LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 225 – 2021 R.G. proposto da:
M.M. – c.f. ***** – elettivamente domiciliata in Roma, alla via Ugo de Carolis, n. 101, presso lo studio dell’avvocato Ferdinando Emilio Abbate e dell’avvocato Marco Alunni che disgiuntamente e congiuntamente la rappresentano e difendono in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
– ricorrente –
contro
MINISTERO della GIUSTIZIA – c.f. ***** – in persona del Ministro pro tempore.
– intimato –
avverso il decreto della Corte d’Appello di Perugia dei 23.9.2019/14.5.2020, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 ottobre 2021 dal consigliere Dott. Luigi Abete.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con ricorso ex L. n. 89 del 2001 alla Corte d’Appello di Roma depositato in data 18.1.2019 M.M. si doleva per l’irragionevole durata di un giudizio, parimenti di equa riparazione, intrapreso nel febbraio 2009 e definito nel giugno del 2018.
Chiedeva ingiungersi al Ministero il pagamento di un equo indennizzo.
2. Con decreto dell’8.2.2019 il consigliere designato dichiarava l’incompetenza ratione loci della Corte d’Appello di Roma.
3. Con provvedimento dell’8.5.2019 la Corte di Roma rigettava l’opposizione.
4. Con decreto dei 23.9.2019/14.5.2020 la Corte d’Appello di Perugia, all’esito della riassunzione del giudizio, condannava il Ministero della Giustizia a pagare alla ricorrente a titolo di equo indennizzo la somma di Euro 2.800,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; condannava il Ministero a rimborsare ai difensori anticipatari della ricorrente le spese di lite liquidate, alla stregua dei parametri stabiliti per le procedure di ingiunzione, in Euro 450,00 per compensi professionali ed in Euro 27,00 per spese vive, oltre rimborso forfetario, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Evidenziava, tra l’altro, la corte che la durata irragionevole del giudizio “presupposto” era da determinare in sette anni.
5. Avverso tale decreto ha proposto ricorso M.M.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.
Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese.
6. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso e di manifesta fondatezza del secondo motivo di ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.
7. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 2 bis.
Deduce che la quantificazione in Euro 400,00, con argomentazioni del tutto tautologiche, del “moltiplicatore” annuo si discosta significativamente dai parametri indicati dalla Corte E.D.U.
Deduce che l’equo indennizzo accordato all’esito del giudizio “presupposto” è stato quantificato in un ammontare per nulla irrisorio; che il giudizio “presupposto” ha avuto una durata irragionevole consistente; che dunque ben si sarebbe giustificato l’incremento percentuale del “moltiplicatore” annuo.
8. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2233 c.c., comma 2, dell’art. 91 c.p.c., del D.M. n. 55 del 2014 e del D.M. n. 37 del 2018.
Deduce che, ai fini della liquidazione dei compensi, ha errato la Corte di Perugia a far riferimento ai parametri stabiliti dal prospetto n. 8 anziché dal prospetto n. 12 delle tabelle allegate al D.M. n. 55 del 2014.
Deduce quindi che la Corte di Perugia, in rapporto al quantum – Euro 2.800,00 – dell’indennizzo accordato ed allo scaglione di riferimento (Euro 1.100,01 – Euro 5.200,00), ha liquidato i compensi in misura inferiore ai “minimi” tariffari.
9. Il collegio appieno condivide la proposta del relatore, che ben può essere reiterata in questa sede.
Il primo motivo di ricorso è dunque infondato e da respingere; il secondo motivo di ricorso e’, viceversa, fondato e da accogliere.
10. Con precipuo riferimento al primo motivo è sufficiente evidenziare che la L. n. 89 del 2001, art. 2 bis (nella formulazione, applicabile “ratione temporis”, derivante, appunto, dalle modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015), relativo alla misura ed ai criteri di determinazione dell’indennizzo per l’irragionevole durata del processo, rimette al prudente apprezzamento del giudice di merito – sindacabile in sede di legittimità nei soli limiti ammessi dall’art. 360 c.p.c., n. 5 – la scelta del “moltiplicatore” annuo, compreso tra il minimo ed il massimo ivi indicati, da applicare al ritardo nella definizione del processo “presupposto”, orientando il “quantum” della liquidazione equitativa sulla base dei parametri di valutazione, tra quelli elencati nell’art. 2 bis citato, comma 2, che appaiano maggiormente significativi nel caso specifico (cfr. Cass. (ord.) 1.2.2019, n. 3157).
11. In questi termini, nel solco dunque dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’iter motivazionale che sorregge, in punto di quantificazione del “moltiplicatore” annuo, l’impugnato dictum, risulta immune da qualsivoglia forma di “anomalia motivazionale” rilevante alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.
In particolare, con riferimento all'”anomalia” della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico/giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte territoriale ha viceversa compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
Invero ha puntualizzato che il “moltiplicatore” annuo ben poteva essere determinato nell’importo minimo di Euro 400,00, evidentemente senza aumenti percentuali, in considerazione della natura del giudizio “presupposto” – del pari ex lege “Pinto” – e della modesta rilevanza degli interessi delibati nell’ambito dello stesso giudizio “presupposto”.
12. Ovviamente l’applicabilità, ratione temporis, del “moltiplicatore” di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 1, rende del tutto vano il riferimento ai parametri frutto dell’elaborazione della Corte E.D.U. (cfr. ricorso, pag. 3).
Manifestamente infondati altresì sono i dubbi di legittimità costituzionale parimenti prefigurati dalla ricorrente (cfr. ricorso pag. 3).
13. Con precipuo riferimento al secondo motivo si osserva quanto segue.
14. Ha errato senza dubbio la corte distrettuale a richiamare i parametri stabiliti per le procedure di ingiunzione dal D.M. n. 55 del 2014, tabelle allegate, prospetto n. 8 (D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018, applicabile, quest’ultimo, nella specie ratione temporis).
Invero, innegabilmente, all’esito della riassunzione, il giudizio a quo si è svolto dinanzi alla competente Corte di Perugia in composizione collegiale.
Cosicché la Corte umbra avrebbe dovuto applicare il prospetto n. 12 – “giudizi innanzi alla corte di appello” – delle tabelle allegate al D.M. n. 55 del 2014.
15. Ha errato senza dubbio la corte territoriale a quantificare i compensi.
Più esattamente sussiste la denunciata violazione dei “minimi” tariffari, anche a tener conto delle diminuzioni massime, di cui al D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, dei valori medi di cui al prospetto n. 12.
Invero, con riferimento alla fase collegiale di opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, in relazione allo scaglione di riferimento (Euro 1.100,01 – Euro 5.200,00), i “minimi” si specificano in Euro 1.198,50.
Viceversa, la Corte di Perugia ha liquidato la minor somma di Euro 450,00.
16. In accoglimento del secondo motivo di ricorso il decreto della Corte di Appello di Perugia dei 23.9.2019/14.5.2020 va, nei limiti dell’addotta censura, cassato con rinvio alla stessa corte in diversa composizione anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità.
17. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001, sicché è inapplicabile il D.P.R. cit., art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915).
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo motivo di ricorso; cassa, in relazione e nei limiti dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso, il decreto della Corte di Appello di Perugia dei 23.9.2019/14.5.2020; rinvia alla stessa corte, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022