LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. PIRARI Valeria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17627/2015 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Z.A.;
– intimato –
Avverso la sentenza n. 157/26/2015 della Commissione tributaria regionale per il Veneto, depositata il 12/1/2015 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9/6/2021 dalla Dott.ssa Valeria Pirari.
RILEVATO
che:
1. Con due distinti avvisi di accertamento, l’Agenzia delle Entrate quantificò nei confronti di Z.A. maggiori redditi relativi agli anni di imposta 2005 e 2006, liquidando maggiori Irpef e addizionali e applicando sanzioni e interessi, sulla base di controlli svolti ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, che consentirono di accertare l’acquisto, nel 2008, di un’autovettura modello Jaguar XKR Coupe’, il possesso di altre cinque autovetture, di due motocicli e di tre immobili (uno dei quali al 50% con la coniuge e uno dei quali, in nuda proprietà, con Zu.An.) e l’acquisto nel 2008, preceduto da un contratto preliminare del 2007, della piena proprietà di un ulteriore immobile, parte del quale pagato per contanti e parte mediante accensione di un mutuo ipotecario. La notifica dei predetti atti fu preceduta dall’invio al contribuente, mediate servizio postale, di un questionario finalizzato alla raccolta di dati e informazioni utili, al quale questi non diede risposta.
Impugnati i predetti atti dal contribuente, la C.T.P. di Treviso accolse ricorsi riuniti con sentenza n. 23/08/2012. Il giudizio di appello, instaurato dall’Ufficio e nel quale fu proposto dal contribuente appello incidentale in relazione alla mancata ricezione del questionario, esitò nella sentenza n. 157/26/15, con la quale fu accolto il ricorso incidentale in ragione del mancato invio del questionario, stante l’irregolarità del procedimento notificatorio, e la conseguente difformità dalla realtà della motivazione degli atti che invece davano conto della corretta instaurazione del contraddittorio.
2. Contro la predetta sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Il contribuente è rimasto intimato.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione della L. 20 novembre 1982, n. 890, artt. 8 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. annullato gli avvisi di accertamento in ragione del mancato perfezionamento della notifica del questionario, risultato a suo dire solo inviato. L’Ufficio ha sul punto obiettato che il procedimento notificatorio si era invece correttamente concluso per compiuta giacenza, atteso che il plico era stato spedito presso la residenza del contribuente per posta in data 26/8/2010, mediante raccomandata, ed era stato depositato in data 28/8/2010 presso l’ufficio postale per mancanza del destinatario, con contestuale immissione nella cassetta postale dell’avviso e invio di comunicazione di avvenuto deposito (CAD), mediante raccomandata, in data 27/8/2010, senza che venisse ritirato entro il termine di dieci giorni (il 7/9/2010), ciò che aveva comportato la sua restituzione al mittente, secondo le modalità disciplinate dalla L. n. 890 del 1982, artt. 14 e 8.
2. Col secondo motivo, proposto in via subordinata, viene lamentata la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, nella versione applicabile ratione temporis, atteso che, alla stregua di tali disposizioni, la mancata instaurazione del preventivo contraddittorio non avrebbe potuto determinare la nullità degli avvisi di accertamento, stante l’assenza di un principio generale in tal senso e la sostanziale irretroattività della modifica del predetto art. 38, commi da quarto all’ottavo, operata dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78.
3. Il secondo motivo, da analizzare prioritariamente in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” – desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. -, in quanto suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, è fondato.
Questa Corte ha infatti già avuto modo di affermare che, in tema di accertamento sintetico, l’omesso invio del questionario di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, al fine di acquisire dati, notizie e chiarimenti, non invalida l’atto impositivo, trattandosi di una facoltà discrezionale dell’Amministrazione finanziaria, avente lo scopo di assicurare un dialogo tra fisco e contribuente per evitare l’instaurazione di un contenzioso giudiziario (Cass., Sez. 5, 31/10/2018, n. 27851). Tale tipo di accertamento peraltro non postula, in difetto di ogni previsione al riguardo della norma, che gli elementi e le circostanze di fatto in base ai quali il reddito viene determinato dall’ufficio siano in qualsiasi modo (nell’ipotesi formulata dal ricorrente, mediante l’invio di un questionario) contestati al contribuente, ferma restando per quest’ultimo la possibilità di fornire, in sede di impugnazione dell’atto, la dimostrazione che il redito effettivo è diverso e inferiore rispetto a quello scaturente dalle presunzioni adottate dall’amministrazione finanziaria, sicché la sola circostanza relativa alla mancata instaurazione di una qualche forma di contraddittorio con il contribuente nella fase istruttoria non può giustificare l’annullamento dell’accertamento stesso (Cass., Sez. 5, 18/12/2006, n. 27079).
L’obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, cui l’Amministrazione finanziaria è gravata, attiene infatti soltanto ai tributi armonizzati, pena l’invalidità dell’atto, ma non anche a quelli non armonizzati, per i quali, non essendo rinvenibile, nella legislazione nazionale, una prescrizione generale, analoga a quella comunitaria, è configurabile esclusivamente ove risulti specificamente sancito, come avviene per l’accertamento sintetico in virtù del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 7, nella formulazione introdotta dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22, comma 1, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 (cfr. Cass., Sez. U., 9/12/2015, n. 24823; Cass., Sez. 6-5, 31/5/2016, n. 11283).
Quest’ultima disposizione, tuttavia, prevede che le modifiche apportate al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, producano effetti “per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto”, ossia per quelli relativi a periodi d’imposta afferenti al 2009 e seguenti (Cass., Sez. 6-5, 31/05/2016, n. 11283, cit.; Cass., sez. 6-5, 06/10/2014, n. 21041).
Ciò comporta che, attenendo l’oggetto della odierna contesa agli anni di imposta 2006 e 2007, trovi applicazione il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, nella formulazione antecedente alla novella del 2010, in virtù del quale l’accertamento compiuto va considerato legittimo anche senza l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, non essendo necessaria la previa contestazione al contribuente degli elementi e delle circostanze di fatto fondanti la rideterminazione del reddito, ferma restando la possibilità di quest’ultimo di fornire, in sede di impugnazione dell’atto, la dimostrazione che il redito effettivo è diverso e inferiore rispetto a quello scaturente dalle presunzioni adottate dall’amministrazione finanziaria (Cass., Sez. 5, 18/12/2006, n. 27079).
Nella specie, la C.T.R. non si è affatto attenuta a tali principi, avendo fondato la declaratoria di nullità degli avvisi di accertamento sul difetto di notifica dell’invio del questionario e sulla conseguente mancata instaurazione del contraddittorio, ciò che comporta la fondatezza della censura.
4. Per effetto dell’accoglimento del secondo motivo, le questioni relative alla notifica del questionario devono ritenersi assorbite, non assumendo le stesse alcuna rilevanza ai fini della soluzione della controversia, in quanto inidonee ad incidere sulla validità degli avvisi impugnati.
5. In conclusione, dichiarata la fondatezza del secondo motivo e l’assorbimento del primo, la sentenza deve essere cassata, con rinvio alla C.T.R. per il Veneto, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo e dichiara assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. per il Veneto, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022