LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso R.G. 17452/2017 proposto da:
PROVINCIA DI TORINO DELLA CONGREGAZIONE DEI FRATELLI DELLE SCUOLE CRISTIANE, ente ecclesiastico riconosciuto con sede in Paderno del Grappa, in persona del suo procuratore speciale ed Economo provinciale, elettivamente domiciliata in Roma via Germanico 172 presso lo studio dell’avv. Nicola Bultrini rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Marello e dall’avv. Lorenzo Nano;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ROMANO D’EZZELINO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma piazzale Clodio 22, presso lo studio dell’avv. Deborah Fortinelli, rappresentata e difesa dall’avv. Michele Tiengo;
– controricorrente ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 109/05/2017 dalla COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL VENETO depositata il 12/01/2017;
udita la relazione della causa svolta all’udienza del 16/11/2021 dal consigliere Dott.ssa RUSSO RITA;
uditi i difensori delle parti; udito il Pubblico Ministero.
RILEVATO
CHE:
La Congregazione è proprietaria nel Comune di Romano d’Ezzelino di alcuni terreni (c.d. area La Salle), per i quali ha versato l’ICI considerandoli terreni agricoli. In data 23.12.2015, il Comune di Romano d’Ezzelino ha notificato alla Congregazione gli avviso di accertamento n. ***** e ***** relativo all’ICI degli anni 2008 e 2009, ritenendo la natura di area fabbricabile dei terreni, determinandone il valore in Euro 130,00 al mq ed escludendo il diritto alla esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7 per i fabbricati. La contribuente ha opposto l’avviso.
Il giudice di primo grado pur ritenendo che l’area sia da considerarsi edificabile, ne ha ridotto il valore ad Euro 100,00 al mq, valore minimo stabilito dallo stesso Comune per le aree non urbanizzate ricomprese nella zona ZTO C2 (insediamenti residenziali con obbligo attuativo) nel cui ambito è compreso il terreno la Salle. La Congregazione ha proposto appello che la Commissione Tributaria Regionale del Veneto ha respinto, confermando la sentenza impugnata, sul rilievo che il D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2 ha inequivocabilmente stabilito che un’area si considera fabbricabile in base allo strumento urbanistico adottato dal Comune indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione gli strumenti di attuazione del medesimo; ha altresì rilevato, quanto alla determinazione del valore venale, che l’area deve essere considerata unitariamente e che il valore stabilito dal giudice di primo grado appare congruo poiché stabilito dallo stesso Comune per le aree ricomprese della zona nel cui ambito è compreso il terreno La Salle.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso la Congregazione affidandosi a otto motivi.
Il Comune ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale, affidandosi a otto motivi, cui la Congregazione ha risposto con controricorso.
Le parti hanno discusso la causa alla udienza pubblica del 16 novembre 2021.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso principale.
RITENUTO
CHE:
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione del combinato disposto D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, del D.L. n. 223 del 2006, art. 36 e della L. n. 212 del 2000, art. 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice d’appello ritenuto edificabile il terreno, pur in mancanza della apposita convenzione attuativa, prevista dal Programma integrato di riqualificazione urbanistica edilizia e ambientale (P.i.r.u.e.a) e senza accertare a chi fosse attribuibile la responsabilità della mancata stipula della convenzione.
La parte ricorrente deduce che la mancata sottoscrizione della convenzione attuativa tra il Comune e la Congregazione deriva da una vicenda amministrativa piuttosto travagliata nel corso della quale la Congregazione ha più volte invitato il Comune a sottoscrivere la convenzione, che ha sempre frapposto risposte dilatorie. A causa del comportamento del Comune e della mancata sottoscrizione di questa convenzione, il terreno non è in concreto edificabile. Rileva che il Comune non si può ritenere estraneo al rischio del mancato perfezionamento dell’iter edificatorio, essendo al tempo stesso l’ente impositore, che fruisce delle maggiori entrate che derivano dalla qualificazione del terreno come edificabile in astratto, e il soggetto che ne condiziona l’edificabilità in concreto. Il D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, deduce ancora la parte, dovrebbe essere interpretato secondo il principio di buona fede, che il Comune ha violato.
1.2.- Il motivo è infondato.
La ricorrente sovrappone la questione di stretto rilievo tributario con una vicenda diversa che ha ad oggetto il comportamento del Comune e la (eventuale) rilevanza della sua condotta omissiva, non influente in questa sede.
La questione tributaria è limitata, nel caso che ci occupa, alla verifica della natura edificabile o meno del terreno de quo con la conseguente determinazione del suo valore ai fini impositivi.
