Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.670 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20510/2020 proposto da:

Y.A., elettivamente domiciliato in Torino, via Alpignano 28, presso lo studio dell’avv. Luca Schera, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 587/2020 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 03/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/11/2021 dal Consigliere Dott. Rita RUSSO.

RILEVATO

Che:

Il ricorrente, cittadino della Costa d’Avorio, ha chiesto la protezione internazionale dichiarando di essere fuggito dal suo paese a seguito di uno scontro con dei ribelli, che ha coinvolto anche i suoi genitori e nel corso del quale la sua casa ha preso fuoco. La domanda è stata rigettata sia dalla competente Commissione territoriale che dal Tribunale di Torino. Il richiedente asilo ha proposto appello che la Corte ha respinto sul rilievo che il racconto reso non è credibile per genericità, contraddittorietà e inverosimiglianza; la Corte osserva che in ogni caso oggi non è più attuale il rischio dedotto dal momento che la guerra civile in ***** si è verificata tra il ***** ed il ricorrente, peraltro, non ha dichiarato di aver avuto un ruolo determinante in questo conflitto; esclude la sussistenza attuale di una condizione di violenza indiscriminata ricostruendo la situazione della Costa d’Avorio in base ad informazioni tratte da fonti che cita in sentenza, relative agli anni 2015-2018; esclude infine la protezione umanitaria rilevando che il richiedente non ha in Italia legami familiari e affettivi, né un lavoro stabile, avendo prodotto solo un contratto di tirocinio e un attestato di “benemerenza” rilasciato da una cooperativa.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il richiedente asilo affidandosi a due motivi.

L’Avvocatura dello Stato, non tempestivamente costituita, ha presentato istanza per la partecipazione ad eventuale discussione orale.

La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 4 novembre 2021.

RITENUTO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso la parte lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare degli artt. 2, 3, 5, 14 e 28 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; la violazione dello spirito della Convenzione di Ginevra; la violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo; dell’art. 10 Cost., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19; D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, nonché del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 14, lett. b) e del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11. La parte deduce che in questa materia vi è un’attenuazione, per il richiedente asino, dell’onere della prova e un incremento dei poteri officiosi del giudice, dovendo questi cooperare per l’accertamento delle condizioni che legittimano l’accoglimento del ricorso. Pertanto il Tribunale di Torino prima e la Corte d’appello in secondo grado avrebbero dovuto verificare, sulla base di informazioni esterne relative alla situazione reale del paese, la condizione sociale del ricorrente, le consuetudini del paese, ove notoriamente i diritti umani sono sempre più spesso violati, e ove sussiste una situazione di generale instabilità.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la carenza di istruttoria e di motivazione. La parte lamenta che il Collegio si è limitato a indicare quanto già deciso dalla Commissione territoriale senza considerare la situazione attuale del ricorrente e l’evolversi dei conflitti armati; afferma che la situazione nel paese di provenienza è tale da indurre a ritenere che lo Stato non potrebbe proteggere i suoi cittadini; deduce che il rimpatrio comporterebbe il repentino abbandono di una situazione di vita stabile e l’esposizione di esso ricorrente ad un grave irreparabile danno per la vita creando una situazione di vulnerabilità.

I motivi sono entrambi inammissibili.

Entrambi i mezzi si concretano in una generica e sommaria esposizione della procedura per l’esame della domanda di protezione internazionale, e nella apodittica affermazione della sussistenza di situazione di violenza e di violazioni dei diritti fondamentali nel paese di origine, senza confrontarsi con alcuna delle ragioni della decisione esposte dalla Corte e senza prendere minimamente in considerazione la circostanza che la Corte ha ricostruito il contesto socio-politico del paese di provenienza, in base ad informazioni assunte da diversi Report, di cui indica la provenienza e la datale che ha altresì esaminato la documentazione prodotta dal ricorrente concludendo che essa non è idonea a dimostrare la integrazione nel paese di accoglienza.

Si tratta all’evidenza di motivi standardizzati, fondati su enunciazioni generiche e stereotipate” che difettano di quei requisiti di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, la cui mancanza ne comporta l’inammissibilità per violazione del precetto di cui all’art. 366 c.p.c., che disegna il ricorso per cassazione come un mezzo a critica vincolata, pertinente alle ragioni esposte nella decisione impugnata (Cass. 17125/2007; Cass. 15517/2020).

Peraltro, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif, dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, salvo che essa si riveli non idonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass. 22598/2018; Cass. n. 3819/2020), che invece in questo caso sono chiaramente esplicitate.

Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Nulla sulle spese in difetto di tempestiva costituzione della parte intimata.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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