Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.589 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3995-2020 proposto da:

MAURA RAPPRESENTANZE DI B.F. & C. SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUALTIERO SERAFINO 8, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO VITTUCCI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3514/2/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 12/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE CATALDI.

RILEVATO

che:

1. Maura Rappresentanze di B.F. & C. s.n.c. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale del Lazio ha “rigettato” (rectius, dichiarato inammissibile, come emerge univocamente dalla motivazione della sentenza impugnata) il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma, che aveva ritenuto inammissibile il ricorso della medesima contribuente contro l’atto di adesione relativo all’avviso d’accertamento emesso nei suoi confronti, per l’anno d’imposta 2010, in materia di Irpef, Iva ed Irap.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo la ricorrente contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’errore in rito che la CTR avrebbe commesso nel dichiarare inammissibile l’appello della stessa contribuente, in quanto tardivamente iscritto a ruolo.

Assume infatti la ricorrente che “Come è ben noto il termine per l’iscrizione a ruolo in Commissione tributaria decorre non dalla spedizione alla parte resistente bensì dalla effettiva data di ricezione del ricorso”.

Il motivo è inammissibile.

Infatti, la ricorrente non indica la data nella quale la notifica dell’appello si sarebbe perfezionata nei confronti dell’appellata Agenzia, né tale data è indicata nella stessa sentenza impugnata. Tanto meno la ricorrente indica le modalità specifiche con le quali la notifica è stata effettuata.

Al riguardo, va ricordato che, secondo questa Corte, “In tema di ricorso per cassazione, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla S.C. ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti. (Nella specie, il ricorrente lamentava l’erronea dichiarazione di inammissibilità dell’appello per tardiva notificazione della citazione senza l’indicazione in ricorso della data della notificazione dell’atto, nemmeno desumibile dalla sentenza impugnata).” (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23834 del 25/09/2019; conformi: Cass. Sez. L, Sentenza n. 11738 del 08/06/2016; Cass. ez. 5, Sentenza n. 19410 del 30/09/2015; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5036 del 28/03/2012).

Nel caso di specie, peraltro, deve rilevarsi che il motivo è ulteriormente inammissibile perché neppure attinge l’effettiva ratio decidendi della decisione impugnata.

Infatti, il solo fatto che la motivazione della sentenza impugnata non menzioni esplicitamente la data di perfezionamento della notifica dell’appello nei confronti della destinataria, ed indichi esclusivamente quella di spedizione, non comporta che la CTR abbia affermato, neppure implicitamente, che il dies a quo dell’iscrizione a ruolo dell’appello decorra da quest’ultima, e non evidenzia pertanto alcun contrasto necessario tra la decisione d’appello e Cass. Sez. U, Sentenza n. 13452 del 29/05/2017, secondo cui “Nel processo tributario, il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente (o dell’appellante), che si avvalga per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data della spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall’evento che la legge considera equipollente alla ricezione)”. Ciò è infatti reso evidente dalla circostanza che nella motivazione resa dalla CTR, indicata la data di spedizione della notifica come “15/12/17”, lo spirare del termine di trenta giorni per la tempestiva costituzione dell’appellante viene esplicitamente indicato con la data di lunedì “22/1/18”, logicamente conciliabile piuttosto con il computo dello stesso termine dalla data della ricezione dell’impugnazione (21/12/2017) dedotta dall’Agenzia nelle controdeduzioni erariali d’appello, riprodotte nel controricorso. Pertanto, nella ricostruzione evincibile dalla motivazione della sentenza impugnata, la tardività della costituzione (il “7/2/18” dell’appellante contribuente è dichiarata (o comunque è dichiarata anche) sul presupposto della decorrenza del relativo termine dal perfezionamento della notifica nei confronti della destinataria appellata, quindi in conformità allo stesso principio astratto invocato nel ricorso.

Tanto premesso, il motivo è altresì inammissibile nell’ulteriore contenuto, che censura le altre argomentazioni rese dalla CTR, nella sentenza impugnata, dichiaratamente ad abundantiam, dopo la rilevazione dell’inammissibilità dell’impugnazione in rito.

Infatti “E’ inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta “ad abundantiam”, e pertanto non costituente una “ratio decidendi” della medesima. Infatti, un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse.” (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 8755 del 10/04/2018, ex plurimis).

Pertanto, qualora il giudice che abbia ritenuto inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, così spogliandosi della “potestas iudicandi” sul relativo merito, proceda poi comunque all’esame di quest’ultimo, è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di impugnazione della sentenza da lui pronunciata che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta ad abundantiam (come esplicitamente dichiara la CTR nel caso qui sub iudice), su tale ultimo aspetto.” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 30393 del 19/12/2017).

Quindi, “Ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della “potestas iudicandi”, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità la quale costituisce la vera ragione della decisione. “(Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 11675 del 16/06/2020; conforme Cass. Sez. U -, Sentenza n. 2155 del 01/02/2021).

2. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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