LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4716/2020 proposto da:
M.D., P.M., in proprio e nella qualità
di genitori della minore M.M., elettivamente domiciliati in Roma, Via Francesco Farraironi n. 25, presso lo studio dell’avvocato Munzi Rita, rappresentati e difesi dagli avvocati Borghesani Valerio, Nardi Omero, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Milano, Sindaco del Comune di Busto Arsizio;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE PER I MINORENNI di MILANO, depositata il 27/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/12/2021 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
uditi, per i ricorrenti, gli avvocati Nardi Omero e Rifici Marcello (con delega avv. Borghesani) che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
M.M., nata il *****, alla quale ad ***** era stata diagnosticata una massa tumorale, prestava il consenso, insieme ai genitori, a compiere un accertamento bioptico, ma lei stessa e i genitori M.D. e P.M. negavano il consenso alle emotrasfusioni che si rendessero necessarie, per motivi di credo religioso, essendo Testimoni di Geova.
Su richiesta dei sanitari, in data *****, il Tribunale per i Minorenni di Milano sospendeva provvisoriamente i genitori dalla responsabilità genitoriale sulla figlia e la affidava al Comune di Busto Arsizio.
Il Giudice Tutelare, con Decreto del 6.5.2019, autorizzava i medici a eseguire le emotrasfusioni, in caso di necessità, in occasione dell’esame bioptico che veniva eseguito senza far ricorso a quella pratica.
Avverso tale decreto i genitori presentavano reclamo, deducendone la nullità per la mancata audizione della minore, pur cosciente e capace di autodeterminarsi, ma il Tribunale per i Minorenni, con Decreto del 27.6.2019, lo dichiarava inammissibile per difetto di interesse ad agire, essendo il reclamato provvedimento autorizzativo del trattamento trasfusionale riferito ad un esame diagnostico già eseguito senza necessità di ricorrere alle ipotizzate trasfusioni.
M.D. e P.M., in proprio e nella qualità di genitori, hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 27.1.2020, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano e al Sindaco del Comune di Busto Arsizio, i quali sono rimasti intimati. I ricorrenti successivamente hanno presentato istanza di discussione orale e memoria ex art. 378 c.p.c..
Il Procuratore generale ha presentato requisitoria scritta chiedendo di dichiarare il ricorso inammissibile.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Le “repliche a conclusioni scritte del Pubblico Ministero” depositate dai ricorrenti in prossimità dell’udienza pubblica sono irricevibili, non essendo ammesse dall’art. 379 c.p.c., comma 3, ed avendo i ricorrenti potuto replicare oralmente alle conclusioni del Procuratore Generale, in sede di discussione della causa all’udienza pubblica.
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione di legge, in relazione a numerosi parametri, per avere escluso l’interesse a proporre reclamo avverso il provvedimento del giudice tutelare autorizzativo del trattamento trasfusionale, che invece si assume esistente, in relazione alla invocata tutela del diritto della minore all’autodeterminazione nelle scelte sanitarie, all’audizione e al rispetto delle convinzioni religiose anche dei genitori, nonché della loro immagine nel rapporto con la figlia; il secondo motivo deduce l’illegittimità del decreto impugnato per avere ritenuto che il loro dissenso alle trasfusioni fosse un elemento di rischio e di pregiudizio per la minore, senza considerare che non vi erano rischi per la vita e la salute della minore tali da giustificare il consenso preventivo alle trasfusioni; il terzo motivo deduce, per le ragioni già sviluppate negli altri motivi, violazione del diritto di M. alla libera e consapevole autodeterminazione nelle scelte sanitarie e ad essere ascoltata, essendo capace di discernimento; con il quarto motivo i ricorrenti denunciano la abnormità dei provvedimenti impugnati, adottati in assenza di necessità ed urgenza, anche in relazione all’affidamento provvisorio della minore al Comune di Busto Arsizio.
Il primo motivo è infondato, essendo il decreto impugnato conforme a diritto.
Il Tribunale per i minorenni ha escluso correttamente l’esistenza dell’interesse ad agire in capo ai ricorrenti, ai fini dell’accertamento della illegittimità del provvedimento che, nonostante il dissenso dei genitori e della stessa minore, autorizzava il trattamento trasfusionale che si rendesse necessario per un esame diagnostico che, tuttavia, al momento della decisione, era già stato eseguito senza necessità di ricorrere a quel trattamento.
Com’e’ noto, l’interesse ad agire postula che colui che agisce in giudizio si qualifichi titolare di diritti o di rapporti giuridici e non anche l’attualità della lesione del diritto, poiché è sufficiente uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza di un rapporto giuridico o sull’esatta portata dei diritti e degli obblighi da esso scaturenti, dovendosi ritenere che la rimozione di tale incertezza non rappresenti un interesse di mero fatto ma un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l’intervento del giudice (vd. Cass. n. 12893 e 16262 del 2015, n. 13556 del 2008). Se non l’attualità, è necessaria, tuttavia, l’esistenza della lesione, dovendo l’interesse ad agire sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione (o l’impugnazione), ma anche nel momento della decisione, perché è in relazione a quest’ultimo – e alla domanda originariamente formulata – che l’interesse va valutato (vd. Cass. n. 9201 del 2021, SU n. 10553 del 2017).
Nella specie, il Tribunale ha sostanzialmente escluso l’esistenza, cioè la stessa configurabilità in astratto, della lesione dei diritti soggettivi prospettati in causa, riassuntivamente configurabili quali espressione del diritto all’autodeterminazione in materia sanitaria, in considerazione del fatto che – al momento della decisione – il trattamento trasfusionale autorizzato era stato superato in quanto resosi non necessario in occasione dell’esame diagnostico.
L’accertamento richiesto ha ad oggetto, in definitiva, non l’effettiva lesione del diritto ma la mera eventualità (e dunque il pericolo) della lesione stessa, in conseguenza dell’autorizzazione preventiva del Giudice Tutelare, eventualità mai realizzatasi, risultando la lesione inesistente al momento della decisione del Tribunale qui impugnata. Non sussiste, pertanto, uno stato di incertezza oggettiva tale da far insorgere l’interesse dei ricorrenti ad ottenere l’accertamento richiesto.
Gli ulteriori profili esposti nel primo motivo e gli altri motivi sono inammissibili, riproponendo le medesime difese e gli argomenti inerenti alla legittimità del provvedimento del Giudice Tutelare, ivi compresi quelli volti a far valere la loro capacità genitoriale esercitata nell’interesse della figlia, senza confrontarsi con il contenuto della statuizione impugnata che è di inammissibilità del reclamo per difetto di interesse.
Il ricorso è rigettato.
Non si deve provvedere sulle spese, non avendo i destinatari della notifica del ricorso svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Oscuramento dei dati personali.
Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022