LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7824/2015 R.G. proposto da:
Octofer Costruzioni s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., elett.te dom.to in Roma, alla via Raffaele Caverni n. 16, presso lo studio dell’avv. Roberto Giansante, unitamente all’avv. Gianni Ierardi, da cui è rapp.to e difeso come da mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5509/6/14 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, depositata in data 11/9/2014, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21 ottobre 2021 dalla Dott.ssa Milena d’Oriano.
RITENUTO
che:
1. con sentenza n. 5509/6/14, depositata in data 11 settembre 2014, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dalla Octofer Costruzioni s.r.l. avverso la sentenza n. 13/4/13 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con compensazione delle spese di lite;
2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato, ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, il valore di un terreno edificabile della superficie di mq 1.418,00, sito nel Comune di *****, oggetto di una compravendita rogata in data *****, elevando ad Euro 500.000,00 il valore dichiarato di Euro 190.000,00, sulla base di una valutazione di stima effettuata a seguito di sopralluogo;
3. la CTP aveva accolto parzialmente il ricorso e rideterminato il valore del bene in Euro 334.036,00;
4. la CTR aveva rigettato l’appello della società contribuente rilevando che il terreno era edificabile, salvo una piccola parte di mq 365 con destinazione F3 a verde pubblico e parcheggi, che il giudice di primo grado nel rideterminarne il valore aveva tenuto conto dell’unica contestazione nel merito, relativa alla incidenza del terreno sul valore del fabbricato in misura del 20%, in luogo del 30% applicato dall’atto impugnato, e che nessuna ulteriore considerazione era stata svolta dall’appellante;
5. avverso la sentenza di appello la contribuente proponeva ricorso per cassazione, consegnato per la notifica in data 13 marzo 2015, affidato a quattro motivi; l’Agenzia delle Entrate si costituiva con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. con il primo motivo la ricorrente deduceva l’omesso esame del ricorso di primo grado per tutte le questioni dibattute in appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, riproducendone il contenuto nella parte in cui era stato censurato il difetto di motivazione dell’avviso di rettifica e l’errata valutazione del valore dell’immobile in riferimento all’incidenza del terreno sul fabbricato finito (circostanza valutata correttamente dalla CTP), alla non edificabilità del terreno al momento del trasferimento per l’omessa attuazione del piano particolareggiato da parte del Comune, alla omessa considerazione della perizia di parte e del valore attribuito con Delib. di Giunta 1 settembre 2008, n. 174, alle zone CM con piano non attuativo;
2. con il secondo motivo denunciava violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3, e del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando una carenza di motivazione dell’atto impugnato che si sarebbe limitato ad effettuare un rinvio ad atti provenienti da strutture diverse, carenza confermata dalla mancata risposta dell’Ufficio alle eccezioni sollevate dalla parte in sede di richiesta di accertamento con adesione;
3. con il terzo motivo deduceva violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 1, del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 20, del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non risultando assolto dall’Agenzia delle Entrate l’onere di provare il maggiore valore del terreno, non rilevando a tale fine gli accertamenti portati in comparazione in quanto provenienti dall’Agenzia del Territorio;
4. con il quarto motivo lamentava l’omesso esame dell’equiparabilità del terreno con quelli indicati in comparazione, della perizia estimativa di parte, della censura relativa al valore attribuito alle aree con Delib. 1 settembre 2008, n. 174, della giunta del comune di *****, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, riproducendo il contenuto dell’atto di appello nella parte in cui si deduceva il difetto di motivazione della sentenza appellata su tali punti.
osserva che:
1. Il primo motivo di ricorso risulta in parte inammissibile ed in parte infondato.
1.1 La contribuente, dopo aver riprodotto il contenuto del ricorso di primo grado, censura la sentenza di appello, lamentando una omessa pronuncia sull’eccezione del difetto di motivazione dell’avviso di rettifica e sulle contestazioni relative al merito della valutazione del terreno operata dall’Ufficio, e riconduce promiscuamente tali omissioni alle fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, senza alcuna ulteriore specificazione.
Pur volendo sottacere i profili di inammissibilità di tale modalità di deduzione, che si sostanzia nella prospettazione con un unico motivo di una molteplicità di profili di illegittimità tra loro confusi ed indifferentemente combinati, che addossa alla S.C. il compito, ad essa non spettante, di sceverare da una pluralità di elementi quelli rilevanti ai fini del decidere per ciascuno di essi, va premesso che risulta già affermato da questa Corte la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c., e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile “ratione temporis”, che si coglie nel senso che, nella prima, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello, uno dei fatti costitutivi della “domanda” di appello), mentre nella seconda ipotesi l’attività di esame del giudice, che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l’eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia (v. tra le tante, Sez. 5, n. 25761 del 2014 Rv. 63; Sez. 6 – 3, n. 25714 del 201; Sez. 3, n. 5444 del 2006).
Dall’applicazione di tali principi ne consegue che la denunciata omessa pronuncia sul difetto di motivazione dell’atto va ricondotta ad una carenza di attività decisionale da parte del giudice di secondo grado, riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., mentre quella relativa alle contestazioni sul merito della valutazione del terreno, ad una omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile “ratione temporis”.
1.2 Ebbene il motivo risulta inammissibile con riferimento all’omessa pronuncia sull’eccezione del difetto di motivazione, in quanto la società contribuente non ha riportato nel corpo del ricorso per cassazione in alcuna sua parte la motivazione dell’avviso di rettifica di cui censura la carenza, né tanto meno i motivi specifici di censura che avrebbe sollevato – di cui non vi è traccia nella parte del ricorso di primo grado riprodotta nel ricorso per cassazione la cui disamina sarebbe stata omessa nei precedenti gradi di giudizio.
