Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.6732 del 01/03/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18065/2016 proposto da:

IRISBUS ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Enrico Adriano Raffaelli, e Paolo Todaro, con domicilio eletto in Roma, alla Via dei Due Macelli n. 47;

– ricorrente –

contro

A.M.T. CATANIA – AZIENDA METROPOLITANA TRASPORTI CATANIA S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Anna Buda, con domicilio eletto in Roma, alla Via Trionfale n. 7032, presso l’avv. Giorgio Franciosa;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 649/2016, pubblicata in data 3.5.2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26.10.2021 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. De Renzis Luisa, che ha concluso, chiedendo di respingere il ricorso.

FATTI DI CAUSA

La Irisbus Italia s.p.a. ha ottenuto ingiunzione di pagamento nei confronti dell’AMT s.p.a., per l’importo di Euro 3.760.813,92, quale corrispettivo del servizio di manutenzione degli autobus, oggetto del contratto concluso – in data 8.11.2000 – dalla società ricorrente con il Comune di Catania.

L’ingiunta, proponendo opposizione, ha eccepito l’incompetenza del tribunale in forza della clausola compromissoria stipulata dagli originari contraenti, contestando – nel merito – la quantificazione del compenso ed instando in via riconvenzionale per la risoluzione del contratto per inadempimento, addebitando all’Irisbus di aver provocato gravi disagi nell’effettuazione del servizio di trasporto e di aver costretto l’opponente a richiedere l’effettuazione della manutenzione ad altre imprese.

Esaurita la trattazione, all’esito il tribunale ha respinto l’eccezione di competenza arbitrale, e – nel merito – ha accolto parzialmente l’opposizione, condannando l’AMT al pagamento di Euro 3.032.253,09. Su appello dell’AMT s.p.a., la pronuncia è stata integralmente riformata in secondo grado.

Il giudice territoriale ha anzitutto escluso che il contratto concluso in data 8.11.200 fosse stato ceduto alla AMT ai sensi dell’art. 1406 c.c. (o che detta società si fosse accollata i debiti del Comune di Catania), e ha ritenuto invece incontestata la conclusione – per facta concludentia – di un’espromissione del debito oggetto delle fatture periodiche emesse da Irisbus per le attività di manutenzione dei mezzi, sostenendo che l’appellante, in qualità di espromittente, potesse avvalersi di tutte le eccezioni fondate sul contratto originario, inclusa l’eccezione di compromesso.

Ha perciò dichiarato l’inammissibilità della domanda monitoria, poiché devoluta alla cognizione degli arbitri, revocando l’ingiunzione di pagamento e regolando le spese.

La cassazione della sentenza è chiesta dall’Irisbus s.p.a. – ora Iveco s.p.a. – con ricorso in 4 motivi, illustrati con memoria, cui l’AMT resiste con controricorso e con memoria ex art. 378 c.p.c..

La causa, inizialmente avviata alla trattazione camerale, è stata rimessa in pubblica udienza con ordinanza interlocutoria n. 14118/2021.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 99 c.p.c., art. 101 c.p.c., comma 2, art. 112 c.p.c., art. 183 c.p.c., comma 4, art. 384 c.p.c., art. 1424 c.c., artt. 24 e 111 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per aver la Corte d’appello rilevato d’ufficio la nullità – per difetto della forma scritta – della cessione dei contratti di manutenzione dei veicoli e per aver ritenuto invece perfezionata per facta concludentia un’espromissione, senza sottoporre la questione al contraddittorio delle parti, così impedendo all’Irisbus di evidenziare che, essendosi l’assunzione del debito perfezionata solo con la comunicazione del 27.12.2011 (- con cui l’AMT aveva chiesto di fatturare a suo nome i corrispettivi spettanti per i singoli interventi periodici di manutenzione) i crediti non erano esistenti al momento dell’espromissione e che, inoltre, l’AMT era intervenuta previo accordo e su delegazione del Comune, il che rendeva inapplicabile l’art. 1272 c.c.. La Corte distrettuale avrebbe – inoltre – convertito una cessione di contratto nulla in un’espromissione, senza indagare lo scopo realmente perseguito dai contraenti.

Il motivo è infondato.