Il comportamento del Comune, nella adozione (o non adozione) degli strumenti urbanistici appropriati, potrebbe rilevare in sede amministrativa, ove la parte intenda reagire avverso i provvedimenti adottatati dall’ente, nonché eventualmente far valere la responsabilità per i danni cagionati alla Congregazione, ove ne sussistessero i presupposti.
La questione tributaria è invece regolata dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, norma che ha fornito una interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), chiarendo che la qualificazione di area fabbricabile ai fini delle imposte dirette ed indirette è subordinata alla sola adozione dello strumento urbanistico generale da parte del Comune, risultando invece irrilevanti sia la sua approvazione da parte della Regione sia l’adozione di strumenti attuativi dello stesso.
La costante giurisprudenza di questa Corte, come rileva anche il Procuratore generale, afferma che “l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo “ius aedificandi” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta” (Cass. sez. un 30 novembre 2006, n. 25506; Cass. n. 20137 del 16/11/2012; Cass. n. 11182 del 21/05/2014; Cass. n. 31048 del 28/12/2017; Cass. n. 6702 del 10/03/2020).
Pertanto, la maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie del terreno, nonché la possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione, non incidono sulla sua qualificazione come area edificabile, anche se di questi fattori si dovrà tener conto nella determinazione della base imponibile.
In applicazione di questi principi – segnati dall’autonomia della nozione di edificabilità in ambito tributario rispetto a quello urbanistico – le ragioni per le quali il Comune non procede alla adozione dello strumento attuativo devono ritenersi irrilevanti, poiché il terreno dovrà comunque essere classificato come edificabile se così previsto nel piano regolatore generale, potendo la attualità (o meno) del concreto sfruttamento edificatorio incidere soltanto sul quantum della base imponibile.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione del combinato disposto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 e art. 11, nonché della L. n. 446 del 1997, art. 59 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la CTR determinato il valore della base imponibile secondo la tabella allegata al regolamento ICI emanato dal Comune, ma senza considerare che il Comune aveva ritenuto che l’area in questione non fosse sussumibile nel regolamento dal medesimo adottato affermando implicitamente la particolarità dell’area in questione; di conseguenza avrebbe dovuto realizzarsi un adattamento del valore presuntivo regolamentare al caso concreto.
Il motivo è inammissibile.
Vero è che il Comune in sede di accertamento aveva ritenuto che l’area in questione non fosse sussumibile nel regolamento dal medesimo adottato in ragione della peculiarità dell’aera, ma ciò al fine di determinarne il valore in misura maggiore; di contro la parte sostiene che il valore è di molto inferiore e che il terreno deve essere tassato come agricolo, mentre il giudice d’appello ha ritenuto, con giudizio di fatto in questa sede non censurabile e peraltro conforme a quello reso dal giudice di primo grado, che detto valore fosse da ridurre, pur mantenendone ferma la qualificazione come area edificabile ed ha pertanto fatto riferimento alle tabelle approvate dal Comune, che costituiscono fonte di presunzioni (Cass. 11643 del 03/05/2019).
3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 nonché del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
La parte deduce che il giudice di merito avrebbe compiuto un’errata interpretazione del citato D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 omettendo di considerare che la mancanza dello strumento attuativo che garantisce l’edificabilità concreta del terreno influisce sulla valutazione del terreno stesso.
Il motivo è inammissibile.
La parte non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata poiché in essa si opera una riduzione del valore del terreno rispetto alla stima riportata nell’avviso di accertamento, pur tenendone ferma la classificazione come terreno edificale e pertanto la CT ha accolto -in parte- la censura della contribuente facendo applicazione del principio, già sopra riportato, secondo il quale della maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie del terreno, si deve tener conto nella determinazione della base imponibile.
4.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 nonché del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in quanto la CTR ha recepito i valori del regolamento comunale ma non ha spiegato l’iter logico giuridico che lo ha indotto a mantenere detto valore inalterato per entrambi gli anni accertati (2008 e 2009) e non ha applicato il principio che impone di misurare anno per anno i valori immobiliari e senza tenere conto che la mancanza di convenzione attuativa incide sul valore dell’aera.
Il motivo è infondato.
La disposizione del citato D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 non impone di rinnovare la stima ogni anno, quanto di verificarne l’attualità, poiché i valori immobiliari possono restare stabili o anche in ipotesi aumentare (così determinandosi un effetto favorevole per il contribuente se la base imponibile resta immutata) così come, in punto di fatto, con giudizio non censurabile in questa sede, ha ritenuto la CTR. Il giudice di secondo grado ha peraltro adeguatamente spiegato le ragioni per le quali pur in mancanza di strumento attuativo l’area deve considerarsi edificabile.