Sul punto si ricorda che “In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso. (Vedi Cass. n. 16147 del 2017 e n. 9536 del 2013).
1.3 Lo stesso motivo risulta invece infondato in riferimento al vizio specifico di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5), applicabile ratione temporis, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia), in quanto nella sentenza impugnata non è riscontrabile nessuna “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, o una “motivazione apparente”, o un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” od una “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile” che avrebbero giustificato l’accoglimento del motivo (vedi Cass. n. 20721 del 2018).
Come riconosciuto dalla stessa ricorrente, quei profili fattuali di cui lamenta l’omessa valutazione erano stati già esaminati dalla Commissione di primo grado, che sugli stessi aveva fondato addirittura un accoglimento parziale del ricorso, e quindi una riduzione del valore inizialmente accertato dall’Ufficio, mentre la Commissione tributaria regionale, dopo aver proceduto ad una puntuale descrizione delle caratteristiche del terreno, ha basato la sua motivazione sul fatto che il terreno fosse edificabile, salvo che per una piccola parte di mq 365, che nessuna nuova considerazione fosse stata articolata rispetto a quei fatti dall’appellante, e che l’unica censura proposta in ricorso, relativa all’incidenza del terreno sul valore del fabbricato, avesse già trovato accoglimento.
1.4 Anche la doglianza relativa alla omessa considerazione della perizia estimativa di parte risulta infondata in quanto, come più volte affermato da questa Corte, “Nel giudizio di impugnazione di avvisi di accertamento, il giudice del merito non è tenuto a dare conto del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali, né a confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo sufficiente che egli, dopo averli vagliati nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter logico seguito, implicitamente disattendendo gli argomenti morfologicamente incompatibili con la decisione adottata, come nel caso di mere allegazioni difensive quali sono le osservazioni contenute nella perizia stragiudiziale. (Vedi Cass. n. 3104 del 2021; n. 16650 del 2011) ed ancora che “La perizia stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, ma solo di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito che, peraltro, non è obbligato in nessun caso a tenerne conto. (Vedi Cass. n. 33503 del 2018).
Con riferimento invece alla omessa considerazione della Delib. di Giunta n. 174 del 2008, si evidenzia che “Qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione”.
Nella specie la ricorrente ha riportato il contenuto di tale delibera in termini del tutto insufficienti a superare il vaglio di decisività; rileva inoltre che ai fini della disamina del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nuova formulazione, resta estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti, la quale implichi un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito. L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.
2. Il secondo motivo risulta inammissibile.
2.1 La ricorrente lamenta una violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rispetto all’eccezione del difetto di motivazione dell’avviso di rettifica non esaminata dalla sentenza censurata che, pur riqualificata come denuncia di omessa pronuncia in riferimento all’art. 112 c.p.c., risulta inammissibile per gli stessi profili evidenziati in riferimento alla analoga censura proposta nel primo motivo.
La contribuente non ha infatti riportato nel corpo del ricorso per cassazione i passi della motivazione dell’avviso di rettifica di cui censura la carenza – bensì solo il contenuto di un irrilevante verbale di contraddittorio redatto in sede di richiesta di accertamento per adesione -, né tanto meno i motivi specifici di censura che avrebbe sollevato sin dal ricorso di primo grado ed inutilmente riproposto in appello, limitandosi in questa sede a lamentare genericamente un rinvio per relationem da parte dell’Ufficio ad altri atti, che, a determinate condizioni, costituisce astrattamente una corretta modalità con cui l’Amministrazione può assolvere gli oneri motivazionali a suo carico (Vedi Cass. n. 4596 del 2018; n. 30560 del 2017; n. 29002 del 2017).
3. Il terzo motivo non merita accoglimento.
3.1 La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, (vedi Cass. n. 17313 del 2020; Cass. n. 26769 del 2018).
3.2 Nella specie la ricorrente non si duole della corretta applicazione della regola dell’onere probatorio, ma del fatto che l’Amministrazione finanziaria non avrebbe adeguatamente assolto l’onere probatorio a suo carico ponendo a fondamento della rettifica accertamenti relativi ad altri terreni portati in comparazione; sul punto è sufficiente rilevare che il riferimento ad immobili similari portati a comparazione costituisce proprio il criterio che secondo il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, deve essere utilizzato per verificare e provare la corretta valutazione dei beni operata in sede di rettifica.
4. Il quarto motivo, infine, risulta in parte inammissibile ed in parte infondato per ragioni identiche a quelle già esaminate in relazione al primo motivo, cui si rinvia per la motivazione sui vari punti, con l’unica differenza che in questa sede viene riportato il contenuto del ricorso di appello, in luogo del ricorso di primo grado, riproponendo censure di contenuto sostanzialmente sovrapponibili con riguardo alla omessa pronuncia sul difetto di motivazione ed all’errata valutazione del valore del terreno.
5. Il ricorso va pertanto rigettato; segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità nei confronti dell’Agenzia, che si liquidano come da dispositivo.
5.1. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data (Cass. n. 6280/2015), sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater), – della sussistenza dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione rigettata.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna la società ricorrente a pagare all’Agenzia delle Entrate le spese di lite, che si liquidano nell’importo complessivo di Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 21 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022