Pronunciando sull’eccezione di compromesso sollevata dall’AMT nel giudizio di primo grado, il tribunale ha negato la competenza arbitrale, sostenendo che l’opponente non poteva avvalersi della clausola compromissoria quale cessionaria del contratto concluso dal Comune di Catania e l’Irisbus (avente ad oggetto la vendita degli autobus e l’espletamento del successivo servizio di manutenzione), in tal modo conformandosi all’orientamento di questa Corte secondo cui il cessionario del contratto nel quale sia inserita una clausola compromissoria non subentra nella titolarità del distinto e autonomo negozio compromissorio e non può pertanto invocare detta clausola nei confronti del debitore ceduto (Cass. s.u. 12616/1998).

L’eccezione – riproposta in appello da AMT s.p.a. – si fondava, tra l’altro, sull’impossibilità di ritenere perfezionata una cessione del contratto anche per mancanza dei requisiti di forma imposti a pena di nullità (cfr. sentenza impugnata, pag. 4).

La Corte di merito, nel dichiarare la competenza arbitrale, ha in effetti ritenuto che non fosse stata acquisita la prova scritta della cessione ex art. 1406 c.c., ma evidenziando anche come fosse pacifico il perfezionamento per facta concludentia di un’espromissione, da parte di AMT s.p.a., del debito gravante sull’amministrazione comunale.

Appare innegabile che il giudice d’appello non abbia effettuato alcun rilievo d’ufficio della nullità della cessione del contratto per mancanza della forma essenziale, avendo semplicemente ritenuto indimostrato lo stesso perfezionamento del negozio di trasferimento, rispondendo ad una eccezione già sollevata con i motivi di gravame, la cui proposizione rendeva superflua un’ulteriore interlocuzione con le parti.

Quanto all’indiscussa sussistenza di un’assunzione del debito (cfr. sentenza impugnata, pag. 4-5-), la Corte di merito si è limitata a prender atto come non fosse in discussione l’avvenuto perfezionamento per facta concludentia di un’espromissione, da parte di AMT s.p.a., dei debiti facenti capo al Comune di Catania, ponendo in rilievo che tale assunzione era avvenuta senza delegazione del debitore originario, ossia mediante la richiesta di intestazione – avanzata dalla società resistente – delle singole fatture periodiche emesse da Irisbus per l’attività di manutenzione dei veicoli, e che erano “estranei alla presente controversia i rapporti tra il Comune di Catania e l’AMT”.

Neppure su tale aspetto era quindi doveroso provocare il contraddittorio, essendosi in presenza di una mera qualificazione giuridica dei fatti acquisiti e delle allegazioni difensive (riguardo alla loro idoneità a dar conto del perfezionamento di un’espromissione), avendo il giudice definito la lite in base ad una questione di puro diritto rilevata d’ufficio.

L’obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio riguarda le sole questioni di fatto ovvero quelle miste di fatto e di diritto, e non quelle di puro diritto, per tali intendendosi quelle richiedono solo una diversa valutazione del materiale probatorio e che si traducono nel corretto inquadramento della fattispecie, senza esigere prove dal contenuto diverso rispetto a quelle chieste dalle parti ovvero una diversa attività assertiva in punto di fatto (Cass. 11724/2021; Cass. 11308/2020; Cass. 11440/2021; Cass. 22778/2019; Cass. 15037/2018; Cass. 10353/2016).

2. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 808 c.p.c. e art. 1272 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, sostenendo che la clausola compromissoria è pattuizione del tutto autonoma rispetto al contratto al quale si riferisce e di cui il terzo espromittente non può avvalersi, non rientrando la relativa eccezione tra quelle – contemplate dall’art. 1272 c.c. – fondate sul contratto tra debitore ceduto e creditore.

Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 807 e 808 c.p.c., artt. 1272 e 1350 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, sostenendo che, essendo la clausola compromissoria sottoposta alla forma scritta ad substantiam, anche l’eventuale subentro ad opera del terzo espromittente doveva risultare da atto scritto a pena di nullità, non potendo derivare da meri comportamenti concludenti.

I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono fondati per le ragioni che seguono.

