LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5472-2017 proposto da:
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE – FROSINONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TENUTA DI S.AGATA n. 13, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO VENTURINI, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO D’AMBROSIO;
– ricorrente –
contro
C.P., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE ARTI n. 1, presso lo studio dell’avvocato GIAMPAOLO DICKMANN, rappresentati e difesi dall’avvocato DANILO GIACCARI;
– controricorrenti –
e contro
D.N.F., + ALTRI OMESSI;
– intimati –
avverso la sentenza n. 3273/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/06/2016 R.G.N. 693/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/10/2021 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO.
RILEVATO
CHE:
1. la Corte d’Appello di Roma ha respinto l’appello proposto dall’Azienda Unità Sanitaria Locale di Frosinone avverso la sentenza del Tribunale di Frosinone che aveva accolto il ricorso proposto da C.P. e dagli altri litisconsorti indicati in epigrafe, tutti dirigenti medici di primo livello, e, disposta consulenza tecnica d’ufficio, aveva condannato l’Azienda al pagamento delle differenze retributive ritenute spettanti a titolo di retribuzione di posizione e di indennità di pronta disponibilità;
2. la Corte territoriale, ricostruito il quadro normativo e contrattuale, ha premesso che la retribuzione di posizione minima, parte fissa e parte variabile, è stata determinata dalle parti collettive, che hanno richiamato i valori previsti nella tabella 1 allegata al CCNL 5.12.1996, mentre solo la retribuzione di posizione “parte variabile eccedente il minimo contrattuale” è stata correlata dal CCNL peri il quadriennio 1998/2001 alla realizzazione del procedimento di graduazione delle funzioni;
3. il giudice d’appello ha precisato che, sebbene il Tribunale non avesse spiegato in maniera chiara e sufficiente le ragioni di accoglimento della domanda, tuttavia emergeva dagli atti, ed in particolare dal raffronto con i conteggi elaborati dal CTU, che era stata accolta la sola domanda subordinata di pagamento della retribuzione di posizione minima, sicché tutte le argomentazioni sviluppate dall’appellante apparivano inidonee a scalfire la correttezza della decisione;
4. il giudice d’appello ha ritenuto spettante, nell’ammontare richiesto dai dirigenti medici, l’indennità di pronta disponibilità, che con Delib. n. 1873 del 1999 l’Azienda aveva quantificato in Euro 41,32 ed ha precisato che a seguito della disapplicazione, ad opera dell’art. 17 del CCNL 3.11.2005, dell’art. 20 del CCNL 5.12.1996 non poteva più essere eccepita l’indisponibilità del fondo annuale previsto dall’art. 62 dello stesso CCNL 5.12.1996;
5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Azienda Unità Sanitaria Locale di Frosinone sulla base di quattro motivi, ai quali C.P. e gli altri litisconsorti dedicati in epigrafe hanno opposto difese con controricorso;
6. entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1. con il primo motivo intitolato “indennità di pronta disponibilità – violazione art. 414, nn. 3, 4 e 5 – nullità del ricorso – omessa insufficiente ed errata motivazione” la ricorrente ripropone l’eccezione di nullità del ricorso di primo grado e sostiene che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, i ricorrenti non avevano specificato il petitum e la causa petendi ed in particolare, quanto all’indennità di pronta disponibilità, non avevano indicato il numero dei servizi svolti né la durata dei turni, tanto che il consulente tecnico aveva sviluppato i conteggi solo sulla base della documentazione offerta dalla ASL;
1.1. la ricorrente aggiunge che attraverso la consulenza tecnica, assolutamente esplorativa, si era finito per sopperire alle carenze del ricorso con il quale era stato richiesto “il pagamento di una somma indeterminata senza specificare gli elementi essenziali che giustificavano la domanda stessa”;
2. con il secondo motivo la Asl censura il capo della sentenza che ha liquidato le maggiori somme a titolo di indennità di pronta disponibilità e denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché il vizio motivazionale, perché gli originari ricorrenti non avevano allegato e provato gli elementi costitutivi del diritto azionato tanto che il consulente tecnico aveva sottolineato la carenza dei dati forniti e precisato che i conteggi erano stati sviluppati “in via eventuale e presuntiva”;
