LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28014/2020 R.G. proposto da:
Avv. P.G. e Avv. P.E., rappresentati e difesi dal Prof. Avv. Michele Sesta e dall’Avv. Achille Buonafede, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via F.
Cesi, n. 72;
– ricorrenti –
contro
Avv. G.D., Avv. F.S., Avv. A.A. e Avv. V.M., in proprio ed in qualità di componenti e legali rappresentanti dello STUDIO LEGALE G. FRANCIA ANTONELLI VIRGILI – ASSOCIAZIONE TRA AVVOCATI, rappresentati e difesi dall’Avv. Andrea V. A. Speciale, con domicilio eletto in Roma, piazza G. Mazzini, n. 27, presso lo studio dell’Avv. Fabio Pennisi;
– resistenti per regolamento di competenza –
avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona depositata il 28 settembre 2020 nel procedimento civile iscritto al n. 1596/2020 R.G..
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1 dicembre 2021 dal Consigliere Guido Mercolino;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Tommaso BASILE, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 7 maggio 2019, gli Avv. G.D., F.S., A.A. e V.M., in qualità di componenti dello Studio Legale G., Francia, Antonelli, Virgili – Associazione tra Avvocati (già Studio Legale Giampiero P. e Associati), hanno convenuto dinanzi al Tribunale di Ancona, Sezione specializzata in materia d’Imprese, gli Avv. P.G. e P.E., già componenti della medesima Associazione, per sentir accertare la decorrenza del recesso dal 27 settembre 2018 e l’avvenuto compimento da parte dei convenuti, in epoca successiva, di atti di concorrenza sleale o comunque contrari agli obblighi di correttezza e buona fede, con la condanna al risarcimento dei danni ed alla restituzione degl’importi percepiti a titolo di acconto sugli utili, nel periodo compreso tra il mese di settembre 2018 ed il mese di marzo 2019.
Premesso che il recesso, formalmente comunicato il 20 marzo 2019, era stato preceduto da una comunicazione verbale dell’Avv. Giampiero P. in data 27 settembre 2018, gli attori riferirono di aver appreso che, prima della scadenza del periodo di preavviso previsto dallo statuto dell’Associazione e mentre erano in corso trattative per la definizione dei rapporti economici, gli Avv. P. avevano aperto un nuovo studio professionale nel medesimo stabile dove aveva sede lo studio associato, intraprendendo indebiti contatti con i clienti, impossessandosi dei relativi dati e facendo pervenire plurime revoche dei mandati precedentemente conferiti dalla clientela.
1.1. Si sono costituiti gli Avv. P., ed hanno eccepito in via pregiudiziale l’incompetenza della Sezione specializzata, opponendo nel merito l’infondatezza della domanda.
2. Con atto di citazione notificato il 12 marzo 2020, gli Avv. P. hanno a loro volta convenuto dinanzi al Tribunale di Ancona gli altri componenti della Associazione, per sentir accertare che il recesso ha avuto luogo in data 20 marzo 2019 e liquidare le quote a loro spettanti ai sensi dell’art. 2289 c.c., ivi compresi gli utili maturati e maturandi in relazione alle operazioni in corso, con la condanna dei convenuti al pagamento della somma dovuta.
2.1. Si sono costituiti i convenuti, ed hanno eccepito l’inammissibilità della domanda, chiedendo comunque la sospensione del giudizio in attesa della decisione della causa da loro promossa nei confronti degli attori, in quanto avente carattere pregiudiziale.
3. Con ordinanza del 28 settembre 2020, il Tribunale di Ancona ha disposto la sospensione del secondo giudizio, affermando che, in quanto avente ad oggetto la retrodatazione al 27 settembre 2018 del recesso degli Avv. P. dall’Associazione, la domanda proposta dagli associati nel primo giudizio riveste carattere pregiudiziale rispetto a quella di liquidazione della quota, fondata sul recesso formalmente comunicato il 18 marzo 2019.
4. Avverso la predetta ordinanza gli Avv. P. hanno proposto istanza di regolamento di competenza, articolata in due motivi, illustrati anche con memoria. Gli associati hanno resistito con memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo d’impugnazione, i ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 274 e 295 c.p.c., osservando che la pendenza del procedimento pregiudicante presso il medesimo ufficio dinanzi al quale è stato promosso quello in esame escludeva la possibilità di disporre la sospensione di quest’ultimo, dovendo invece procedersi alla riunione, avuto riguardo anche allo stato dei due giudizi, entrambi pendenti nella fase di trattazione.
2. Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione degli artt. 34,40,112 e 295 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., sostenendo che tra il giudizio in esame e quello promosso dagli altri associati non sussiste un rapporto di pregiudizialità, in considerazione della diversità dei petita e delle causae petendi, nonché dell’assenza di motivi di connessione. Premesso infatti che, mentre la domanda proposta dagli altri associati ha ad oggetto la restituzione delle somme percepite da essi ricorrenti, in virtù dell’asserita decorrenza del recesso dal 27 settembre 2018, anziché dal 20 marzo 2019, quella proposta da essi ricorrenti ha ad oggetto l’accertamento del diritto alla liquidazione delle quote a loro spettanti in conseguenza del recesso dall’Associazione, con la conseguente condanna al pagamento delle somme dovute, osservano che la retrodatazione del recesso è stata invocata dagli associati al solo scopo di ottenere, nel primo giudizio, l’accertamento dell’insussistenza del diritto di essi ricorrenti a trattenere i prelievi effettuati nel periodo di preavviso.
