LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21540/2020 proposto da:
O.O.P., elettiva mente domiciliato in Torino via Guicciardini 3, presso lo studio dell’avv. Lorenzo Trucco, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2031/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 27/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/11/2021 dal Consigliere Dott. Rita RUSSO.
RILEVATO
Che:
Il ricorrente, cittadino nigeriano” ha chiesto la protezione internazionale dichiarando di essere fuggito dal paese di origine perché ingiustamente accusato dalla morte di un amico.
La domanda è stata respinta dalla competente Commissione territoriale e dal Tribunale di Torino.
Il ricorrente ha proposto appello che la Corte territoriale ha respinto rilevando che la parte ha fondato la domanda di protezione sussidiaria sull’assunto che la Nigeria sarebbe in una condizione di instabilità politica economica, condizione che la Corte esclude non essendo configurabile un conflitto armato nella zona meridionale della Nigeria come risulta da informazioni tratte da Report che cita in sentenza, con la relativa data. La Corte esclude altresì la protezione umanitaria rilevando che l’inserimento sociale è scarsamente documentato, che la Nigeria non è uno stato in guerra e che non sussistono particolari condizioni di vulnerabilità, essendo il ricorrente privo di legami affettivi e familiari in Italia.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il richiedente asilo affidandosi a due motivi. L’Avvocatura dello Stato, non tempestivamente costituita, ha presentato istanza per la partecipazione ad eventuale discussione orale. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 4 novembre 2021.
RITENUTO
Che:
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.
Il ricorrente deduce che ha errato la Corte ad escludere la protezione sussidiaria in ragione della ritenuta inattendibilità e che erroneamente ha escluso la sussistenza di un danno grave. Deduce che la sentenza della Corte è affetta da una grave contraddizione laddove da un lato si ritiene superfluo sentire richiedente, dall’altro si rilevano contraddizioni nel suo racconto. Rileva che il racconto del richiedente è lineare nella sua semplicità e che non sono emersi elementi di smentita di quanto affermato. Deduce inoltre che in Nigeria sussiste una situazione di generalizzata violazione dei principali diritti umani, purtroppo ormai endemica sul territorio.
Il motivo è inammissibile.
In primo luogo si osserva che La Corte si è pronunciata (pag. 3 della sentenza) sulla irrilevanza della richiesta di audizione, non avendo l’appellante dedotto alcuna nuova circostanza sulla quale dovrebbe essere sentito, evidenziando il difetto di credibili allegazioni.
La parte, pur consapevole che il diniego di protezione sussidiaria è fondato (anche) sulla ritenuta non credibilità del ricorrente, non muove specifiche sul giudizio reso in ordine alla valutazione di credibilità, limitandosi ad affermare genericamente ed apoditticamente che il suo racconto è lineare, né esplicita quali fatti, in adempimento del dovere di allegazione, avrebbe voluto chiarire nella nuova audizione. In grado di appello il rinnovo della audizione non si configura come un incombente automatico e doveroso, dovendo il giudice di valutarne la specifica rilevanza, e ben potendo il giudice del gravame respingere la domanda di protezione internazionale, che risulti manifestamente infondata, sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo di causa e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa (Cass. n. 8931 del 14/05/2020). In questo caso, la Corte ha valutato negativamente la rilevanza della nuova audizione, osservando anche che il giudizio di inattendibilità reso dal giudice di primo grado non è stato adeguatamente censurato; si evidenzia così un difetto di allegazione non superabile attraverso i poteri officiosi. In difetto di allegazione di una storia credibile non può ritenersi sussistente il rischio individualizzato di cui all’art. 14, lett. b), poiché il giudice non può e non deve supplire ad eventuali carenze delle allegazioni (Cass. n. 2355/2020; Cass. 8819/2020), posto che il ricorrente è l’unico ad essere in possesso delle informazioni relative alla sua storia personale e quindi deve indicare gli elementi relativi all’età, all’estrazione, ai rapporti familiari, ai luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, alle domande di asilo eventualmente già presentate (v. CGUE 5 giugno 2014, causa C146/14; nello stesso senso Cass. 8819/2020).
Quanto alla sussistenza del rischio del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), il motivo consiste in una generica esposizione delle criticità del paese di origine, per violazione dei diritti fondamentali, senza chiarire per quale ragione dette criticità dovrebbero riguardarlo e senza che venga assunta specifica posizione sugli argomenti spesi dal giudice d’appello e peraltro sovrapponendo indebitamente la nozione di danno grave per violenza indiscriminata da conflitto con il danno grave da rischio individuale o per la appartenenza ad un gruppo specifico.
Ai fini della protezione internazionale, infatti, il conflitto rileva se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Secondo questo indirizzo ormai consolidato, il grado di violenza indiscriminata deve aver raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. n. 13858/2018, Cass. n. 11103/2019).
La violenza indiscriminata derivante da conflitto, intesa in questi termini, è dunque cosa ben diversa dalle limitazioni delle libertà individuali, dalle discriminazioni di genere, dalle tensioni sociali ed economiche, dalla povertà, dalla diffusione della criminalità comune e dal rischio di attacchi terroristici mirati. Le criticità esposte dal ricorrente potrebbero avere rilievo ai fini della protezione internazionale ove pertinenti ad un rischio individuale specifico, che tuttavia nel caso di specie è da escludersi, per difetto di allegazione di una vicenda individuale attendibile e circostanziata.
Si tratta quindi di un motivo standardizzato, fondato su enunciazioni generiche e stereotipate, non pertinente alla vicenda dedotta né alla ratio decidendi della sentenza impugnata, e che pertanto difetta di quei requisiti di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, richiesti a pena di inammissibilità (Cass. 17125/2007; Cass. 15517/2020).
2.- Con il secondo motivo del ricorso la parte lamenta la violazione ed errata applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6 e art. 19. Deduce che la Corte ha indebitamente sovrapposto questa misura di tutela alla protezione sussidiaria senza tenere in conto la posizione del ricorrente che ha lasciato il suo paese in condizioni di assoluta precarietà, proveniente di integrazione sul territorio come dimostrato dall’attività lavorativa con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Il motivo è inammissibile.
Con il mezzo si sollecita, peraltro genericamente, una revisione del giudizio di fatto reso dalla Corte di merito, incensurabile in questa sede. La Corte territoriale non si è limitata ad escludere la rilevanza delle dedotte (e ritenute inattendibili) ragioni persecutorie, ma ha anche esposto le ragioni per le quali ha ritenuto insufficiente la integrazione sul territorio nazionale e non sussistente la condizione di vulnerabilità. E’ stato quindi effettuato il giudizio di comparazione tra le condizioni di vita conseguite in Italia e le condizioni del paese di origine (Cass. sez. un. 24413 del 09/09/2021) con esito negativo. Quanto alla allegazione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, la parte non precisa se esso è stato sottoposto al giudice del merito, circostanza rilevante, non potendo in cassazione prodursi documenti nuovi relativi alla fondatezza nel merito della pretesa (Cass. 4415/2020).
Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Nulla sulle spese in difetto di tempestiva costituzione della parte intimata.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022