Ulteriori questioni sulla congruità della riduzione in ragione della non attualità dell’uso edificatorio, sono questioni di fatto incensurabili in questa sede, tanto più che il divario tra il valore assegnato nella relazione di stima e ritenuto congruo dal Comune (130 Euro al mq) e quello applicato dalla CTR (100 Euro al mq) non è tale da essere sintomatico di una violazione di legge.
5.- Con il quinto motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2 e della L.R. Veneto n. 23 del 1999, artt. 1, 2, 4, 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
La parte lamenta che la CTR ha errato nel considerare edificabile la zona in esame in presenza della sola sussistenza del piano regolatore generale ed in assenza di ulteriori attività amministrative. Osserva che, sulla base della legislazione della Regione Veneto, l’adozione del piano non è sufficiente a far ritenere perfezionato lo strumento urbanistico generale, essendo necessaria la sottoscrizione della Convenzione tra privato ed ente locale; questa sottoscrizione è condizione di efficacia del piano.
Il motivo è infondato.
Si tratta sostanzialmente, come osserva anche il Procuratore Generale, della stessa censura di cui al primo motivo, integrata con il riferimento alla legislazione regionale. Tuttavia, come sopra si è detto, già la inclusione nel piano regolatore generale è sufficiente a qualificare l’area come edificabile ed a far lievitare il valore del bene, a prescindere dalla adozione degli strumenti attuativi.
6.- Con il sesto motivo del ricorso si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2 nonché del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 5 e 11 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La parte deduce di avere sottoposto ai giudici di merito la doglianza relativa alla avvenuta valutazione uniforme dell’intera area, comprensiva anche della parte che sarebbe oggetto di perequazione urbanistica e della parte che sarebbe stata adibita a verde pubblico ed a strade di pubblico interesse. Deduce che sul punto il giudice di merito ha compiuto un errore di valutazione dei criteri indicati dal citato D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, poiché le aree da adibire a verde pubblico o aventi altri gravosi vincoli di destinazione non possono essere considerate edificabili.
Il motivo è infondato.
Il giudice d’appello ha operato una valutazione unitaria, spiegandone le ragioni, e rilevando cioè che la edificazione non può coprire tutto il suolo ma in concreto solo una sua porzione nel rispetto di ogni vincolo privato e pubblico.
Così facendo il giudice di merito ha applicato un principio già enunciato da questa Corte, secondo cui l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile del D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 2, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile (Cass. n. 17764 del 06/07/2018; nonché, sullo specifico problema dell’incidenza ICI dell’inserimento dell’area in un programma di perequazione urbanistica: Cass.n. 27575/18).
7.- Con il settimo motivo si lamenta la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 con riferimento all’art. 115 c.p.c. per avere la CTR omesso di esaminare la perizia di parte redatta dall’arch. Andriollo, versata in atti, ed attestante un valore a mq. di 20 Euro. Lamenta inoltre che la Commissione non ha esaminato la consulenza tecnica di ufficio redatta in analogo giudizio relativo all’annualità 2005 nel quale il terreno è stato valutato in Euro 84 al metro quadro.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha già affermato che “il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto (Cass. 29730 del 29/12/2020).
Nel caso di specie, è evidente la ragione per la quale non si è tenuta in considerazione la consulenza di parte, che valuta il bene alla stregua di terreno agricolo, poiché il giudice d’appello muove correttamente- dal diverso presupposto che il terreno è da considerare come edificabile; allo stesso modo nel momento in cui sono stati considerati congrui per gli anni di riferimento i valori assegnati dal Comune alle aree della zona nel cui ambito è ricompreso il terreno La Salle, con giudizio di fatto in questa sede incensurabile, ne risulta la evidente incompatibilità con la valutazione operata dalla consulenza tecnica eseguita con riferimento all’anno d’imposta 2005.
8.- Con l’ottavo motivo del ricorso si lamenta la violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5 e art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, e L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la CTR rigettato il motivo relativo all’inapplicabilità delle sanzioni. La parte insiste nella richiesta di disapplicazione delle sanzioni fondata su due ragioni, e cioè la carenza dell’elemento soggettivo ai fini della punibilità e le obiettive condizioni di incertezza nella qualificazione del terreno.
Il motivo è infondato.
Il giudice d’appello ha affermato che la Congregazione era ben consapevole della circostanza che negli anni di riferimento l’aria non poteva indicarsi come agricola poiché diversi atti del comune della regione la qualificavano come edificabile.
L’inclusione del terreno del piano regolatore come edificabile non può in effetti dare luogo ad incertezza sulla sua natura, considerando che lo stesso contribuente ha stimato l’area come edificabile, promuovendo le iniziative utili a consentirne la edificazione anche in concreto.
Deve qui richiamarsi il principio secondo il quale “In tema di sanzioni per violazioni delle norme tributarie, rincertezza normativa oggettiva tributaria” è caratterizzata dall’impossibilità d’individuare in modo univoco, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile (Cass. 10313 del 12/04/2019).
