Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.618 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5534-2020 proposto da:

T.J.M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA GIUSEPPE MAZZINI 4, presso lo studio degli avv.ti ROBERTA CESCHINI e ARMANDO RESTIGNOLI, dai quali è rappresentato e difeso, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

T.W.A.;

– intimata –

avverso il decreto n. cronol. 1654/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il 03/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/11/2021 dal Consigliere relatore, Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

CHE:

Con decreto dell’1.1.18 il Tribunale di Civitavecchia, pronunciando sul ricorso proposto da T.J.M.M. per la modifica delle condizioni di scioglimento del matrimonio stabilite consensualmente con la moglie T.W.A., recepite in un provvedimento emesso da una Corte inglese il 21.2.07, al fine di ottenere la riduzione della somma per il mantenimento dei tre figli, e la revoca dell’assegno divorzile, cioè Euro 1657,00 mensile- da corrispondere fino a nuovo matrimonio della resistente, dando atto che i pagamenti periodici erano stati calcolati e concordati tenendo conto che dall’1 maggio 20007 la stessa resistente intendeva iniziare una nuova coabitazione- nonché sulla domanda riconvenzionale dell’ex-coniuge, per il riconoscimento dell’obbligo di mantenimento per le figlie oltre il 18 anno d’età e fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica, in parziale modifica del suddetto provvedimento inglese, ha posto a carico del ricorrente l’obbligo di versare alla resistente un assegno divorzile mensile di Euro 1000,00, e la somma di Euro 3600,00 annua per il mantenimento di due figlie.

Avverso tale provvedimento il T. ha proposto reclamo, mentre la resistente ha proposto ricorso incidentale.

Con decreto del 3.9.21, la Corte d’appello, in parziale riforma del provvedimento impugnato ha revocato l’obbligo del T. di corrispondere il contributo per il mantenimento delle due figlie all’ex-coniuge con decorrenza, rispettivamente, dall’ottobre 2016 e dal settembre 2017, restando confermato l’obbligo di versare l’intero importo stabilito nel Consent Order per le stesse due figlie sino a tale data, e confermando le altre statuizioni, tra cui l’assegno divorzile.

T. 3. ricorre in cassazione con due motivi, illustrati con memoria. Non si è costituita l’intimata.

RITENUTO

CHE:

Il primo motivo denunzia violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 10, e art. 8 Reg. UE n. 1259/2010, e dell’art. 115 c.p.c., nonché motivazione apparente su fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, non avendo la Corte d’appello tenuto conto che il coniuge divorziato avesse instaurato, da oltre 10 anni, una famiglia di fatto con terza persona con la quale aveva convissuto nella casa coniugale sino al 2019, per poi comprare, con il nuovo compagno, una nuova abitazione in Francia dove si sono trasferiti, rescindendo ogni connessione con il modello di vita goduto in costanza di matrimonio.

Pertanto, il ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia posto a sostegno della decisione tale circostanza, pronunciando erroneamente sul presupposto che all’epoca la ex-coniuge avesse già instaurato la relazione di fatto con terza persona, senza però negare il diritto all’assegno divorzile, evidenziando che all’epoca del divorzio pronunciato in Inghilterra, la suddetta relazione dell’ex-coniuge non aveva assunto ancora i caratteri di stabilità e continuità, di certo sussistenti nel 2016 quando ebbe inizio il procedimento, soggetto alla normativa italiana.

Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 2697 c.c. e L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, per aver la Corte d’appello deciso sull’assegno divorzile sul presupposto che la richiedente non svolgesse attività lavorativa, non avendo quest’ultima allegato fatti dimostrativi della propria mancanza di sufficienza economica.

Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo è inammissibile in quanto diretto al riesame dei fatti, attraverso una diversa loro interpretazione. Invero, il ricorrente assume che la relazione stabile dell’ex-coniuge con terza persona ebbe inizio dopo l’accordo consensuale stipulato in Inghilterra il 27.2.07 ed omologato dal Tribunale inglese, e si consolidò successivamente quando entrambi gli ex-coniugi risiedevano in Italia, presentando certamente i caratteri di una vera e propria famiglia di fatto nel 2016, quando il ricorrente promosse il giudizio di modifica delle condizioni di scioglimento del matrimonio. Da tali rilievi il ricorrente trae la deduzione che ormai la stabilità della suddetta relazione dell’intimata avesse determinato la cessazione del suo diritto all’assegno divorzile.

La Corte territoriale ha applicato correttamente le norme richiamate dal ricorrente, esaminando ogni fatto decisivo di causa. Infatti, la Corte d’appello ha rilevato che il Tribunale aveva esaminato la successiva coabitazione intrapresa dall’ex-coniuge del ricorrente e di averne tenuto conto ai fini dell’entità del pagamento periodico, elemento sufficiente per ritenere che già all’epoca la relazione della ex-moglie avesse connotati di stabilità, pur ritenendo che il diritto all’assegno divorzile non fosse venuto meno, sebbene riducendone l’importo in ragione della riduzione del reddito del T. in conseguenza dell’intervenuto pensionamento.

Ne consegue che non è censurabile l’interpretazione adottata dalla Corte d’appello che ha compiutamente esaminato la questione della relazione dell’ex-coniuge del ricorrente, utilizzandola quale elemento di prova ai fini dell’accertamento della persistenza del diritto all’assegno divorzile, in conformità all’orientamento di questa Corte secondo il quale, in tema di assegno divorzile, qualora a supporto della richiesta di sua diminuzione o revoca siano allegati sopravvenuti oneri familiari dell’obbligato, il giudice deve verificare se gli stessi abbiano determinato un effettivo depauperamento delle sostanze di quest’ultimo, tale da postulare una rinnovata valutazione comparativa della situazione economico-patrimoniale delle parti o se, viceversa, la complessiva, mutata condizione dell’obbligato non sia comunque di consistenza tale da rendere irrilevanti i nuovi oneri (Cass., n. 21818/21; n. 14175/16). Il secondo motivo è parimenti inammissibile, essendo diretto al riesame dei fatti sottesi alla pronuncia sul diritto all’assegno divorzile a favore dell’ex-coniuge del ricorrente. Invero, la Corte territoriale ha accertato che quest’ultima, dopo aver contratto matrimonio con il T. nel 1988, non aveva mai svolto attività lavorativa retribuita essendosi occupata della crescita dei quattro figli della coppia e dei due figli del coniuge nati da un precedente matrimonio.

Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione della parte intimata.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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