LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 8375/2021 proposto da:
I.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione e rappresentato e difeso dall’Avvocato Consuelo Feroci, per procura speciale a margine al ricorso;
– ricorrente –
contro
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni delle Marche, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Ancona;
– intimati –
avverso il decreto della Corte d’Appello di Ancona, depositato il 28/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/12/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia.
RILEVATO
Che:
1. La Corte d’Appello di Ancona, con decreto del 28 gennaio 2021, ha rigettato il reclamo proposto da I.A., cittadino albanese, avverso il provvedimento del Tribunale per i minorenni delle Marche che aveva, a sua volta, respinto la richiesta del reclamante, padre del minore I.R. (nato il *****), di autorizzazione a permanere sul territorio italiano.
I.A. ricorre per la cassazione dell’indicato decreto con tre motivi.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo il ricorrente fa valere la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, deducendo la lettura restrittiva della norma, e quindi violativa dei principi affermati da questa Corte di cassazione con la sentenza a SU n. 21779 del 2019, operata dalla corte anconetana.
I giudici del reclamo hanno negato l’autorizzazione richiesta ponendo a base del necessario giudizio di bilanciamento – fra minaccia concreta all’ordine pubblico e interesse del minore – la sua condanna penale, intervenuta nel 2017, e la misura di sicurezza dell’espulsione, applicatagli nel 2018, prima della nascita del figlio, affetto da grave patologia, dando per scontata la sua pericolosità sociale senza valutarne l’attualità e l’effettività e senza tenere in considerazione che egli è l’unica persona che può prendersi cura del bambino quando la moglie lavora.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del “diritto all’unità familiare” ex art. 8 CEDU, rilevando che, nel caso in cui fosse costretto a far ritorno in Albania, non potrebbe portare con sé la famiglia, sradicandola dal territorio italiano, dove il figlio è nato, è curato e vive con la madre, munita di regolare permesso di soggiorno.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ulteriore violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, nonché carenza ed illogicità della motivazione.
Il provvedimento impugnato è illegittimo per carenza di motivazione, in quanto la corte d’appello ha omesso di effettuare il giudizio prognostico in ordine all’esistenza di un danno grave e irreparabile allo sviluppo psico-fisico del figlio minore derivante dall’allontanamento del padre o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto.
4. I motivi, da trattarsi congiuntamente perché connessi, sono infondati e finanche inammissibili là dove non si confrontano con quella parte della motivazione del provvedimento impugnato in cui la Corte d’Appello di Ancona riferisce del regolare inserimento della madre del minore, coniuge del richiedente, in territorio italiano e dell’irrilevanza dell’apporto del padre alla cura del figlio ed alla sua crescita.
5. I giudici anconetani, dopo aver apprezzato la permanente pericolosità dell’istante, segnalata dalla gravità dei reati per i quali è stato condannato, dalla pena inflittagli e dell’applicata misura di sicurezza, che denotano il suo “inserimento in un contesto criminale strutturato” e dopo aver sottolineato che non è ascrivibile a meriti di I. il regolare inserimento della moglie “che non ha potuto avvalersi di alcun aiuto da parte del coniuge, dedito ad attività delittuose…” (p. 6 decreto), hanno tratto dalla descritta situazione il convincimento che la presenza dell’odierno ricorrente in Italia non possa in alcun modo garantire al piccolo R. una migliore condizione di vita ovvero contribuire positivamente al suo sviluppo psico-fisico.
Restano in tal modo rispettati i canoni di giudizio segnati dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. SU n. 21779 del 2019), il giudice del reclamo ha infatti operato il necessario bilanciamento, all’attualità, tra esigenze di tutela della collettività, nel rilievo penale delle condotte imputate al richiedente, e interesse del figlio minore, e, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, ha effettuato il giudizio prognostico in ordine all’insussistenza di un danno allo sviluppo pisco-fisico del piccolo R. derivante dall’allontanamento del padre, sulla scorta di un accertamento (l’assenza di un reale apporto del genitore istante alla cura del figlio) che non è stato in questa sede specificamente contestato.
6. Il ricorso va pertanto rigettato.
Nulla sulle spese, essendo le controparti rimaste intimate.
La natura del giudizio esonera il ricorrente dal pagamento del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, si dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e degli altri soggetti in esso menzionati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e degli altri soggetti in esso menzionati.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 15 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022