La decisione impugnata si basa su un triplice assunto, ossia che: a) l’AMT non era parte originaria dei contratti di appalto stipulati da Irisbus e il Comune di Catania; b) nessuna cessione del contratti o novazione era mai stata perfezionata; c) che Irisbus e AMT avevano invece concluso un accordo espromissorio per facta concludentia. Da ciò la sentenza ha tratto la conclusione che, essendo l’eccezione di compromesso fondata sul contratto tra creditore e debitore originario, l’espromittente AMT s.p.a. poteva opporla al creditore (espromissario) ai sensi dell’art. 1272 c.c..

2.1. E’ noto che l’espromissione consiste in un contratto tra il creditore ed il terzo che assume spontaneamente il debito altrui, nel quale non vengono in considerazione i rapporti interni fra obbligato e terzo assuntore, né sono giuridicamente rilevanti i motivi che abbiano determinato l’intervento dell’espromittente.

Tale operazione assuntiva può essere effetto di precedenti accordi tra il debitore e l’espromittente: è sufficiente però che – al momento del contratto con il creditore – l’assunzione risulti formalmente svincolata dai rapporti tra espromittente e debitore originario, e quindi che il terzo, presentandosi al creditore, non giustifichi il proprio intervento con un preesistente accordo con l’obbligato (Cass. 2525/1976; Cass. 5801/1997; Cass. 2932/2004; Cass. 22166/2012; Cass. 21102/2021).

L’effetto tipico che ne consegue è l’aggiunta di un nuovo debitore che – fatte salve la dichiarazione liberatoria del creditore e la conseguente successione dell’espromittente nel lato passivo del rapporto – risponde in solido con l’originario obbligato.

Il debito resta – in ogni caso – immutato e pertanto il terzo assuntore può avvalersi di tutte le eccezioni fondate sul contratto tra espromesso ed espromissario e su quello di espromissione (Cass. 2997/1988; Cass. 1081/1982; Cass. 1715/1979).

2.2. E’ – però – anche principio costantemente affermato da questa Corte che la clausola compromissoria costituisce un negozio ad effetti processuali a sé stante rispetto al contratto in cui è inserita (Cass. s.u. 3989/1977; Cass. 2529/2005; Cass. 2011/1990; Cass. 8376/2000; Cass. 7839/2011; Cass. 22608/2011; Cass. 29261/2011; Cass. 25024/2013; Cass. 18134/2013; Cass. 1439/2020).

A differenza del contratto principale, che vede le parti su contrapposte posizioni di interesse, nella clausola compromissoria si registra – già inizialmente – un’oggettiva convergenza di interessi, essendo proposito comune ai contraenti di devolvere agli arbitri le controversie riguardanti uno specifico rapporto sostanziale, sicché è proprio tale convergenza che dà conto – sul piano concettuale – della ravvisata autonomia della clausola rispetto al contratto cui si riferisce.

Secondo la dottrina prevalente, il patto compromissorio presenta invece – il duplice carattere dell’autonomia e dell’accessorietà: è negozio strutturalmente distinto da quello da cui scaturisce il rapporto sostanziale tra le parti, ma è al contempo accessorio e strumentale, essendo funzionale all’attuazione del regolamento di interessi voluto dai contraenti.

In un’accezione parzialmente diversa si discorre di autonomia anche come regola che presiede alla valutazione di validità giuridica della clausola, come prevede l’art. 808 c.p.c., comma 3.

Secondo tale indirizzo, specie ove non si ponga un problema di validità del contratto principale, la clausola, essendo accessoria, circola sempre con il contratto principale (o con le posizioni attive e passive che ne derivano).

Per la giurisprudenza di questa Corte l’art. 808 c.p.c., comma 3, va invece valorizzato non quale mera regola di giudizio sulla validità della clausola, ma quale (ulteriore) indice della sua autonomia anche sotto il profilo strutturale e sostanziale – rispetto al negozio principale (Cass. 4842/2000; Cass. 9162/1995; Cass. 48/1981). Proprio perciò, eventuali modificazioni soggettive dell’obbligazione (o la cessione ex art. 1406 c.c.) non determinano anche l’automatico subingresso nella clausola ad opera del terzo, essendo sempre necessaria un’espressa manifestazione di volontà delle parti, in assenza della quale la competenza arbitrale non può operare.

