cartelle, una in materia di Irpef ed Iva di cui all’anno d’imposta 2011, l’atra in materia di Irpef di cui all’anno d’imposta 2000.

Il contribuente si è costituito con controricorso.

E’ rimasta intimata l’Agenzia delle Entrate-riscossione.

Il contribuente ha depositato memoria adesiva alla proposta del relatore.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo l’Agenzia ricorrente contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21.

Assume infatti la ricorrente che il giudice a quo avrebbe errato nel non ritenere inammissibile il ricorso introduttivo, non essendo impugnabile l’estratto di ruolo, che non è atto impositivo. Ne’ comunque, secondo la ricorrente, l’impugnazione dell’estratto poteva essere giustificata dalla dedotta mancata notifica delle cartelle presupposte, poiché dalla documentazione depositata dall’Ufficio poteva evincersi chiaramente che le cartelle erano state notificate ritualmente ai sensi dell’art. 140 c.p.c. al contribuente.

Inoltre, la ricorrente aggiunge che il contribuente non avrebbe dato prova di aver tempestivamente proposto il ricorso introduttivo, come la CTP di Napoli ha rilevato, con sentenza passata in giudicato, in altro giudizio, relativamente ad un estratto di ruolo riferito ad una diversa cartella di pagamento, di cui all’anno d’imposta 2010.

Il motivo è infondato, nella parte in cui sostiene la non impugnabilità dell’estratto di ruolo, nel caso di specie.

Infatti questa Corte ha già chiarito che ” Il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, u.p., in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unita mente all’atto successivo notificato – impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione.” (Cass., Sez. U., Sentenza n. 19704 del 02/10/2015).

Inoltre è stato ribadito che ” L’estratto di ruolo è atto interno all’Amministrazione da impugnare unitamente all’atto impositivo, notificato di regola con la cartella di pagamento, perché solo da quel momento sorge l’interesse ad instaurare la lite ex art. 100 c.p.c., salvo il caso in cui il ruolo e la cartella non siano stati notificati: ipotesi in cui, non potendo essere compresso o ritardato l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale, è invece ammissibile, nel rispetto del termine generale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, l’autonoma impugnativa dell’estratto, non ostandovi il disposto del D.Lgs. n. 546 cit., art. 19, comma 3, che, secondo una lettura costituzionalmente orientata, impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisce l’unica possibilità di far valere la mancanza di una valida notifica dell’atto precedente del quale il contribuente sia comunque venuto a conoscenza.” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22507 del 09/09/2019).

Nella fattispecie sub iudice dallo stesso ricorso (cfr. in particolare pagg. 2 e 7), oltre che dalla sentenza impugnata e da quella di primo grado in essa in parte trascritta, risulta che, in conformità ai predetti principi, il contribuente ha impugnato non solo l’estratto di ruolo, ma anche le cartelle di pagamento presupposte, denunciano vizi propri di queste e della loro notifica, sulla quale ultima infatti si sono pronunciate entrambe le sentenze di merito.

Premessa quindi l’infondatezza della censura relativa all’ammissibilità dell’oggetto del ricorso introduttivo, deve rilevarsi l’inammissibilità del motivo nella parte in cui assume che la notifica delle cartelle di pagamento presupposte sia ritualmente avvenuta.

Invero tale censura non attinge puntualmente la ratio decidendi esposta nella motivazione della sentenza impugnata, nella quale la documentazione prodotta dall’Agenzia per fornire la prova delle notifiche degli atti presupposti è stata ritenuta, in punto di fatto, non idonea a tale scopo, per il contenuto delle “ricevute depositate dall’Ufficio”, sotto il profilo della riconducibilità al procedimento di notifica delle cartelle in questione, e per la leggibilità solo parziale di uno dei documenti.

Il motivo di ricorso, limitandosi a ribadire che dalla documentazione depositata e richiamata si evincerebbe il rituale perfezionamento delle notifiche delle cartelle presupposte, non si misura puntualmente con i predetti deficit di riferibilità del contenuto dei documenti alle notifiche degli atti in questione e di leggibilità della copia di un documento, che (fondati o meno che siano) la CTR ha puntualmente evidenziato.

Inoltre, in parte qua il motivo è inammissibile anche perché attinge una valutazione della CTR, in ordine all’inidoneità concreta del materiale istruttorio che dovrebbe dimostrare le notifiche delle cartelle, di natura non giuridica, ma puramente fattuale, e quindi censurabile al più con il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e nei limiti nei quali è proponibile quest’ultimo, nel caso di specie comunque non introdotto.

Invero, “E’ inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito.” (Cass. Sez. U -, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019).

Infine, è inammissibile, per la sua genericità, la parte del motivo nella quale la ricorrente assume che “il ricorrente non ha dimostrato di aver tempestivamente proposto il ricorso.”.

Infatti si tratta di censura del tutto astratta, priva del riferimento al caso concreto, sotto il profilo del contenuto dell’estratto di ruolo impugnato e del ricorso introduttivo e della data di proposizione di quest’ultimo. Ne’ tali elementi possono trarsi dal mero richiamo ad altra decisione resa in rito dalla CTP di Napoli in altro giudizio, avente ad oggetto altra fattispecie processuale ed altri atti e documenti e quindi non sovrapponibile, ai fini di un ipotetico giudicato, a quella sub iudice.

Nella sostanza, quindi, all’affermazione astratta della necessità che anche l’impugnazione avverso l’estratto di ruolo sia proposta tempestivamente, la censura non fa seguire il riferimento concreto agli atti del procedimento sub iudice, non assolvendo pertanto a quegli obblighi di specificità ed autosufficienza che sussistono anche quando si censuri la violazione o falsa applicazione di norme processuali, in ordine agli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività di queste ultime (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9888 del 13/05/2016; Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 17399 del 13/07/2017). Infatti anche l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche puntualmente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, dovendo tale specificazione essere contenuta, a pena d’inammissibilità, nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021; cfr. altresì, per l’applicazione del principio di autosufficienza alla denuncia degli errori in procedendo, Cass. Sez. U -, Sentenza n. 20181 del 25/07/2019, secondo cui è necessario che la parte ricorrente indichi, tra l’altro, gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame).

Inoltre, il ricorso è in parte qua inammissibile anche perché dallo stesso non risulta se e quando sia stata formulata, nel merito, la relativa eccezione. Infatti “In tema di processo tributario, sebbene l’inammissibilità del ricorso introduttivo sia rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, tuttavia la relativa eccezione non può essere sollevata per la prima volta in Cassazione, allorché il suo esame implichi un accertamento in fatto (nella specie, l’esame di documenti riguardanti la notifica dell’atto impositivo in relazione alla data d’inoltro del ricorso), come tale rimesso al giudice di merito.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 17363 del 19/08/2020).

2. Le spese seguono la soccombenza.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricors9Ie condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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