LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24077/2020 R.G. proposto da:
B.C.S., B.A.F., B.R.M.T., rappresentati e difesi dall’avv. MARIA GRAZIA PIANURA;
– ricorrenti –
contro
BO.GI., rappresentato e difeso dall’avv. GAETANO SERVELLO;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del Tribunale di Vibo Valentia depositata il 3.12.2019 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/02/2022 dal Presidente relatore Dott. Orilia Lorenzo.
RITENUTO IN FATTO
1 Con ordinanza 3.12.2019, il Tribunale di Vibo Valentia ha dichiarato inammissibile per tardività l’opposizione proposta dagli eredi B. avverso il decreto ingiuntivo ottenuto nei loro confronti dall’avvocato Bo.Gi. per il pagamento di compensi professionali in relazione all’attività difensiva prestata per il loro dante causa B.K.H..
Il Tribunale ha motivato la decisione in base al rilievo che l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo, soggetta al rito sommario di cognizione D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14, andava proposta con ricorso e non con citazione, sicché, avendo gli opponenti utilizzato erroneamente la citazione occorreva avere riguardo alla data di deposito dell’atto nel termine di cui all’art. 641 c.p.c., piuttosto che a quella della notifica. Ha ritenuto inoltre implicitamente e correttamente ridotto, nel decreto ingiuntivo, a 40 giorni il termine per l’opposizione da parte dei debitori, cittadini residenti in Germania.
2 Ricorrono per cassazione gli eredi B. con un due motivi a cui resiste l’altra parte con controricorso.
Il relatore ha proposto l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza.
Fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., il controricorrente ha depositato una memoria.
Con ordinanza interlocutoria n. 414/2022 il Collegio ha disposto un rinvio a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle sezioni unite sulla questione rimessa con ordinanza della terza sezione civile n. 13556/2021.
Fissata nuova adunanza, il controricorrente ha depositato una seconda memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 Preliminarmente va respinta l’eccezione del controricorrente, sollevata solo con la memoria del 13.9.2021, di una asserita nullità della procura rilasciata dai ricorrenti in lingua italiana, trattandosi di cittadini residenti in Germania.
La questione è manifestamente infondata perché la procura speciale, atto preparatorio del processo, è stata rilasciata in Italia, in lingua italiana e in calce al ricorso per cassazione: non si vede quindi quale sia il vizio lamentato, posto che la legge prescrive comunque l’uso della lingua italiana per tutti gli atti del processo (art. 122 c.p.c. e R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 1796, art. 1).
1.1 Passando all’esame dei motivi, col primo di essi i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 4 e 14, perché anche in caso di erronea proposizione dell’opposizione con citazione in luogo del ricorso la tempestività dell’atto introduttivo andava valutata comunque alla luce del modello utilizzato. Richiamano il principio della salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda secondo le norme seguite prima del mutamento.
1.2 Col secondo motivo censurano la decisione del Tribunale per violazione dell’art. 641 c.p.c., comma 2 laddove ha ritenuto implicitamente fissata la riduzione a 40 giorni del termine per proporre l’opposizione nei confronti dei tre debitori residenti in Germania.
2 II ricorso è manifestamente fondato sotto entrambi i profili, come correttamente indicato nella proposta.
2.1 Partendo (per evidenti ragioni di priorità logica), dal secondo motivo va osservato che il potere, attribuito al giudice dall’art. 641 c.p.c., comma 2, di ridurre o aumentare il termine entro il quale il debitore può proporre opposizione al decreto ingiuntivo “se concorrono giusti motivi” non si sottrae all’obbligo di motivazione imposto dal precedente comma 1 (“con decreto motivato”) per l’emissione del provvedimento di ingiunzione, se esistono le condizioni previste dall’art. 633 c.p.c.; pertanto, i motivi che consentono la modifica della durata di detto termine, nonché e le ragioni che li caratterizzano come “giusti”, devono essere enunciati nel provvedimento, quantomeno con rinvio implicito alle condizioni che ne giustificano la sussistenza, specificamente rappresentate dal creditore nel testo del ricorso, in modo che si possa ritenere che il giudice le abbia vagliate e, quindi, accolte (cfr. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 20561 del 30/08/2017 Rv. 645346; Sez. 5, Sentenza n. 16455 del 20/08/2004 Rv. 576024; Sez. 5, Sentenza n. 3090 del 16/02/2005).
Nel caso in esame, la riduzione da cinquanta a quaranta giorni del termine per l’opposizione fissato dall’art. 641 c.p.c., comma 2 doveva quindi essere motivata, ma nel decreto ingiuntivo non si rinviene alcuna motivazione, neppure per relationem e per rendersi conto di ciò è sufficiente esaminare il decreto (che si limita semplicemente ad ordinare il pagamento entro quaranta giorni) e il ricorso monitorio, dal cui testo non risulta nessuna specifica rappresentazione di condizioni che possano giustificare la riduzione del termine, non potendo esse di certo ricavarsi – come semplicisticamente oggi assume il controricorrente in memoria dalla mera esposizione della vicenda riguardante la causa presupposta; piuttosto, va evidenziato che lo stesso ricorrente chiese espressamente emettersi ingiunzione di pagamento “nei termini di legge” senza avanzare alcuna richiesta di riduzione (cfr. ricorso monitorio): di conseguenza, il termine per l’opposizione restava quello ordinario di 50 giorni previsto dall’art. 641 c.p.c., comma 2, trattandosi – fatto assolutamente pacifico – di intimati residenti in altro Stato dell’Unione Europea, in Germania (cfr. in particolare Sez. 5, Sentenza n. 16455 del 20/08/2004 cit. soprattutto in motivazione).
