Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.588 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3353-2020 proposto da:

TESSITURE PASTA RIUNITE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI AVIGNONESI, 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA ABBAMONTE, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE ***** di NAPOLI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5693/10/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata l’01/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE CATALDI.

RILEVATO

che:

1.Tessiture Pasta Riunite s.r.l. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza di cui in epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva accolto il ricorso della medesima contribuente contro la cartella di pagamento emessa nei suoi confronti, per l’anno d’imposta 2013, in materia di Iva, all’esito di controllo automatizzato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

La ricorrente ha prodotto memoria adesiva alla proposta del relatore.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 115 c.p.c., per l’omessa valutazione delle prove che essa aveva prodotto nel giudizio di merito.

Nella sostanza la ricorrente lamenta che aveva prodotto sin dal primo grado documenti (atti doganali e copie degli assegni circolari dei relativi versamenti, oltre al Modello Unico Z014 ed alla dichiarazione integrativa 2014, documenti tutti analiticamente indicati nel ricorso per autosufficienza) e che la sentenza di primo grado (come trascritta in parte nello stesso controricorso) aveva argomentato l’accoglimento del ricorso introduttivo anche “tenuto conto dei versamenti eseguiti e documentati”. Tuttavia, la CTR aveva accolto l’appello erariale limitandosi ad affermare, nella motivazione (“illogica, erronea ed illegittima”, per la ricorrente), che “il contribuente non ha fornito alcuna documentazione idonea a superare l’assunto della Agenzia delle Entrate ed ad escludere la fondatezza della pretesa tributaria.” e quindi omettendo di esplicitare ogni effettiva disamina delle prove documentali.

Rileva il Collegio che, nella sostanza, il motivo attinge (più che un ipotetico errore di percezione della CTR o la valutazione nel merito, da parte di quest’ultima, del materiale istruttorio) la sussistenza stessa di una motivazione effettiva della sentenza impugnata, in ordine al giudizio di fatto relativo alla documentazione prodotta dalla contribuente e già valutata dalla CTP.

Invero, se non viene negata esplicitamente tout court l’avvenuta produzione di documentazione, tuttavia essa viene (quanto meno) accomunata in una complessiva ed apodittica valutazione di inidoneità “a superare l’assunto dell’Agenzia”, dalla quale non è dato comprendere cosa e come sia stato valutato.

Al riguardo va ricordato che, come questa Corte ha già affermato, “Ricorre il vizio di omessa motivazione, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito apoditticamente neghi che sia stata data la prova di un fatto ovvero che, al contrario, affermi che tale prova sia stata fornita, omettendo un qualsiasi riferimento sia al mezzo di prova che ha avuto a specifico oggetto la circostanza in questione, sia al relativo risultato. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di secondo grado che, in una controversia tributaria inerente all’accertamento dell’esatto ammontare della base imponibile Irpeg ed Ilor, a fronte di una precisa affermazione di segno contrario nella sentenza di primo grado ed in risposta ad uno specifico motivo d’appello, si era limitato ad affermare che la parte aveva prodotto tutta la documentazione relativa ai costi sostenuti, i quali avevano un’incidenza sul fatturato appena superiore al 1%, percentuale ritenuta sufficientemente congrua).” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 871 del 15/01/2009) Giova, poi, ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, il giudice non può, nella motivazione, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 1236 del 23/01/2006; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15964 del 29/07/2016; Cass., Sez. 5 -, Ordinanza n. 32980 del 20/12/2018).

Inoltre, “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; conforme, ex multis, Cass., sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).

In particolare, “La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente ed, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6" (Cass., Sez. 1 -, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020).

Pertanto, “In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito.” (Cass., Sez. L -, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020).

Nel caso di specie, in considerazione della produzione istruttoria della contribuente ed a fronte della precisa affermazione di segno contrario nella sentenza di primo grado, la generica ed astratta valutazione di “inidoneità” globale della documentazione non lascia trasparire quale sia, sul punto, il percorso argomentativo effettivo che ha condotto ad esprimere la decisione adottata.

La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio alla CTR.

2. Resta assorbito il secondo motivo, che denuncia la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6 e 19, e della sesta direttiva comunitaria, in tema di diritto alla detrazione dell’Iva.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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