Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.591 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. r.g. 15376-2020 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in Torino, alla via Cialdini n. 36, presso lo studio dell’Avvocato Alberto Borla, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale allegata in calce al ricorso (dichiara di voler ricevere comunicazioni all’indirizzo pec albertoborla.pec.ordineavvocatitorino.it).

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore.

– intimato –

avverso il decreto n. cronol. 1833/2020 del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 24/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del giorno 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO CAMPESE.

FATTI DI CAUSA

1. C.M. ricorre per cassazione, affidandosi a quattro motivi, avverso il decreto del Tribunale di Torino del 24 aprile 2020, n. 1833, reiettivo, – al pari di quanto già fatto dalla Commissione territoriale – della sua domanda di protezione internazionale o di riconoscimento di quella umanitaria. Il Ministero dell’Interno non si è costituito nei termini di legge, ma ha depositato un “atto di costituzione” al solo fine di prendere eventualmente parte alla udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

1.1. Per quanto qui ancora di interesse, quel tribunale ritenne: i) i fatti narrati dal richiedente (che aveva riferito di avere lasciato il proprio Paese per insorti conflitti familiari e per le forti incomprensioni con la matrigna) inattendibili ed inidonei ad integrare i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b); i:) insussistenti, nel Paese (Gambia) di provenienza del ricorrente, le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui all’appena menzionato D.Lgs., art. 14, lett. c); indimostrati, né dedotti, eventuali fatti o accadimenti giustificativi ai fini del riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I formulati motivi denunciano, rispettivamente:

I) “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9, 10 e comma 11, lett. A), B) e C), del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 (modificato dalla L. n. 46 del 2017), in relazione alla mancata fissazione dell’udienza di comparizione delle parti. Impugnazione della motivazione relativa all’audizione del richiedente (in via preliminare nella sentenza del Tribunale di Torino)”. Si contesta la mancata audizione del richiedente protezione pur essendo stata fatta espressa richiesta;

Il) “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – Insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa i fatti e/o le questioni controverse e decisive ai fini del giudizio (in relazione alla mancata concessione della protezione internazionale)”, censurandosi la ritenuta inattendibilità del racconto dell’odierno ricorrente;

III) “Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – Erronea valutazione delle prove e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 (in relazione alla concessione della protezione sussidiaria,)”, in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria;

IV) “Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – Erronea valutazione delle prove e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (in relazione alla concessione della protezione umanitaria)”, in relazione al mancato riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

2. L’odierno ricorso è inammissibile per evidente violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, non assolvendo, in modo idoneo, al raggiungimento dello scopo che detto requisito di contenuto-forma deve soddisfare.

2.1. Invero, la struttura del ricorso è totalmente priva di una qualsivoglia descrizione, seppure sintetica, riguardante la concreta vicenda processuale, i fatti giuridici costitutivi della domanda proposta innanzi al giudice di prime cure ed il contenuto della decisione adottata dal tribunale torinese, nulla spiegando, anche solo sommariamente, quanto alle ragioni di quest’ultima statuizione (certo non bastando le generiche argomentazioni riportate quali contenuto delle prospettate doglianze).

2.2. Tanto premesso, rileva il Collegio che l’esposizione sommaria dei fatti prescritta, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, essendo considerata dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso stesso, deve consistere in una esposizione che garantisca alla Suprema Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa decisione impugnata Cass., SU, n. 11653 del 2006; Cass. n. 5640 del 2018, Cass. n. 23015 del 2019; Cass. n. 24432 del 2020; Cass. n. 3172 del 2021; Cass. n. 7743 del 2021, nelle rispettive motivazioni). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato Cass., SU., n. 2602 del 2003).

2.2.1. Stante tale funzione, per soddisfare il suddetto requisito è necessario, come statuisce la prima delle decisioni evocate, che il ricorso per cassazione contenga, sebbene in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la decisione impugnata Cass. n. 7743 del 2021, in motivazione).

2.2.2. Orbene, la sopra ricordata struttura del ricorso non rispetta tali necessari contenuti, perché non indica i fatti storici che hanno occasionato la controversia, né individua le ragioni giuridiche sulla base delle quali la domanda dell’odierno ricorrente era stata introdotta in primo grado, né espone, pur sinteticamente, le argomentazioni giustificative della sentenza impugnata. L’esposizione del fatto e’, pertanto, del tutto carente (e, come tale, evidentemente inidonea al raggiungimento dello scopo suo proprio), donde la inammissibilità del ricorso, ricordandosi, peraltro, che, secondo la Corte EDU, il diritto di accedere al giudice di ultima istanza non è assoluto e, sulle condizioni di ricevibilità dei ricorsi, gli Stati hanno un sicuro margine di apprezzamento, potendo prevedere restrizioni a seconda del ruolo svolto dai vari organi giurisdizionali e dell’insieme delle regole che governano il processo (cfr. Corte EDU, 15/09/2016, Trevisanato c. Italia; Cass., SU. n. 30996 del 2017, 5 2.3).

3. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unOcato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 22 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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