2.2 Passando all’esame del primo motivo, va richiamato il principio di diritto secondo cui l’opposizione ex art. 645 c.p.c. avverso l’ingiunzione ottenuta dall’avvocato nei confronti del proprio cliente ai fini del pagamento degli onorari e delle spese dovute, ai sensi del combinato disposto della L. n. 794 del 1942, art. 28, art. 633 c.p.c. e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, proposta con atto di citazione, anziché con ricorso ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, è da reputare utilmente esperita qualora la citazione sia stata comunque notificata entro il termine di quaranta giorni – di cui all’art. 641 c.p.c. – dal di della notificazione dell’ingiunzione di pagamento (cfr. Sez. 2 -, Sentenza n. 24069 del 26/09/2019 Rv. 655359).
In tale evenienza, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, comma 5, gli effetti sostanziali e processuali correlati alla proposizione dell’opposizione si producono alla stregua del rito tempestivamente attivato, ancorché erroneamente prescelto, per cui il giudice adito deve disporre con ordinanza il mutamento del rito, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, comma 1 (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 24069 del 26/09/2019 Rv. 655359) Le sezioni unite hanno affermato che nei procedimenti disciplinati dal D.Lgs. n. 150 del 2011, per i quali la domanda va proposta nelle forme del ricorso e che, al contrario siano introdotti con citazione, il giudizio è correttamente instaurato ove quest’ultima sia notificata tempestivamente, producendo gli effetti sostanziali e processuali che le sono propri, ferme restando decadenze e preclusioni maturate secondo il rito erroneamente prescelto dalla parte; tale sanatoria piena si realizza indipendentemente dalla pronunzia dell’ordinanza di mutamento del rito da parte del giudice, del citato D.Lgs. n. 150 de 2011, ex art. 4, la quale opera solo “pro futuro”, ossia ai fini del rito da seguire all’esito della conversione, senza penalizzanti effetti retroattivi, restando fermi quelli, sostanziali e processuali, riconducibili all’atto introduttivo, sulla scorta della forma da questo in concreto assunta e non di quella che avrebbe dovuto avere, avendo riguardo alla data di notifica della citazione, quando la legge prescrive il ricorso, o, viceversa, alla data di deposito del ricorso, quando la legge prescrive l’atto di citazione. (Sez. U Sentenza n. 758 del 12/01/2022 Rv. 663582).
Sempre le Sezioni Unite, con la Sentenza n. 927 del 13/01/2022 Rv. 663586 (a seguito dell’ordinanza interlocutoria n. 13556/2021 della terza sezione civile, che aveva determinato il rinvio a nuovo ruolo del presente procedimento) hanno osservato sulla scorta della Relazione Illustrativa al D.Lgs. n. 150 del 2011, che la regola posta dall’art. 4, comma 5 è diretta proprio “al fine di escludere in modo univoco l’efficacia retroattiva del provvedimento che dispone il mutamento (del rito)”, il che è stato inteso in dottrina come esplicitazione, appunto, della volontà legislativa di abbandonare quella sorta di “conversione del rito con effetti retroattivi” implicita nella valutazione di intempestività dell’atto di opposizione proposto secondo un modello formale erroneo.
Del resto, come ripetutamente affermato dalle sezioni unite di questa Corte le norme processuali devono essere interpretate in modo da favorire, per quanto possibile, una decisione di merito, mentre gli esiti abortivi del processo costituiscono ipotesi residuale (cfr. SU 27199/2017 in motivazione); sempre le sezioni unite (con la sentenza n. 10878/2015) hanno ribadito che la Corte Europea dei Diritti dell’uomo ha chiarito in più occasioni che le limitazioni all’accesso ad un giudice sono consentite solo in quanto espressamene previste dalla legge ed in presenza di un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (v. tra le altre sentenza CEDU 24 febbraio 2009 in causa C.G.I.L. e Cofferati contro Italia).
Con tutti questi fondamentali principi affermati dalle sezioni unite il controricorrente omette di confrontarsi (cfr. controricorso e memorie).
Nel caso in esame, dunque, occorreva avere riguardo alla data della notifica dell’atto di citazione, anche se l’atto appropriato da utilizzare era il ricorso.
E poiché l’atto di citazione è stato notificato in data 22.12.2016, cioè nei cinquanta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo a cittadini residenti all’estero, (notifica eseguita l’11 e 14.11.2016: cfr. ordinanza impugnata), l’opposizione era sicuramente tempestiva.
Solo per completezza si impone una notazione in risposta al rilievo contenuto nella prima memoria del controricorrente ove si adombra una sorta di contraddittorietà tra decisioni alle quali ha partecipato lo stesso relatore.
A parte il rilievo che le decisioni sono collegiali, ma non necessariamente unanimi, è sufficiente rilevare che la pronuncia citata in memoria fu emessa nella camera di consiglio dell’8.11.2018, ben prima che intervenisse la sentenza n. 24069/2019, emessa nella camera di consiglio del 17.1.2019 seguita poi dalla ormai consolidata giurisprudenza delle sezioni unite sopra richiamata.
Si rende necessario un nuovo esame e pertanto l’ordinanza va cassata con rinvio al Tribunale di Vibo Valentia in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente grado di giudizio
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso. Cassa l’ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Vibo Valentia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022
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