LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1281-2021 proposto da:
M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI SETTEMBRINI, 28, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO BENEDETTELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO GIUSEPPE ROMEO;
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
– intimata –
per regolamento di competenza n. R.G. 875/2020 avverso la sentenza del TRIBUNALE di PERUGIA, depositata il 28/11/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO MARULLI;
lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI CARMELO che visti l’art.
42 c.p.c. segg., e art. 380-ter c.p.c., chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, rigetti il ricorso per regolamento di competenza indicato in premessa, e dichiari la competenza del Tribunale di Roma in ordine alla domanda ex L. n. 117 del 1988.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il ricorso in atti M.P. insta questa Corte per il regolamento della competenza in relazione all’ordinanza in data 3.12.2020 con la quale il Tribunale di Perugia ha declinato in favore del Tribunale di Roma la competenza per territorio a pronunciarsi sulla domanda proposta dall’istante intesa a far accertare la responsabilità L. 13 aprile 1988, n. 117, ex art. 4, in relazione alla sentenza n. 243/2018 del 14.6.2018 della Corte dei Conti Prima Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello in esito alla quale era stato liquidato ad esso istante un trattamento pensionistico inferiore al precedente con conseguente obbligo di ripetizione della somma di Euro 19.170,54 in favore dell’INPS.
2. Nell’occasione il decidente ha motivato le proprie determinazioni, accogliendo l’eccezione sul punto sollevata dalla convenuta Presidenza del Consiglio dei Ministri, sulla considerazione suffragata dai precedenti di questa Corte, che ove la responsabilità in parola venga dedotta in relazione alle giurisdizioni superiori non si applichi l’art. 11 c.p.p., cui rimanda la L. n. 117 del 1988, art. 4, comma 1, posto che in ragione dei compiti e delle funzioni loro affidati che si esplicano assolti a livello nazionale, non si possono ritenere “ufficio compreso” in qualche distretto di Corte d’Appello essendo evidente che con il richiamo al distretto la norma non intende alludere alla mera collocazione territoriale dell’ufficio, bensì allo svolgimento delle funzioni ed, ancora, che i magistrati che ne sono componenti non sono inseriti in alcun distretto di Corte d’Appello sussistendo, al più, una mera coincidenza territoriale che talora ricorre – come nel caso delle Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti – tra distretto della Corte d’Appello e territorio regionale.
3. Il mezzo proposto si vale di un unico motivo di impugnazione inteso a sostenere, di contro alla tesi enunciata dal decidente, che il principio enunciato da SS.UU. n. 14842/2018 – in guisa del quale le cause in questione, quando promosse nei confronti dei magistrati della Corte di Cassazione vanno incardinate nel luogo in cui è sorta l’obbligazione, non operando in tal caso il criterio di cui alla L. n. 117 del 1988, art. 4, comma 1, in quanto, riguardo alla Corte di Cassazione, per la natura di ufficio a dimensione nazionale di essa, non è predicabile la nozione di “ufficio giudiziario compreso nel distretto della Corte d’Appello” accolta dalla norma – non potrebbe valere allo stesso modo per i giudici contabili di ultima istanza, proprio alla luce di quanto enunciato dalla menzionata sentenza delle Sezioni Unite.
In detta sentenza, infatti, la Corte, escludendone dichiaratamente il contrasto con il principio da essa affermato, avrebbe mantenuto fermi i principi espressi nelle sue precedenti decisioni nn. 6306, 6307 e 6308 del 2010, rese con riguardo alla legge “Pinto” in tema di durata ragionevole del processo, con la conseguenza, argomentata dal ricorrente, che poiché in tali casi si era ritenuta determinabile la competenza per territorio, in applicazione della legge del tempo, in base all’art. 11 c.p.p., onde favorire “la diffusione del contenzioso sull’intero sistema delle corti di appello, anziché una sua elevata concentrazione su quella di *****, resa possibile dal fatto di avervi sede gli organi di vertice dei diversi ordini giudiziari, ordinario e speciale”, l’esigenza di evitare che sia turbata la serenità dell’organo giudicante per il fatto di dover difendere il proprio operato davanti alle Sezioni Centrali d’Appello della Corte dei Conti dovrebbe indurre anche nel caso de quo a regolare la competenza per territorio in applicazione dell’art. 11 c.p.p., radicandosi in ragione di ciò la competenza territoriale avanti al Tribunale di Perugia.
4. Il pubblico ministero ha fatto pervenire conclusioni scritte ex art. 380-ter c.p.c., chiedendo la reiezione del ricorso.
Non ha svolto attività difensiva la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il ricorso, ammissibile poiché inteso a censurare le determinazioni adottate dal decidente in forma di ordinanza definitiva del giudizio pronunciata in esito al contraddittorio delle parti, è infondato e non merita perciò adesione.
6. Non vi è invero ragione, nel dare giustificazione di quanto premesso e nel condividere le richieste del P.M, di deflettere dai principi enunciati da SS.UU. n. 14842/2018 e dalla giurisprudenza di questa Corte che ad essa ha fatto seguito.
Nell’occasione le SS.UU. hanno affermato che “nei giudizi di responsabilità civile promossi contro lo Stato, in base alla L. n. 117 del 1988, quando più giudici, di merito e di legittimità, cooperino a fatti dolosi o colposi anche diversi nell’ambito della stessa vicenda giudiziaria, la causa è necessariamente unitaria e la competenza per territorio deve essere attribuita per tutti secondo il criterio di cui all’art. 11 c.p.p., richiamato dalla L. cit., art. 4, comma 1; qualora, invece, tali giudizi abbiano ad oggetto solo i comportamenti, atti o provvedimenti dei magistrati della Corte di cassazione, non si applica lo spostamento di competenza previsto dal menzionato art. 11 c.p.p., e, pertanto, la competenza per territorio è attribuita ai sensi dell’art. 25 c.p.c., secondo la regola del forum commissi delicti, sicché spetta in ogni caso al Tribunale di Roma, quale foro del luogo in cui è sorta l’obbligazione”.