3. Il ricorso è fondato.
E’ noto infatti che, in quanto rispondente alla finalità di evitare il rischio di un conflitto tra giudicati, la sospensione del processo presuppone che tra due cause, pendenti dinanzi allo stesso giudice o a giudici diversi, sussista un nesso di pregiudizialità non meramente logico, ma giuridico (cfr. Cass., Sez. I, 15/05/2019, n. 12999; Cass., Sez. lav., 16/03/2016, n. 5229), nel senso che la definizione di una di esse costituisca l’indispensabile antecedente logico-giuridico della decisione da adottare nell’altra, il cui accertamento sia richiesto (per volontà della legge o su istanza di parte) con efficacia di giudicato, sicché la decisione del processo pregiudicante risulti idonea a definire, in tutto o in parte, il tema dibattuto nel processo del quale si chiede la sospensione (cfr. Cass., VI, 6/11/2015, n. 22784; Cass., Sez. I, 2/08/2007, n. 16995; Cass., Sez. III, 25/05/2007, n. 12233). Tale rapporto è indubbiamente riscontrabile, nella specie, quanto meno tra la domanda di restituzione degl’importi indebitamente prelevati a titolo di acconti sugli utili proposta dai resistenti e quella di liquidazione delle quote sociali proposta dai ricorrenti, le quali devono ritenersi reciprocamente dipendenti, presupponendo entrambe, sotto il profilo logico-giuridico, l’esatta individuazione della data in cui il predetto rapporto è venuto a cessare, per effetto del recesso comunicato dagli Avv. P.: la collocazione temporale di tale scioglimento assume infatti rilievo ai fini dell’individuazione tanto della data in cui è venuto meno il diritto dei ricorrenti di prelevare acconti sugli utili quanto di quella in cui è sorto il diritto degli stessi alla liquidazione della quota associativa, risultando decisiva ai fini della determinazione degli importi dovuti, e consentendo quindi di escludere che il relativo accertamento, specificamente richiesto da ciascuna delle parti attrici, si risolva nella mera coincidenza di una questione di fatto comune ad entrambe le cause.
3.1. Ciò posto, occorre peraltro rilevare che il giudizio in esame, avente ad oggetto la liquidazione della quota spettante ai ricorrenti per effetto del recesso dall’Associazione professionale, è stato instaurato dinanzi al medesimo Tribunale ed assegnato al medesimo Giudice presso il quale pende il giudizio promosso dai resistenti per il risarcimento dei danni cagionati dagli atti di concorrenza sleale asseritamente commessi dai ricorrenti e la restituzione degl’importi dagli stessi percepiti a titolo di acconti sugli utili. Trova pertanto applicazione il principio, costantemente ribadito da questa Corte, secondo cui l’esistenza di un rapporto d’identità, connessione o pregiudizialità tra due procedimenti pendenti dinanzi al medesimo giudice o a giudici diversi o sezioni diverse del medesimo ufficio giudiziario non giustifica la sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c., dovendosi in tal caso provvedere alla riunione, ai sensi dell’art. 273 c.p.c., o alla rimessione del fascicolo della causa pregiudicata al capo dell’ufficio, ai sensi dell’art. 274 c.p.c., affinché valuti l’opportunità di assegnare entrambe le cause al medesimo giudice, a meno che la riunione non sia resa impossibile dalla diversità delle fasi in cui i giudizi attualmente si trovano (cfr. Cass., Sez. VI, 17/05/2017, n. 12441; 17/09/2015, n. 18286; 26/07/2012, n. 13330). L’adozione dei predetti provvedimenti non può ritenersi impedita, in linea di principio, dalla circostanza, fatta valere dalla difesa dei resistenti, che il giudizio promosso da questi ultimi abbia già superato la fase della trattazione, avendo il Giudice provveduto in ordine alle istanze istruttorie formulate dalle parti, mentre quello successivamente promosso dai ricorrenti si trova ancora nella fase introduttiva, essendo stata la sospensione disposta all’esito dell’udienza fissata per la prima comparizione delle parti: l’inconveniente derivante dalla divaricazione temporale delle domande e dalla conseguente sfasatura dei due giudizi è infatti superabile agevolmente attraverso un differimento dell’assunzione delle prove ammesse nel primo di essi, tale da consentire lo svolgimento della trattazione anche per il secondo (cfr. Cass., Sez. VI, 17/09/ 2015, n. 18286, cit.), senza che assumano alcun rilievo, a tal fine, le decadenze eventualmente maturate in relazione alla prima domanda, delle quali il Giudice dovrà necessariamente tenere conto ai fini della decisione da assumere in ordine alla stessa, dal momento che la riunione non realizza una vera e propria fusione dei procedimenti, restando intatta l’autonomia di ciascuna causa, da decidersi sulla base dei soli fatti tempestivamente allegati e delle prove ritualmente dedotte (cfr. Cass., Sez. III, 2/07/2021, n. 18808; 5/10/2018, n. 24529; Cass., Sez. I, 15/01/2015, n. 567).
4. L’ordinanza impugnata va pertanto cassata, con il conseguente rinvio della causa al Tribunale di Ancona, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e dispone la prosecuzione del giudizio dinanzi al Tribunale di Ancona, che dovrà essere riassunto nel termine di legge.
Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022
Codice Civile > Articolo 2289 - Liquidazione della quota del socio uscente | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2909 - Cosa giudicata | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 34 - Accertamenti incidentali | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 40 - Connessione | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 295 - Sospensione necessaria | Codice Procedura Civile