Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.698 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Anna Maria – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11928/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

La.M.E.T. di S.S. & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Acchiardi e Alessandro Oddi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, sito in Roma, via Pompeo Ugonio, 3;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, n. 22/08/13, depositata il 18 marzo 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 novembre 2021 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

RILEVATO

che:

– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, depositata il 18 marzo 2013, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva annullato la cartella di pagamento notificata alla LA.M.E.T. di S.M. s.n.c. per omesso versamento dell’i.v.a. relativa all’anno 2002;

– dall’esame della sentenza impugnata si evince che con tale cartella era stata disconosciuta la compensazione operata con un credito di imposta vantato dalla società, derivante dall’incentivo di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 11, in quanto tale credito non era stato indicato nella relativa dichiarazione dei redditi;

– il giudice di appello ha accolto il gravame della società evidenziando che quest’ultima aveva comunicato all’Amministrazione finanziaria, ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a), i dati del credito di imposta concesso e che tale comunicazione era idonea a evitare la perdita del diritto;

– il ricorso è affidato a un unico motivo;

– resiste con controricorso la LA.M.E.T. di S. Michele s.n.c.;

– quest’ultima deposita memoria.

CONSIDERATO

che:

– occorre preliminarmente rilevare che la società ha avanzato domanda di definizione agevolata della lite ai sensi della D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6, cono., con modif., nella L. 17 dicembre 2018, n. 136, ma tale domanda è stata respinta dall’Amministrazione finanziaria in ragione della non definibilità dell’atto impugnato, in quanto avente natura meramente riscossiva;

– sempre in via preliminare, va esclusa la ricorrenza di un litisconsorzio necessario nei confronti dei soci della società, in quanto l’atto di recupero del credito d’imposta incide (al pari dell’agevolazione che tende a revocare) direttamente sull’imposta e non già sull’imponibile, per cui non comporta alcuna interferenza con la situazione impositiva dei soci (cfr., Cass., sez. un., 6 luglio 2017, n. 16692; precedentemente, in tal, senso, Cass. 6 agosto 2014, n. 17648);

– ciò posto, con l’unico motivo di ricorso motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 449 del 1997, art. 11, comma 3, della L. 5 ottobre 1991, n. 319, art. 11, comma 3, e della L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. a), per aver la sentenza impugnata ritenuto che la comunicazione della concessione del credito di imposta, effettuata ai sensi di tale ultima disposizione normativa, ostasse alla decadenza dal beneficio conseguente alla mancata indicazione dello stesso nella dichiarazione dei redditi;

– il motivo è fondato;

– la L. n. 449 del 1997, art. 11, comma 3, nella formulazione applicabile ratione temporis, stabilisce che “Il credito d’imposta di cui al comma 1 (ossia, quello riconosciuto alle piccole e medie imprese commerciali per l’acquisto di beni strumentali) è concesso, nei limiti dello stanziamento disponibile, con le modalità ed i criteri di cui alla L. 5 ottobre 1991, n. 317, art. 10, e alle relative disposizioni attuative, ad eccezione di quanto previsto al medesimo art. 10, commi 2, 4 e 6. Al credito d’imposta si applicano altresì, fatto salvo quanto disposto dal presente articolo, le disposizioni di cui alla citata L. n. 317 del 1991, artt. 11 e 13”;

– a sua volta la L. n. 317 del 1991, art. 11, prevede, al comma 3, che “il credito d’imposta di cui agli artt. 6, 7, 8 e 9 deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale è concesso il beneficio ai sensi della comunicazione di cui all’art. 10, comma 3, che deve essere allegata alla medesima dichiarazione dei redditi o nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo;

– dall’esame congiunto di tali disposizioni emerge che il credito d’imposta in oggetto deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è accordato o in quella successiva, (così, Cass. 30 giugno 2021, n. 18378; Cass. 12 gennaio 2021, n. 250; Cass. 12 gennaio 2018, n. 610; Cass. 31 gennaio 2017, n. 2395);

– infatti, come evidenziato nella richiamata pronuncia n. 610 del 2018, la decadenza è connaturata alla struttura dell’istituto, in quanto è coerente con la scelta di accordare il beneficio in relazione all’esercizio fiscale nel corso del quale si sia proceduto all’acquisto dei beni strumentali idonei a rispondere all’obiettivo della riqualificazione della rete distributiva;

– la mancata indicazione del credito nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta legislativamente indicato, ne impedisce il riconoscimento in diminuzione dell’imposta altrimenti dovuta, mentre l’allegazione alla dichiarazione della comunicazione ministeriale di concessione del credito d’imposta non assume rilevanza a tale fine, essendo strumentale all’espletamento delle verifiche da parte dell’amministrazione finanziaria;

– non pertinente – oltre che non rilevante, per le ragioni suesposte – è la circostanza, valorizzata dalla Commissione regionale, dell’invio telematico della comunicazione relativa ai dati del credito d’imposta concesso effettuata dalla contribuente ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. a);

– tale disposizione, infatti, prevede obblighi di comunicazione a carico dei beneficiari di agevolazioni pubbliche per gli investimenti nelle aree svantaggiate di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, per cui non trova applicazione al caso in esame, in cui viene in rilievo, come già rilevato, la concessione di un contributo alle piccole e medie imprese per l’acquisto di beni strumentali;

– la sentenza va, dunque, cassata con riferimento al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatti, questa Corte può decidere nel merito, respingendo l’originario ricorso;

– si evidenzia, da ultimo, che non possono trovare ingresso in questa sede – o in un eventuale giudizio di rinvio – le questioni sollevate dalla contribuente nel controricorso relative alla legittimità delle sanzioni irrogate, in assenza dell’allegazione dell’avvenuta deduzione delle stesse dinanzi al giudice di merito;

– appare opportuno disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di merito, mentre quelle relative al giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge l’originario ricorso; compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna la controricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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