LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5738-2020 proposto da:
COMUNE CANICATTI’, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LOREDANA VACCARO;
– ricorrente –
contro
L.M.L.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1352/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 26/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARULLI MARCO.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ricorso in atti il Comune di Canicattì impugna l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Palermo ha dichiarato inammissibile il gravame proposto dal medesimo sul presupposto che nella specie si sarebbe reso applicabile il dettato vigente dell’art. 327 c.p.c., con l’effetto che essendo stata depositata la sentenza impugnata il 26.5.2014, l’appello proposto con citazione notificata il 28.1.2015 sarebbe tardivo e ne chiede la cassazione sulla base di un solo motivo di ricorso.
Non ha svolto attività difensiva l’intimata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. L’unico motivo di ricorso, in guisa del quale il ricorrente Comune intende rappresentare che alla specie, facendo seguito la sentenza qui impugnata a pregressa pronuncia della medesima Corte d’Appello che aveva riformato la decisione di primo grado oggetto nell’occasione di impugnazione a mente dell’art. 353 c.p.c., si rende applicabile il previgente dettato dell’art. 327 c.p.c. poiché in ragione del visto antefatto il giudizio doveva considerarsi instaurato all’atto dell’iniziale citazione in opposizione ad ingiunzione R.D. 14 aprile 1910, n. 639, ex art. 3 notificata il 28.4.2006, è fondato e merita accoglimento.
E’ principio già affermato da questa Corte che “in materia di cosiddetto termine lungo di impugnazione, l’art. 327 c.p.c., come novellato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46 mediante riduzione del termine da un anno a sei mesi, si applica, ai sensi della medesima L. n. 69 del 2009, art. 58, ai giudizi instaurati, e non alle impugnazioni proposte, a decorrere dal 4 luglio 2009, essendo quindi ancora valido il termine annuale qualora l’atto introduttivo del giudizio di primo grado sia anteriore a quella data” (Cass., Sez. II, 4/05/2012, n. 6784).
Poiché nella specie è provato dall’atto di citazione inizialmente notificato dal Comune ricorrente – che la Corte è abilitata a consultare in quanto giudice nella specie del fatto processuale – che il giudizio è stato instaurato in data antecedente all’entrata in vigore dell’attuale disposto dell’art. 327 c.p.c., erroneamente la Corte d’Appello ha dichiarato la tardività del proposto atto di gravame non avvedendosi che il giudizio definito con la sentenza qui impugnata faceva seguito ad una pregresso giudizio da essa definito con pronuncia ai sensi dell’art. 353 c.p.c. e che perciò non poteva ritenersi instaurato successivamente all’entrata in vigore dell’art. 327 c.p.c. riformato.
3. La sentenza qui impugnata va dunque debitamente cassata e la causa va rimessa avanti al giudice a quo per un nuovo giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Palermo che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 22 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022