Si è – come detto – già affermato che neppure la successione a titolo particolare nel rapporto sostanziale per effetto della cessione del contratto principale (in virtù dell’accordo trilaterale tra cedente, cessionario ed altro contraente, – ai sensi dell’art. 1406 c.c. e ss.), comporta automaticamente la successione nel connesso, ma autonomo, negozio compromissorio (Cass. s.u., n. 12616 del 1998, nonché, Cass. 22522/2011 in motivazione; per la diversa soluzione, ma in caso di subentro nel contratto a seguito di cessione di azienda, ove il cessionario succede nella totalità dei contratti e dei rapporti riferibili all’azienda: Cass. 7652/2007; secondo Cass. 28497/2005, la cessione del contratto, per la sua autonomia, non comporta automaticamente la successione nella clausola compromissoria in esso inserita, ma nemmeno esclude in via di principio tale successione, la quale può seguire o ad una manifestazione esplicita delle parti in tal senso, ovvero ad un nesso funzionale tra la clausola stessa ed il rapporto ceduto tale che gli stessi “simul stabunt vel simul cadent”, ossia tale che debba dedursi che il voluto contrattuale si realizza se la successione riguarda anche la opzione per una forma di soluzione della possibile controversia diversa da quella offerta dalla giurisdizione dello Stato).

Detta soluzione si impone – a fortiori- allorquando il subentro del terzo interessi risulti più circoscritto, non compiendosi nell’intero rapporto, ma solo nella titolarità del credito per effetto di cessione (o – deve ritenersi – nella sola posizione di debito; cfr. Cass. 29261/2011; Cass. 6809/2007; Cass. 24681/2006, Cass. 17531/2004; Cass. 13893/2003, Cass. 13893/1993, tutte per l’inoperatività della clausola compromissoria in caso di cessione del credito, in mancanza di un’espressa manifestazione di volontà del cessionario e del cedente).

Riguardo, in particolare, all’espromissione, non vi è ragione per adottare una soluzione difforme da quella elaborata da questa Corte per la cessione del credito, con cui condivide l’effetto di determinare solo una modificazione soggettiva del rapporto, o per la cessione del credito, che pure determina un più ampio subentro nel rapporto ceduto, quanto alla possibilità per il terzo di avvalersi della clausola compromissoria.

Se – pertanto la clausola ha carattere di autonomia, l’espromittente che è terzo rispetto al contratto, può avvalersene solo in virtù di un accordo con il creditore che, essendo diretto ad estendere gli effetti dell’originario patto compromissorio, non può derivare dalla mera assunzione dell’obbligo altrui perfezionatasi per fatti concludenti, occorrendo un atto rispettoso dei requisiti di forma imposti dall’art. 807 c.p.c. (per l’analogo principio in tema di polizza di carico: Cass. 21665/2017; Cass. s.u. 3029/2002).

Non rileva invece stabilire in questo giudizio se, come sostenuto con riferimento alla cessione di credito, la clausola resta efficace a vantaggio del debitore originario e se questi può comunque opporla all’espromittente.

In conclusione, quindi, la Corte distrettuale, pur avendo ritenuto perfezionata un’espromissione dei debiti originariamente gravanti sul Comune di Catania nei confronti di Irisbus, ha erroneamente ritenuto che – anche solo in virtù del contratto espromissorio – la AMT s.p.a. potesse avvalersi della clausola compromissoria ai sensi dell’art. 1272 c.c., non considerando l’autonomia che caratterizza detta clausola rispetto al rapporto cui si riferisce, né che l’eccezione di compromesso non può considerarsi tra quelle che automaticamente si trasmettono all’espromittente in mancanza di un’espressa manifestazione di volontà del terzo e del creditore, volta ad aderire al patto compromissorio.

3. Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 1272 c.c. e art. 808 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Secondo la società ricorrente, dovendo presumersi, in mancanza di espressa dichiarazione liberatoria, che l’espromissione fosse cumulativa, non si era verificata alcuna successione nel rapporto di debito e l’AMT non poteva avvalersi delle eccezioni fondate sul contratto originario tra creditore e debitore ceduto.

La censura – per effetto dell’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso – è assorbita, essendo superfluo stabilire se l’espromissione avesse carattere liberatorio e di quali eccezioni potesse avvalersi l’espromittente.

Sono quindi accolti il secondo ed il terzo motivo e sono respinto il primo ed il quarto.

La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, respinge il primo e il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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