LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26067/2020 proposto da:
A.V., elettivamente domiciliato in Torino via Alpignano 28, presso lo studio dell’avv. Luca Schera, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 03/08/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/11/2021 dal Consigliere Dott. Rita RUSSO.
RILEVATO
Che:
Il ricorrente, cittadino nigeriano, ha chiesto la protezione internazionale dichiarando di essere fuggito dal suo paese per paura di essere ricercato e per il timore di essere ucciso dai familiari di un suo collega, che lo ritenevano un responsabile della morte di quest’ultimo.
La domanda è stata respinta dalla competente Commissione territoriale e dal Tribunale. Il richiedente asilo ha proposto appello, che la Corte torinese ha respinto rilevando che i fatti narrati non sono credibili perché non supportati da alcun riferimento spazio-temporale e da alcun elemento di prova; rileva inoltre che il paese di provenienza dell’appellante (Edo State) non è interessato dalla violenza indiscriminata e che non sussistono i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il richiedente asilo affidandosi a due motivi.
L’Avvocatura dello Stato, non tempestivamente costituita, ha presentato istanza per la partecipazione ad eventuale discussione orale. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 4 novembre 2021.
RITENUTO
Che:
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 2, 3, 4, 14 e 28 della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo; la violazione dello spirito e del contenuto della convenzione di Ginevra del 1951; la violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo; la violazione degli artt. 2 e 10 Cost.; la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. f) e art. 35 bis; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19; D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e 14, D.P.R. n. 21 del 2015, art. 14 e D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1, lett. c) ter.
La parte ricorrente deduce che in questa materia vi è un’attenuazione del principio dell’onere della prova e un incremento dei poteri ufficiosi del giudice, dovendo questi cooperare per l’accertamento delle condizioni che legittimano l’accoglimento del ricorso. Deduce che il Tribunale prima e la Corte d’appello in secondo grado avrebbero dovuto verificare, sulla base delle informazioni esterne oggettive, la situazione reale del paese, la condizione sociale del ricorrente e la situazione di generale instabilità del paese ove notoriamente i diritti umani sono sempre più spesso violati.
Il motivo è inammissibile.
La censura si riduce alla elencazione di una serie di norme e alla enunciazione, in maniera estremamente generica, di un principio di diritto, senza alcuna specificazione che riguardi il caso concreto e senza confrontarsi con le ragioni della decisione esposte nella sentenza impugnata. La parte lamenta apoditticamente che non sia stata verificata la situazione del paese di origine e la sua condizione personale, senza tenere conto che il giudice di secondo grado ricostruisce invece la situazione del paese di origine, in termini di assenza di rischio da violenza indiscriminata, e altresì rileva l’assenza di un rischio individuale per il richiedente, in quanto non ha riportato condanne né rischia condanne future che lo espongano alla pena di morte e a trattamenti inumani o degradanti. Il mezzo risulta così proposto in violazione del precetto di cui all’art. 366 c.p.c., che disegna il ricorso per cassazione come un mezzo a critica vincolata, da esplicitare tramite motivi che soddisfino requisiti di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, la cui mancanza ne comporta l’inammissibilità (Cass. 17125/2007; Cass. 15517/2020).
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la carenza di istruttoria e di motivazione. La parte lamenta che il Collegio non ha considerato la situazione attuale del ricorrente sul territorio nazionale e l’evolversi dei conflitti armati che oggi piegano il paese del ricorrente. Afferma che la situazione nel paese di provenienza è tale da indurre a ritenere che lo Stato per un verso abbia dimostrato di non sapere proteggere i propri cittadini degli attacchi terroristici e per altro verso si sia reso responsabile di violenze e violazioni sistematiche dei diritti e delle libertà fondamentali. Afferma altresì che un eventuale rimpatrio significherebbe l’abbandono di una situazione di vita stabile, esponendolo ad un grave ed irreparabile danno per la propria vita, nonché ad una condizione di vulnerabilità lesiva della dignità umana.
Il motivo è inammissibile.
La parte non si attiene alla regola della critica vincolata, posto che non chiarisce se intende far valere la dedotta “carenza di istruttoria e di motivazione” quale violazione di norme di diritto, nullità della sentenza, ovvero omesso esame di fatto decisivo. In ogni caso, il ricorrente si limita a generiche ed apodittiche affermazioni in particolare sulla sussistenza di un rischio di danno grave e di una condizione di vulnerabilità, senza tenere in conto-e senza censurare – il giudizio di inattendibilità reso dalla Corte d’appello. Anche le criticità che riguarderebbero il paese di origine sono solo genericamente enunciate, peraltro senza particolare pertinenza alla storia da lui narrata e che, come sopra si è detto, è stata ritenuta inattendibile.
Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Nulla sulle spese in difetto di tempestiva costituzione della parte intimata.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022