Nel caso di specie il quadro normativo era chiaro anche in ragione della vigenza del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, norma che ha fornito una interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), chiarendo che la qualificazione di area fabbricabile ai fini delle imposte dirette ed indirette è subordinata alla sola adozione dello strumento urbanistico generale da parte del Comune, risultando invece irrilevanti sia la sua approvazione da parte della Regione sia l’adozione di strumenti attuativi dello stesso. Nello stesso senso la giurisprudenza di questa Corte a sezioni unite, sopra citata (Cass. sez. un 30 novembre 2006, n. 25506).
9. Con il primo motivo di ricorso incidentale il Comune lamenta la violazione del D.Lgs. n. 504 del 992, artt. 1 e 5, censurando il ricorso alle tabelle approvate da esso Comune e la valutazione di Euro 100 al metro quadro per gli insediamenti residenziali con obbligo attuativo; deduce che questi terreni, considerati nelle tabelle, sono di minor valore rispetto ai terreni La Salle in ragione della diversa qualificazione urbanistica pur se hanno la medesima ubicazione. L’aera La Salle è infatti un’area unica dal punto di vista urbanistico perché nel territorio comunale non esistono altre zone soggette alla stessa normativa e quindi non poteva essere comparata con alcuna delle zone C 2 del territorio comunale.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale si lamenta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per motivazione apparente in quanto non è comprensibile l’iter logico giuridico che ha condotto il giudice d’appello alla conferma della decisione di primo grado sulla riduzione del valore. Il Comune deduce che il passaggio in cui si fa riferimento alla determinazione del valore in Euro 100 al mq, perché è il valore minimo stabilito dal comune per le aree ricomprese nella zona C2 (insediamenti residenziali con obbligo attuativo), è un passaggio di motivazione apparente poiché erano stati esposti degli argomenti idonei a dimostrare la diversità del terreno accertato rispetto alle categorie astratte contenute nella delibera comunale.
Con il terzo motivo del ricorso incidentale si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in quanto non è stata considerata la rilevanza confessoria della relazione finanziaria redatta dalla stessa Congregazione laddove la stima del terreno è di Euro 130 al mq.
Con il quarto motivo del ricorso incidentale si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 540 del 1992, artt. 1 e 5 e dell’art. 2735 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Il Comune deduce che il valore dell’area è stato determinato in base alla relazione finanziaria allegata al piano integrato presentato dalla stessa Congregazione e che detta valutazione assume natura di confessione stragiudiziale.
I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.
La stima contenuta nella relazione finanziaria allegata al piano presentato dalla Congregazione non ha valore di confessione stragiudiziale ex art. 2735 c.c., poiché la confessione, ai sensi dell’art. 2730 c.c., è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli ad altra parte. La stima di un terreno non è un fatto di cui si possa accertare la verità o falsità ma è una valutazione, e cioè il risultato di un procedimento tecnico attraverso il quale si calcola il valore di un bene, risultato variabile a seconda dei parametri utilizzati, che non sono veri o falsi, ma più o meno pertinenti a seconda del criterio di scelta che deve conformarsi ad una regola iuris.
Non si trattava, dunque, di dichiarazione avente effetto di prova legale, quanto di elemento valutativo sottoposto al libero apprezzamento del giudice di merito.
Il giudice d’appello ha del resto spiegato le ragioni per le quali ha poi ritenuto di diminuire il valore in concreto, pur ritenendo l’area edificabile, così come contestato dal Comune.
Quanto al resto, si tratta di un giudizio di fatto di cui in questa sede non può sollecitarsi la revisione, tanto più che – come già osservato – il divario tra il valore assegnato nella relazione di stima e ritenuto congruo dal Comune e quello applicato dalla CTR non è di per sé tale da essere sintomatico di una violazione di legge.
Va qui aggiunto come neppure il divario di valore attribuito alla stessa area in diverse annualità ICI (fatte oggetto di altri analoghi ricorsi) sia di per sé rivelatore di una violazione di legge, dal momento che una contenuta oscillazione estimativa può trovare giustificazione, oltre che proprio nella diversità ed autonomia dei valori di mercato riscontrabili nelle varie annualità di riferimento, anche nella natura intrinsecamente delibativa e discrezionale (pur sempre, beninteso, entro i parametri legali) del giudizio sul punto demandato al giudice del merito, certamente non rivedibile, come detto, nella presente sede di legittimità.
Ne consegue il rigetto tanto del ricorso principale che del ricorso incidentale, con la conseguente compensazione delle spese in ragione della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale.
Rigetta il ricorso incidentale.
Compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, e per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022
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