LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. r.g. 17492-2020 proposto da:
C.G., elettivamente domiciliata in Messina, alla via San Sebastiano n. 13, presso lo studio dell’Avvocato Giovanni Caroe’, che la rappresenta e difende giusta procura speciale allegata in calce al ricorso (dichiara di voler ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec: g.caroe.pec.giuffre’.it).
– ricorrente –
contro
CA.GI.;
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI MESSINA.
– intimati-
avverso il decreto n. cronol. 41/2020 della CORTE DI APPELLO di MESSINA, depositato il 14/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del giorno 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO CAMPESE.
FATTI DI CAUSA
1. C.G. ricorre per cassazione, affidandosi ad un motivo, avverso il decreto della Corte di appello di Messina, Sezione per i Minorenni, del 14 febbraio 2020, n. 41, reiettivo del reclamo da lei promosso contro il decreto del Tribunale dei Minorenni di quella stessa città del 24/25 settembre 2019. Quest’ultimo, a sua volta, aveva respinto l’istanza della prima volta ad ottenere la revoca del precedente decreto del 16 giugno 2015, con cui il medesimo tribunale aveva disposto la limitazione della responsabilità genitoriale della stessa, l’affidamento delle due figlie al servizio sociale del Comune di ***** e la loro collocazione presso la comunità “Arzilla cooperativa sociale”. Ca.Gi. e la Procura Generale presso la Corte di appello di Messina non hanno svolto difese.
1.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte ha ritenuto il reclamo “inammissibile per totale carenza di articolazione dei motivi” e, comunque, che “il provvedimento reclamato risulta nel merito assolutamente corretto, perché rispondente all’esclusivo interesse dei minori”, traendo tale ultimo convincimento dalle circostanze segnalate nelle due relazioni (del Dipartimento Politiche Sociali del Comune di ***** e della comunità predetta) valorizzate pure dal tribunale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il formulato motivo, rubricato “omesso esame, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, delle circostanze relative alla capacità genitoriale della ricorrente esposte nell’atto di reclamo”, ascrive alla corte territoriale: i) di non aver prestato la dovuta attenzione all’atto di reclamo, che, invece, ne spiegava dettagliatamente le ragioni “vedenti, sostanzialmente, sull’illegittimità della motivazione eipressa dal Tribunale per i Minorenni di Messina, il quale si era limitato a sposare in maniera acritica e senza ragione manifesta le conclusioni degli esperti del Dipartimento politiche sociali del Comune di *****”; ii) di non aver “tenuto nella dovuta considerazione i progressi ed i desiderata delle minori coinvolte nella questione, né quelli compiuti dalla madre, odierna ricorrente”.
1.1. Una siffatta doglianza è inammissibile.
1.2. Invero, per effetto della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, (qui applicabile ragione temporis, risultando impugnato un decreto del 14 febbraio 2020), oggetto del vizio di cui alla citata norma è oggi esclusivamente l’omesso esame circa un “fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
1.2.1. Costituisce, poi, un “fatto”, agli effetti della menzionata norma, non una “questione” o un “punto”, ma: i) un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 c.c., cioè un “fatto” costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo, o anche un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale (cfr. Cass. n. 16655 del 2011; Cass. n. 7983 del 2014; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 29883 del 2017); ii) un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso storico-naturalistico (cfr. Cass. n. 21152 del 2014; Cass., SU, n. 5745 del 2015); iii) un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, e le relative ricadute di esso in termini di diritto (cfr. Cass. n. 5133 del 2014); iv) una vicenda la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali Cass., SU, n. 8053 del 2014).
1.2.2. Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, fra gli altri: i) le argomentazioni o deduzioni difensive (cfr. Cass., SU, n. 16303 del 2018, in motivazione; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015); ii) gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti Cass., SU, n. 8053 del 2014); iii) una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (cfr. Cass. n. 21439 del 2015); iv) le domande o le eccezioni formulate nella causa di merito, ovvero i motivi di appello, i quali costituiscono i fatti costitutivi della “domanda” in sede di gravame.
1.2.3. Il “fatto” il cui esame sia stato omesso deve, inoltre, avere carattere “decisivo”, vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia. Tale decisività, in quanto correlata all’interesse all’impugnazione, si addice innanzitutto a quel fatto che, se scrutinato, avrebbe condotto il giudice ad una decisione favorevole al ricorrente, rimasto soccombente nel giudizio di merito. Poiché l’attributo si riferisce al “fitto” in sé, la “decisività, asserisce, inoltre, al nesso di causalità tra la circostanza non esaminata e la decisione: essa deve, cioè, apparire tale che, se presa in considerazione, avrebbe portato con certezza il giudice del merito ad una diversa ricostruzione della fattispecie (non bastando, invece, la prognosi che il fatto non esaminato avrebbe reso soltanto possibile o probabile una ricostruzione diversa: si vedano già Cass. n. 22979 del 2004; Cass. n. 3668 del 2013; la prognosi in termini di “certezza” della decisione diversa è richiesta, ad esempio, da Cass., SU, n. 3670 del 2015).
1.2.4. Lo stesso deve, altresì, essere stato “oggetto di discussione tra le parti”: deve trattarsi, quindi, necessariamente di un fatto “controverso”, contestato, non dato per pacifico tra le parti.
1.2.5. E’ utile rammentare, infine, che Cass., SU, n. 8053 del 2014, ha chiarito che “…la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parli”.
1.3. Alla stregua dei principi tutti fin qui esposti, il motivo in esame è inammissibile perché mostra di non tenere in alcun conto la circostanza che la corte distrettuale, oltre ad evidenziare l’assoluta assenza di specifici motivi di reclamo, ha affermato che, comunque, “il provvedimento reclamato risulta nel merito assolutamente corretto, perché rispondente all’esclusivo interesse dei minori”, traendo tale ultimo convincimento dalle circostanze, compiutamente descritte, segnalate nelle due relazioni (del Dipartimento Politiche Sociali del Comune di ***** e della comunità “Arzilla cooperativa sociale”) valorizzate pure dal tribunale.
1.3.1. Le argomentazioni oggi riproposte, sul punto, dalla ricorrente si risolvono, dunque, sostanzialmente, in una critica al complessivo governo del materiale istruttorio operato dal giudice a quo, cui la prima intenderebbe opporre, sotto la formale rubrica di vizio motivazionale, una diversa valutazione delle medesime risultanze istruttorie utilizzate dalla corte partenopea: ciò non è ammesso, però, nel giudizio di legittimità, che non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché la più recente Cass. n. 8758 del 2017). In altri termini, non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (cfr., ex multis, Cass. n. 1636 del 2020; Cass. n. 7394 del 2010; Cass. n. 13954 del 2007; Cass. n. 12052 del 2007; Cass. n. 7972 del 2007; Cass. n. 5274 del 2007; Cass. n. 2577 del 2007; Cass. n. 27197 del 2006; e così via, sino a risalire a Cass. n. 1674 del 1963, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant’anni: e cioè che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso dorme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione”).
2. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, dandosi atto, altresì, giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020, rv. 657198-06, che, malgrado il tenore della pronuncia adottata, non è dovuto il pagamento di un’ulteriore somma, a titolo di contributo unificato, posto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 9, comma 2, non è soggetto al contributo unificato il processo comunque riguardante la prole.
3. Va, disposta, infine, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 22 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022