Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.675 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22629/2020 proposto da:

O.S., elettivamente domiciliato in Torino via Valdieri 8, presso lo studio dell’avv. Monica Grosso, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2027/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 24/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/11/2021 dal Consigliere Dott. Rita RUSSO.

RILEVATO

Che:

Il ricorrente è un cittadino nigeriano, richiedente la protezione internazionale, che ha proposto appello avverso l’ordinanza di rigetto resa ex art. 702 ter c.p.c., dal Tribunale di Torino, comunicata in data 18 febbraio 2019. La Corte d’appello di Torino ha dichiarato l’appello inammissibile poiché è stato redatto nella forma della citazione anziché del ricorso ed è stato iscritto a ruolo il 25 marzo 2019 e pertanto oltre il termine di 30 giorni dalla comunicazione della sentenza impugnata, come previsto dall’art. 702 quater c.p.c..

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il richiedente asilo, affidandosi a due motivi. L’Avvocatura dello Stato, non tempestivamente costituita, ha presentato istanza per la partecipazione ad eventuale discussione orale. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 4 novembre 2021.

RITENUTO

Che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione dell’obbligo motivazionale, deducendo che il Collegio ha omesso di vagliare le difese spiegate dall’appellante nella memoria conclusionale. Espone che in detto atto difensivo egli ha sottolineato che prima della sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite n. 28575 del 2018, depositata in data 8 novembre 2018, la giurisprudenza di legittimità era consolidata nel ritenere che l’atto di citazione fosse la forma corretta per interporre il gravame; che pertanto con la suddetta sentenza le sezioni unite hanno operato un overruling processuale e che egli ha proposto l’appello facendo affidamento sull’orientamento precedente della giurisprudenza, perpetrato negli anni.

Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 3,10 e 111 Cost., artt. 702 quater e 325 c.p.c., in relazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, nonché la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Il ricorrente deduce che le tesi esposte con il primo motivo di ricorso acquistano maggiore solidità per la particolare eccezionalità del caso in esame poiché il processo concerne i diritti fondamentali dell’individuo quali sono la protezione internazionale e umanitaria ed e che egli ha dedotto il rischio di persecuzione nel suo paese di origine.

2.- I motivi sono infondati.

Le sezioni unite della Corte con la sentenza n. 28575/2018 depositata l’8 novembre 2018, hanno risolto un contrasto sulla interpretazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, affermando che: “nel vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, così come modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, comma 1, lett. f), tanto l’appello ex art. 702 quater c.p.c., proposto avverso la decisione del tribunale di rigetto della domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale quanto quello contro la decisione di accoglimento dovevano essere introdotti con ricorso e non con citazione, atteso che l’introduzione del riferimento al “deposito del ricorso” implicava la volontà del legislatore di innovare la forma dell’appello, così derogando rispetto a quella individuabile anteriormente nella citazione”. Questa decisione ha importanti effetti sulla tempestività dei gravami proposti con citazione, poiché essi possono ritenersi tempestivi solo se la citazione è stata depositata nei termini di trenta giorni dalla comunicazione della ordinanza impugnata. La pendenza della lite, nei procedimenti che devono iniziarsi con ricorso, infatti, è data dal deposito del ricorso in cancelleria e non dalla notifica alla parte; un appello proposto con citazione può considerarsi validamente proposto ove ne abbia i requisiti di forma e sostanza, purché abbia anche il requisito della tempestività e cioè sia stato iscritto a ruolo nei termini per impugnare.

Applicando questi principi la Corte d’appello ha ritenuto l’appello intempestivo poiché è stato iscritto a ruolo dopo la scadenza del termine per impugnare.

La parte se ne duole, rilevando che la Corte con la sentenza sopra citata ha operato un overruling, e deduce di avere fatto affidamento sulla precedente giurisprudenza, secondo la quale l’appello andava proposto con citazione.

Si deve però osservare che, se è vero che l’affermazione di questo principio costituisce overruling, come si precisa nella sentenza, la conseguenza è dalle stesse sezioni unite chiaramente indicata e cioè “che, qualora in detti ricorsi si postulasse che erroneamente il giudice di appello ha ritenuto che la forma dell’appello dovesse essere la citazione e non il ricorso e lo avesse fatto in una situazioni nella quale la citazione non risultava depositata nel termine per la proposizione dell’appello, il ricorso non dovrà essere accolto sulla base dell’applicazione del principio di diritto qui affermato e di quello per cui la forma della citazione risulta idonea se essa sia stata depositata entro il termine nel quale doveva deposita il ricorso”.

E’ principio consolidato in tema di overruling, che qualora esso si connoti del carattere dell’imprevedibilità per aver agito in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso, si giustifica una scissione tra il fatto (e cioè il comportamento della parte risultante ex post non conforme alla corretta regola del processo) e l’effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare, con la conseguenza che – in considerazione del bilanciamento dei valori in gioco, tra i quali assume preminenza quello del giusto processo (art. 111 Cost.), volto a tutelare l’effettività dei mezzi di azione e difesa anche attraverso la celebrazione di un giudizio che tenda, essenzialmente, alla decisione di merito – deve escludersi l’operatività della preclusione o della decadenza derivante dall’overruling nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa (Cass. Civ., sez. un., 11/07/2011, n. 15144). L’affidamento deve però essere incolpevole e cioè non protrarsi oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell’arresto nomofilattico correttivo, da verificarsi in concreto.

La incolpevole ignoranza del mutamento imprevedibile e repentino di indirizzo giurisprudenziale potrebbe quindi avere rilievo qualora la proposizione dell’appello fosse avvenuta in data antecedente o coeva alla pubblicazione della sentenza, ovvero anche – secondo le concrete circostanze – a brevissima distanza tale da non consentire una effettiva conoscibilità del nuovo principio; ma in questo caso l’appello è stato proposto dopo quattro mesi dalla pubblicazione della sentenza, lasso di tempo più che congruo a consentire al difensore di prendere contezza del nuovo orientamento.

Ne consegue il rigetto del ricorso. Nulla sulle spese in difetto di tempestiva costituzione della parte intimata.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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