3. la terza critica addebita alla sentenza gravata, oltre al vizio motivazionale, la violazione e falsa applicazione degli artt. 17, 51 e 55 del CCNL 2002/2005 per il personale dell’area della dirigenza medica veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale perché con le disposizioni contrattuali richiamate in rubrica le parti collettive hanno consentito alla contrattazione integrativa di rideterminare l’importo dell’indennità di pronta disponibilità, fissato nella quota minima in Euro 20,66, ma hanno condizionato l’aumento alle disponibilità del fondo;
3.1. la ricorrente aggiunge che il regolamento aziendale, approvato con la Delib. n. 1873 del 1999, si riferiva al contratto collettivo all’epoca vigente sicché ha perso efficacia ed è stato “travolto dall’abolizione disposta dall’art. 17, comma 9, del CCNL 2002/2005”;
infine con il quarto motivo è dedotta la violazione degli artt. 1353 e 2697 c.c., e art. 116 c.p.c. e si sostiene che la prova della capienza del fondo, posta come condizione dalla Delib. n. 1873 del 1999 doveva essere data dagli originari ricorrenti i quali non avevano assolto all’onere sugli stessi gravante, tanto più che non avevano neppure allegato in quali giorni il servizio di pronta disponibilità sarebbe stato dagli stessi reso;
4.1. l’Azienda aggiunge che la condizione non si era mai verificata, al punto che per alcuni esercizi il fondo non era stato capiente neppure per corrispondere l’indennità nella misura minima prevista dalla contrattazione nazionale;
5. preliminarmente rileva il Collegio che nessuna incidenza spiegano nel presente giudizio i verbali di conciliazione depositati dall’Azienda ricorrente con nota del 18 luglio 2019 perché gli stessi si riferiscono ad altra controversia pendente fra le stesse parti (ricorso iscritto al n. 3170/2016 R.G. del Tribunale di Frosinone) ed hanno ad oggetto la rideterminazione della retribuzione di posizione – parte variabile -, che non è più in discussione in questa sede in quanto i motivi di ricorso si riferiscono alla sola indennità di pronta disponibilità;
il primo motivo di ricorso è inammissibile perché formulato senza il necessario spetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4;
6.1. il requisito imposto dal richiamato art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 deve essere verificato anche in caso di denuncia di errores in procedendo, rispetto ai quali la Corte è giudice del “fatto processuale”, perché l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012);
6.2. la parte, quindi, non è dispensata dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di richiamare, con altrettanta specificità, nel ricorso gli atti rilevanti, non essendo consentito il rinvio per relationem agli atti del giudizio di merito, perché la Corte di Cassazione, anche quando è giudice del fatto processuale, deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (cfr. fra le più recenti Cass. S.U. n. 20181/2019; Cass. n. 20924/2019);
6.3. l’Azienda ricorrente nel primo motivo ha argomentato, in astratto, sui requisiti richiesti dall’art. 414 c.p.c. ma non ha riportato, quanto meno nelle parti essenziali riguardanti l’indennità della quale qui si discute, l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, non depositato in questa sede ed in relazione al quale manca anche qualunque indicazione sulla localizzazione nel fascicolo di parte o d’ufficio;
7. parimenti inammissibile è il secondo motivo, perché attraverso la deduzione solo apparente di errores in iudicando ed in procedendo, sollecita una diversa valutazione delle risultanze istruttorie quanto agli elementi di fatto (quantità dei turni svolti, luogo di svolgimento, natura del servizio – pag. 11 del ricorso) apprezzati dal Tribunale, prima, e dalla Corte territoriale, poi, ai fini della quantificazione delle riconosciute differenze retributive;
7.1. l’erronea o insufficiente valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice d’appello non integra violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., che può essere – avvisata solo qualora il ricorrente alleghi che siano state poste a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o che il giudice abbia disatteso delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr. fra le più recenti Cass. n. 18092/2020, Cass. n. 1229/2019, Cass. n. 23940/2017, Cass. n. 27000/2016);
