LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. RG 28198-2020 proposto da:
ACQUE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 77, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA BARNESCHI, rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI BIMBI;
– ricorrente –
contro
D.D.;
– intimata –
per regolamento di competenza avverso l’ordinanza RG n. 107/2019 del TRIBUNALE di PISA, depositata il 16/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 12/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA GORGONI;
lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO, in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT. GIACALONE GIOVANNI, il quale chiede che la Suprema Corte, in camera di consiglio, accolga il ricorso e dichiari la competenza del Tribunale di Pisa emettendo le pronunzie conseguenti per legge.
RILEVATO
che:
La società Acque SPA, gestore del servizio idrico integrato dei comuni compresi nell'*****, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Pisa, D.D., quale titolare della ditta Il Delfino di D.D., per ottenerne la condanna al pagamento della somma di Euro 22.816,23 o di quella diversa accertata giudizialmente, oltre agli interessi D.Lgs. n. 231 del 2002, ex art. 5, relativa ad una lunga serie di fatture rimaste inevase riguardanti la fornitura dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione.
Costituitasi in giudizio, D.D., ai fini che qui interessano, sollevava il difetto di competenza del Tribunale di Pisa, ex art. 38 c.p.c., in quanto l’obbligazione sarebbe sorta all’interno della circoscrizione del Tribunale di Firenze e in quanto il Tribunale di Firenze costituirebbe il foro del consumatore.
Il Tribunale di Pisa, accogliendo l’eccezione, con ordinanza del 16 ottobre 2020, resa pubblica in pari data, si dichiarava incompetente, dichiarava competente il Tribunale di Firenze, quale foro del consumatore, rilevando che: i) ai sensi del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 66 bis, nelle controversie in cui una delle parti è un consumatore, la competenza inderogabile è quella del luogo di residenza o di domicilio del consumatore; ii) le norme sui rapporti di consumo si applicano, D.Lgs. n. 206 del 2005, ex art. 46, a qualsiasi contratto concluso tra un professionista ed un consumatore, compresi quelli di fornitura di acqua, gas, elettricità, anche da parte di fornitori pubblici, nella misura in cui detti prodotti sono forniti su base contrattuale; iii) il rapporto in esame dovesse essere ricondotto a tale categoria.
La società Acque SPA ricorre ex art. 42 c.p.c., avverso la suddetta ordinanza, formulando un unico motivo.
Il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto, Dott. Giacalone Giovanni, ha chiesto l’accoglimento del ricorso e la dichiarazione di competenza del Tribunale di Pisa.
CONSIDERATO
che:
1. La società Acque SPA deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto: Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 206 del 2005, artt. 46 e 66 bis. Violazione e falsa applicazione dell’art. 20 e 38 c.p.c. in relazione all’art. 1182 c.c., comma 3, e art. 46 c.c.”.
Secondo la società ricorrente, essendo stato il contratto di fornitura stipulato da D.D. in qualità di rappresentante legale della ditta Il delfino, svolgente attività di ristorazione nei locali presso cui erano stati erogati i servizi oggetto del contratto, essendo la fornitura concessa non per uso abitativo, bensì commerciale, come da richiesta della somministrata che, all’atto di stipulazione del contratto aveva definito l’attività come idroesigente, la somministrata non avrebbe potuto giovarsi del foro del consumatore.
A supporto della sua tesi, richiama la giurisprudenza di questa Corte – Cass. 15/05/2020, n. 9000; Cass. 26/07/2016, n. 15391 – secondo cui se il contraente sottoscrive un contratto nell’interesse o a nome della propria ditta individuale ed essa impresa svolge un’attività che non è incompatibile con l’oggetto del contratto, detto contratto deve ritenersi concluso per fini professionali, con la conseguenza che nelle relative controversie non trova applicazione il foro del consumatore.
La competenza del Tribunale di Pisa, secondo quanto prospettato dalla ricorrente, deriverebbe altresì dall’applicazione dell’art. 1182 c.c., in quanto luogo di esecuzione delle obbligazioni liquide o liquidabili con una semplice operazione aritmetica – la somma delle fatture inevase, nel caso di specie – in considerazione del fatto che tutti gli atti contrattuali indicavano come sede amministrativa della somministrante via ***** e che tutte le fatture azionate indicavano il suddetto indirizzo come quello cui inviare corrispondenza o reclami. Pertanto, la sede di *****, ai sensi dell’art. 46 c.p.c., avrebbe dovuto essere riconosciuta come una propria sede e quindi come luogo presso cui adempiere la prestazione, in quanto luogo in cui avevano svolgimento le attività amministrative e di direzione, deputato all’accentramento dei rapporti interni e con i terzi, degli organi e degli uffici e ciò indipendentemente dall’eventualità di poter adempiere all’obbligazione assunta con il contratto di somministrazione mediante bonifico bancario o pagamento di bollettino postale, trattandosi di modalità di pagamento che non determina lo spostamento del luogo di adempimento.
2. Va premesso che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore della L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e ter, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia all’originale notificatogli D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2.
Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio (Cass., Sez. Un., 24/09/2018,n. 22438).
3. L’odierno ricorso è stato notificato in via telematica, ma è privo dell’attestazione di conformità, né l’asseverazione risulta depositata all’adunanza in camera di consiglio. Essendo la destinataria della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimasta solo intimata, il ricorso è improcedibile.
4. Nulla deve essere liquidato per le spese del presente giudizio, in considerazione del mancato svolgimento di attività defensionale da parte dell’intimata.
5. Si dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico della ricorrente l’obbligo di pagamento del doppio contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022