Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.630 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8827-2020 proposto da:

T.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIA PEDRINI;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA di VERONA;

– intimata –

avverso l’ordinanza n. 362/2019 del GIUDICE DI PACE di VERONA, depositata il 29/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARULLI MARCO.

RITENUTO IN FATTO

1. T.G., cittadino albanese, ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata ordinanza con la quale il Giudice di Pace di Verona, attinto dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 8 e D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 18, ha respinto il ricorso avverso il decreto di espulsione disposto nei suoi confronti dal Prefetto della provincia di Verona ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, e ne chiede la cassazione sul rilievo: 1) della violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c), e art. 13, comma 1, in combinato disposto con il D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, art. 28, comma 1, lett. b), per avere il decidente confermato l’impugnato provvedimento, quantunque essendo provata la convivenza del ricorrente presso la propria famiglia in forza in particolare degli accertamenti operati dai Carabinieri e dalla Polizia locale, la sua adozione potesse essere giustificata solo in relazione alle circostanze di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 1, e l’espulsione dovesse perciò essere decretata con provvedimento del Ministro dell’Interno; 2) della violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 4, comma 3, per avere il decidente confermato l’impugnato provvedimento, quantunque la norma in parola non si renda applicabile in caso di inespellibilità per ricongiungimento familiare ed il giudizio sulla pericolosità sociale postuli un apprezzamento fondato su elementi quali il tempo trascorso dalla commissione di eventuali reati, il grado di inserimento sociale, lo svolgimento di attività lavorative, il possesso di un’idonea abitazione e la situazione familiare.

Non ha svolto attività difensiva l’amministrazione intimata.

Memoria del ricorrente ex art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, essendo inteso a rimodulare il giudizio di fatto condotto dall’ordinanza impugnata.

Premesso, per vero, che il Giudice di pace ha denegato la riconoscibilità nella specie della condizione di inespellibilità del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c), dando segnatamente atto con riguardo alla persona dell’impugnante che “la sua convivenza con i genitori appare dubbia e comunque tutt’altro che stabile” e che “in sostanza alla luce degli accertamenti svolti e delle ricerche effettuate (anche per tentare le notifiche di provvedimenti amministrativi) non si può affermare che il ricorrente conviva con in genitori (né il ricorrente ha fornito elementi per addivenire ad una diversa valutazione)”, la criticità denunciata presuppone un ravvedimento del negativo giudizio esperito in punto di inespellibilità dal giudice di merito ed in tale guisa incarna unicamente una mera perorazione a rinnovarne il sindacato, chiedendo per di più a questa Corte che essa si faccia interprete di taluni elementi istruttori che, oltre ad essere riservati esclusivamente all’apprezzamento del giudice di merito, appaiono non scrutinabili per la conclusiva affermazione, operata dal medesimo giudice circa il difetto di allegazione la quale esclude che ne sia avvenuta la rituale rappresentazione in quella sede.

3. Il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo, resta assorbito, presupponendo invero la revisione dello sfavorevole responso in punto di inespellibilità di cui al predetto primo motivo.

4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

5. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria.

6. Poiché dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 22 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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