7.2. occorre ribadire al riguardo che la censura di violazione delle norme processuali predette non può legittimare una “trasformazione” in error in procedendo del precedente vizio di motivazione per “insufficienza od incompletezza logica”, vizio non più denunciabile in sede di legittimità (Cass. n. 23940/2017) e ciò perché, all’esito delle modifiche apportate al codice di rito dal D.L. n. 83 del 2012, “il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo Inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. n. 11892/2016 e negli stessi termini Cass. n. 23153/2018);
8. e’, invece, fondato il terzo motivo, con il quale si addebita alla Corte territoriale di avere errato nella ricostruzione e nell’interpretazione della normativa contrattuale succedutasi nel tempo e di avere, altrettanto erroneamente, conferito ultrattività alla deliberazione n. 1873/1999, ormai superata dalla nuova regolamentazione dell’istituto dettata dalla contrattazione nazionale;
8.1. il D.P.R. n. 384 del 1990, art. 110 nell’affermare la perdurante vigenza delle indennità previste dal D.P.R. n. 270 del 1987, art. 82 al comma 6 fissava in L. 40.000 lorde l’importo di quella di pronta disponibilità;
8.2. il CCNL 5.12.1996 per la dirigenza medica e veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale, all’art. 20, disciplinava il servizio di pronta disponibilità, prevedendo, al comma 5, che lo stesso desse diritto alla corresponsione, per ogni dodici ore, di un’indennità, della quale non quantificava l’ammontare, precisando solo, al comma 6, che al pagamento del compenso si doveva provvedere con il fondo disciplinato dall’art. 62 dello stesso contratto (… La pronta disponibilità dà diritto ad una indennità per ogni dodici ore…. Ai compensi di cui al presente articolo si provvede con il fondo dell’art. 62);
8.3. quest’ultima disposizione, oltre ad indicare le modalità di costituzione del fondo e le finalità dello stesso (… Per la corresponsione degli emolumenti connessi a determinate condizioni lavorative, dal 31 dicembre 1995 ed a valere sulle competenze 1996 senza alcun pregiudizio sugli aumenti del biennio successivo, è istituito un fondo, che è formato nel suo ammontare dalla somma spesa per l’anno 1993 per il pagamento al personale destinatario del presente contratto: della indennità di pronta disponibilità di cui al D.P.R. n. 270 del 1987, art. 82 come modificato dal D.P.R. n. 384 del 1990, art. 110, comma 6…) stabiliva, al comma 6, che “la misura dell’indennità di pronta disponibilità, ai sensi dell’art. 20, comma 5, viene rideterminata – rispetto al valore indicato nel D.P.R. n. 384 del 1990, art. 110, comma 6 – in sede di contrattazione decentrata in base ai modelli organizzativi adottati per la ristrutturazione aziendale, nei limiti del fondo annuale di cui al comma 1”;
8.4. in questo contesto è intervenuta la Delib. 21 luglio 1999, n. 1873 con la quale la ASL di Frosinone, nell’adottare il regolamento per l’Area della dirigenza medica e veterinaria, all’art. 49 ha previsto che “ai sensi dell’art. 62, comma 6 del CCNL il compenso per ogni turno di disponibilità intero viene stabilito nella misura minima di L. 80.000 purché sia compatibile l’onere complessivo con le disponibilità del relativo fondo cui fa carico”;
8.5. successivamente con il CCNL 8.6.2000, art. 51, le parti collettive hanno confermato il fondo previsto dal richiamato art. 62, fissandone l’ammontare in quello consolidato al 31.12.1997, ed al comma 4 hanno previsto che “la contrattazione integrativa, in base ai modelli organizzativi adottati dall’azienda con riguardo alla razionalizzazione dell’orario di lavoro, servizi di guardia medica e pronta disponibilità che abbiano carattere di stabilità, potrà integrare il fondo di cui all’art. 50 ovvero destinare i relativi risparmi a rideterminare l’importo dell’indennità di pronta disponibilità, fissato nella quota minima di L. 40.000”;
8.6. sulla materia della pronta disponibilità e’, poi, intervenuto il CCNL 3.11.2005 che, all’art. 17, ha rivisto la disciplina “sostanziale” dell’istituto, disapplicando l’art. 20 del CCNL 5.12.1996, ed ha stabilito che al pagamento dell’indennità si dovesse provvedere con il fondo per il trattamento accessorio legato alle condizioni di lavoro disciplinato dall’art. 55, che a sua volta rinvia all’art. 51 del già richiamato CCNL 8.6.2000, di cui conferma, in particolare, il comma 4 relativo all’ammontare della indennità di pronta disponibilità ed ai poteri concessi al riguardo alla contrattazione integrativa (Nulla è innovato per quanto attiene il fondo previsto dagli artt. 51 e 10 del CCNL dell’8 giugno 2000, I e II biennio, per il trattamento accessorio legato alle condizioni di lavoro e per le modalità del suo utilizzo, con particolare riguardo alle relative flessibilità. Il suo ammontare è quello consolidato al 31 dicembre 2001.