7. Come bene sintetizza il P.M., le SS.UU., onde porre termine alle incertezze che l’applicazione del criterio indicato dalla L. n. 117 del 1988, art. 4, comma 1, aveva originato allorché oggetto del giudizio di responsabilità fosse l’operato di giudici di merito e di giudici di legittimità, ed estendendo il proprio giudizio anche all’ipotesi in cui siano convenuti in responsabilità solo i giudici di legittimità, ha inteso distinguere le due ipotesi, prevedendo che, nel caso in cui le ragioni di responsabilità siano estrinsecate in relazione all’intero processo, non potendo essere la competenza frazionata in ragione dell’unitarietà della fattispecie risarcitoria, la competenza debba essere determinata in base all’inizio del procedimento “pregiudicante”, sì da rendere applicabile il criterio del “ufficio ricompreso” o, più semplicemente, del distretto, indicato quale criterio ex lege di determinazione della competenza per territorio derogatorio degli ordinari criteri applicabili in materia di responsabilità aquiliana; nel caso in cui invece la responsabilità dedotta nel giudizio concerna il solo operato dei giudici di legittimità, l’impossibilità di applicare il criterio del distretto, perché la Corte di Cassazione, per organizzazione e compiti giurisdizionali, opera su livello nazionale e non è dunque un “ufficio compreso nel distretto d’appello”, comporta che la competenza per territorio sia determinata in applicazione dei criteri ordinari ovvero in base al luogo in cui è sorta l’obbligazione risarcitoria, che per l’amministrazione convenuta è riferibile alla previsione dell’art. 25 c.p.c..
8. Ciò detto per i giudici di legittimità, l’adozione di un analogo criterio regolatore si impone anche in relazione alle cause risarcitorie che abbiano ad oggetto l’operato dei magistrati appartenenti agli uffici di ultima istanza delle giurisdizioni speciali.
Anche in relazione alla loro posizione si rende infatti inapplicabile la nozione di “ufficio ricompreso nel distretto di Corte d’Appello” che se in relazione ai magistrati facenti parte della Corte di Cassazione non è evocabile per le ragioni viste, ancorché essi appartengano alla magistratura ordinaria rispetto alla quale parlare di distretto di Corte d’Appello è certo giustificato, tanto meno lo è per i giudici speciali, a cui il concetto è totalmente estraneo e non vale a legittimarne l’evocazione il fatto che talora si possa registrare un’occasionale coincidenza territoriale tra distretto della Corte d’Appello ed il territorio soggetto alla giurisdizione del giudice speciale.
La rilevanza nazionale che occorre riconoscere agli uffici di vertice delle giurisdizioni speciali identifica il comune denominatore che consente loro di estendere la soluzione coniata dalle SS.UU. per i giudici di legittimità.
Così, come il predetto connotato, nel ragionamento dalle SS.UU., si oppone all’applicazione dell’art. 11 c.p.p., nei confronti dei magistrati facenti parte della Corte di Cassazione nel caso in cui la fonte della responsabilità risarcitoria debba individuarsi esclusivamente nell’operato degli stessi, del pari esso si oppone all’applicazione del medesimo criterio allorché l’azione di responsabilità abbia ad oggetto l’operato dei magistrati appartenenti agli uffici di vertice delle giurisdizioni speciali.
9. Ne’ si oppone all’applicazione del principio in questione al caso de quo – e dunque alla conferma dell’ordinanza declinatoria della competenza per territorio pronunciata dal Tribunale di Perugia -l’argomento del ricorrente per cui in questo modo si avrebbe l’attribuzione della competenza a giudicare sulla domanda di danno a giudici che, domani, potrebbero trovarsi essi stessi a essere giudicati dinanzi a quegli uffici.
E’ condivisibile – ed il collegio crede di doverla fare perciò propria – la replica ad esso del Procuratore Generale che giustamente ha fatto rilevare, insieme al carattere ipotetico dell’argomento – i giudici chiamati a sindacare la responsabilità risarcitoria della Sezione Centrale Giurisdizionale d’Appello della Corte dei Conti potrebbero a loro volta essere giudici dei primi nel caso in cui questi dovessero essere convenuti in responsabilità in conseguenza di una condanna pronunciata a mente della L. n. 89 del 2001 – che le ragioni dello spostamento di competenza si collocano nel rapporto tra giudici della causa presupposta – quella che ha dato causa alla pretesa risarcitoria – e giudici competenti a definirne la qualificazione come illecito, esigenza che in linea puramente teorica – ovvero al netto dell’affermazione che la L. n. 117 del 1988, art. 4, comma 1, si applica a tutte le giurisdizioni, come chiarito dalle SS.UU. – non si porrebbe nei confronti dei giudici speciali, stante proprio per la differenza di riparto, la comune appartenenza a uno stesso Ufficio che è alla base della cautela introdotta dal legislatore.
10 Alla luce di queste considerazioni va dunque dichiarata la competenza per territorio del Tribunale di Roma con conseguente remissione delle parti avanti al medesimo.
Spese al merito.
P.Q.M.
dichiara la competenza per territorio del Tribunale di Roma, avanti al quale rimette le parti anche ai fini della liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 22 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022