2. Sono, pertanto, confermati, in particolare, dell’art. 51, i commi 2, 3 e 4 di cui al comma 1);
8.7. non e’, quindi, condivisibile la sentenza impugnata nella parte in cui sostiene che sarebbe stato superato il riferimento alla disponibilità del fondo annuale destinato a remunerare particolari condizioni di lavoro, perché, al contrario, la contrattazione collettiva nazionale succedutasi nel tempo, pur consentendo alla contrattazione integrativa di rideterminare in aumento l’importo dell’indennità di pronta disponibilità, ha sempre condizionato l’esercizio di detto potere alle disponibilità del fondo aziendale destinato a far fronte al relativo onere;
chiaro in tal senso è l’art. 62, comma 6, del CCNL 5.12.1996, al quale l’art. 51 del CCNL 8.6.2000 espressamente rinvia, con la conseguenza che il potere conferito alla contrattazione integrativa dal comma 4 trova anche in tal caso un limite nella complessiva disponibilità del fondo in questione, fissata inderogabilmente “nell’ammontare consolidato al 31.12.1997” (CCNL 6.6.2000) ed al 31.12.2001 (CCNL 3.11.2005);
9. va, poi, evidenziato che la contrattazione nazionale, che ha rimesso a quella integrativa la rideterminazione dell’importo dell’indennità della quale qui si discute, ha anche previsto un’efficacia temporalmente limitata della contrattazione aziendale (art. 5 CCNL 3.11.2005; art. 5 CCNL 8.6.2000; art. 4 CCNL 5.12.1996), contrattazione che, secondo la previsione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40 nel testo applicabile ratione temporis, è tenuta al rispetto dei vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali nonché di quelli derivanti dalle disponibilità di bilancio e dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale dell’amministrazione;
9.1. tanto basta per escludere che il diritto a percepire l’indennità in misura maggiorata rispetto a quella prevista dalla contrattazione collettiva nazionale, di tempo in tempo vigente, possa essere fondato su un atto deliberativo risalente all’anno 1999, in assenza di un successivo intervento della contrattazione integrativa che quell’atto abbia richiamato, verificandone anche la compatibilità con le risorse disponibili;
? va ricordato, infatti, che nell’impiego pubblico contrattualizzato l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi ed alle condizioni dagli stessi previste sicché l’adozione di un atto unilaterale di gestione del rapporto con il quale venga attribuito al lavoratore un determinato emolumento non è sufficiente, di per sé, a costituire una posizione giuridica soggettiva in capo al lavoratore medesimo, in quanto la misura economica deve trovare necessario fondamento nella contrattazione collettiva (cfr. fra le tante Cass. n. 32367/2021 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione);
10. restano di conseguenza assorbite tutte le questioni poste nel quarto motivo di ricorso quanto all’interpretazione del regolamento, alla natura della condizione prevista dall’art. 49, all’individuazione della parte onerata di provare l’evento condizionante, argomenti sui quali hanno anche insistito i controricorrenti, riproponendo una tesi che questa Corte ha già ritenuto infondata con la sentenza n. 5417/2020, alla cui motivazione, condivisa dal Collegio, si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c.;
11. in via conclusiva deve essere accolto il terzo motivo di ricorso e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria domanda di pagamento dell’indennità di pronta disponibilità nell’importo fissato dalla richiamata Delib. n. 1873 del 1999;
12. quanto al regolamento delle spese del giudizio va detto che, in ragione della soccombenza solo parziale degli originari ricorrenti (si è formato giudicato sul capo della sentenza che ha riconosciuto le differenze spettanti a titolo di retribuzione di posizione parte variabile), devono essere compensate limitatamente ad un mezzo le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e la ASL di Frosinone va condannata al pagamento della quota residua, liquidata in misura pari ai 50% degli importi riconosciuti, a titolo di spese legali, dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Roma;
13. la complessità della questione giuridica e la novità della stessa al momento della proposizione del ricorso, giustificano l’integrale compensazione fra le parti delle spese del giudizio di legittimità;
14. non sussistono le condizioni processuali richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228 per il raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto, e dichiara inammissibile i primi due motivi di ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito rigetta la domanda di pagamento dell’indennità di pronta disponibilità. Compensa fra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito limitatamente ad un mezzo e condanna la ASL di Frosinone a rifondere agli originari ricorrenti la quota residua, liquidata in misura pari al 50% di quanto già liquidato dal Tribunale e dalla Corte d’Appello. Compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022
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