Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.7 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 24175/15 R.G., proposto da:

Z.S., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’avv.to Marino Marinelli e dall’avv.to Manuele Coglitore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Confalonieri n. 4, presso lo studio dell’avvocato Coglitore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 458/29/15 della Commissione tributaria regionale del Veneto, depositata in data 4 marzo 2015, non notificata;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa D’Angiolella Rosita nella camera di consiglio del 26 ottobre 2021;

viste le conclusioni del sostituto procuratore generale, Dott. Mucci Roberto, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8 bis, con. conv. con mod. in L. 18 dicembre 2020, n. 176, di rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Dalla sentenza impugnata risulta che in data 27 settembre 2006 la società Apinox s.r.l. stipulò con la società Woodrow Mckinney & C. LLC un contratto denominato “impegno irrevocabile allo sconto pro soluto di crediti commerciali” (irrevocable commitment to purchase without recourse contract), per il quale la società Apinox contabilizzava, per l’anno di competenza 2006, un costo di Euro 134.904,00 a fronte del versamento conseguente all’impegno irrevocabile dello sconto pro-soluto per Euro 59.976,17. Dalla sentenza impugnata risulta pure che nella stessa annualità la società Woodrow Mckinney & C. LLC retrocesse alla società Apinox s.r.l., la somma di Euro 37.825,00 su conto corrente cifrato presso una banca di Lugano intestato a Z.S., legale rappresentante e socio di Apinox.

2. Da tali fatti si originò la verifica della Guardia di finanza di Conegliano che, in data 9 settembre 2011, notificò alla Apinox s.r.l. processo verbale di constatazione con il quale veniva accertato un maggior reddito in capo alla società, per l’anno 2006, di Euro 134.904,00, a titolo di indebite deduzioni di costi relativi ad operazioni inesistenti. La società Apinox s.r.l. aderiva ai rilievi contenuti nel p.v.c.c.on atto di definizione n. ***** del 2011.

3. In data 29/10/ 2010, l’Agenzia delle entrate notificò a Z.S., un primo avviso di accertamento per dividendi non dichiarati (per Euro 59.976,17), con maggiore imponibile di Euro 23.990,46, in quanto tassabili nella misura del 40%.

4. Successivamente, in data 16/12/2011, l’Agenzia delle entrate notificò a Z.S. altro avviso di accertamento (n. *****), sempre per l’anno d’imposta 2006, con il quale accertò, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41 bis, un maggior reddito imponibile di Euro 43.171,99, considerando come ulteriore dividendo (utili occulti) distribuito ai soci nel 2006, la somma di Euro 74.927,83, quale differenza derivante dall’importo di Euro 134.904,00, di cui all’accertamento con adesione della società, e l’importo di Euro 59.976,17, di cui al primo accertamento emesso nei confronti del Z., dividendo attribuito per il 64% a Z.S., per il 18% Z.C. e per il 18% Z.L., questi ultimi quali soci della Castellana s.a.s.

4.1. Nello specifico, l’Agenzia delle entrate attribuiva l’utile accertato in capo al socio Z.S., direttamente, in ragione della quota di proprietà azionaria da lui direttamente detenuta in Apinox s.r.l., pari al 10% e, indirettamente, considerato che il 90% della Apinox s.r.l. era detenuto dalla società Castellana s.a.s. di proprietà di Z.S., per una quota pari al 54%, e quindi per una partecipazione totale alla Apinox s.r.l. pari al 64% (10%+54% =64%).

5. Z.S. impugnò, separatamente, tale ultimo avviso di accertamento deducendone l’illegittimità formale e sostanziale per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, per mancanza di novità di elementi sopravvenuti atti ad integrare l’originario accertamento nonché per la preclusione derivante dall’accertamento dalla dichiarazione riservata ai sensi del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 13 bis, conv. in L. 3 agosto 2009, n. 102.

6. La Commissione tributaria provinciale di Treviso, con sentenza n. 46/3/2013, accolse in parte le doglianze del contribuente, rigettando le questioni riguardanti la legittimità formale dell’avviso e determinando, nel merito, il maggior reddito al netto della imposta Ires, in quanto già versata dalla società Apinox s.r.l.

7. Il contribuente propose appello avverso tale sentenza per la parte a lui sfavorevole. Anche l’Agenzia delle entrate impugnò tale sentenza, con autonomo appello, per la parte a sé sfavorevole riguardante la determinazione del maggior reddito al netto dell’imposta Ires.

8. La CTR del Veneto, con la sentenza in epigrafe, disposta la riunione degli appelli, ha superato le questioni preliminari sollevate dal contribuente, affermando la legittimità dell’accertamento integrativo, stante “la sequenza temporale delle attività investigative svolte a carico della società Apinox” e negando l’opponibilità del cd. scudo fiscale per l’avvio di un procedimento penale a carico del Z. prima della dichiarazione riservata da questi effettuata ai sensi del D.L. n. 78 del 2009, art. 13 bis; nel merito, sulla base della presunzione di distribuzione degli utili occulti ai soci di società a ristretta base, accoglieva l’appello dell’Ufficio confermando integralmente, e non al netto dell’Ires, la determinazione del maggior reddito.

8. Z.S. ha proposto ricorso in cassazione avverso tale sentenza affidato a tre motivi ed ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c..

9. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 38 e 43, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 53 e 56, nonché, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, in combinato disposto con l’art. 156 c.p.c., comma 2, per aver la CTR ritenuto, con motivazione erronea ed apodittica, la sussistenza di elementi nuovi a fondamento del successivo accertamento in aumento notificatogli dall’Amministrazione in data 16/12/2011 n. *****, mentre si trattava degli stessi fatti già conosciuti dall’Amministrazione finanziaria all’atto dell’emissione del primo accertamento. Deduce che, fin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (allegato 4, pagg. 3-4 del ricorso originario, allegato 7, pagg. 3 e ss. dell’appello), aveva rilevato come l’Agenzia delle entrate era venuta a conoscenza dei fatti già prima del processo verbale di constatazione del 09/09/2011 e già con la lettera della Direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate di Treviso del 30/09/2010, allegata al primo avviso di accertamento, in cui si dava atto della circostanza che Apinox s.r.l. avesse contabilizzato nel 2006 costi indeducibili per Euro 134.904,00 (v. deduzioni in appello riportate a pag. 18 del ricorso: “(…) della circostanza che Apinox avesse contabilizzato nel 2006 costi in indeducibili per Euro 134.904,00 si trova (pagina 7) notizia nell’allegato 4 (verbale di perquisizione del 05/11/2009) richiamato alla pagina quattro della lettera 30/09/2010 prot. 2010/138375 (segnalazione n. 462010) della Direzione centrale Accertamento dell’Agenzia delle entrate, lettera allegata al primo avviso di accertamento a carico del signor Z.S. n. *****, documenti tutti allegati al ricorso introduttivo e quindi agli atti del procedimento”).

2. Il motivo è infondato.

2.1. Non è contestato, in fatto, che il secondo accertamento a carico del Z. del 16/12/2011 è stato emesso successivamente alla definizione per adesione della Apinox al p.v.c. della Guardia di Finanza di Conigliano del 9 settembre 2011, considerandosi, come dividendo da imputare alla disponibilità del Z., in proporzione della sua quota di partecipazione alla società Apinox s.r.l., la somma pagata da Apinox nel 2006, come costo per operazione inesistente (134.904,00). Non è contestato, altresì, che il primo avviso di accertamento notificato al Z. in data 29/10/2010, per l’annualità 2006, aveva sempre ad oggetto la determinazione di dividendi non dichiarati (per Euro 59.976,17), per la partecipazione azionaria del Z. alla società a ristretta base Apinox s.r.l., così come è pacifico e risulta dagli atti che la rideterminazione del maggior reddito imponibile di Euro 43.171,99, di cui al successivo accertamento derivato dai dividendi (utili occulti) distribuiti ai soci di Apinox nel 2006, è stato calcolato dall’Ufficio sulla differenza tra l’importo di Euro 134.904,00, di cui all’accertamento con adesione della società, e l’importo di Euro 59.976,17, di cui al primo accertamento emesso nei confronti del Z., con attribuzione al Z. nella misura del 64%, in ragione della quota di proprietà azionaria da lui direttamente detenuta in Apinox (pari al 10%) e, indirettamente (per la sua partecipazione in Castellana s.a.s.), per una quota pari al 54% (10%+54 = 64%).

2.2. La difesa erariale fa rilevare che poiché il secondo atto impositivo si basa sul p.v.c. redatto dalla G.d.F. in data 9 settembre 2011, quindi, in data successiva sia al primo atto impositivo, sia all’atto di adesione della società Apinox, tale p.v.c., esso contiene quegli “elementi nuovi” atti a legittimare l’atto integrativo; la difesa privata, con rinvii agli atti contenuti nell’incarto processuale, fa rilevare che, già dalla lettera del 30/09/2010 della Direzione di Treviso e dai relativi allegati, era stato ipotizzato il fatto della inesistenza del costo sopportato da Apinox in relazione al contratto di sconto pro-soluto da questa concluso con la società statunitense Woodrow Miknney Company LLC (di seguito, Woodrow) ed era emersa la circostanza della contabilizzazione, per il 2006, di costi indeducibili per Euro 134.094,00, con evidente mancanza di novità trattandosi di elementi di fatto già noti all’Ufficio ed inidonei a giustificare l’emissione del secondo accertamento.

3. E’ principio assolutamente pacifico che costituiscono dati la cui sopravvenuta conoscenza legittima l’integrazione o la modificazione in aumento dell’avviso di accertamento, mediante notificazione di nuovi avvisi, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, comma 3 (e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, comma 3), anche quelli conosciuti da un ufficio fiscale, ma non ancora in possesso di quello che ha emesso l’avviso di accertamento al momento dell’adozione di esso (Cass., Sez. 5, 12/05/2006, n. 11057, richiamata da Sez. 6-5, 22/01/2018, n. 1542).

3.1. Tali principi non sono limitati dalla circostanza dell’emissione di un primo accertamento parziale, che – a mente del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41bis (e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54) – è solo uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, sempre che gli elementi acquisiti (non necessariamente provenienti da segnalazione di soggetti ad essa estranei, ben potendo derivare anche da fonti interne) siano idonei a dare contezza della sussistenza, a qualsiasi titolo, di attendibili posizioni debitorie e non richiedano, in ragione della loro oggettiva consistenza, l’esercizio di valutazioni ulteriori rispetto a quella che si risolve nel recepire e fare proprio il contenuto delle fonti (segnalazione o lo svolgimento di ulteriori attività di approfondimento), senza necessità di ulteriore approfondimento (cfr. Cass., sez. 5, 23/12/2014, n. 27323; Cass. Sez. 5, 10/2/2016, n. 2633).

3.2. E’ stato soggiunto che per l’emissione dell’accertamento integrativo non rileva che il primo accertamento sia stato definito con adesione poiché, per la norma espressa di cui al D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 2, comma 4, lett. b), tale forma di definizione non esclude l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice entro i termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, “se la definizione riguarda accertamenti parziali” (Cass., Sez. 5, 22/1/2018, n. 1542; anche Cass., sez. 5, 12/05/2006, n. 23353).

3.3. Entro tali limiti, dunque, l’elemento rilevante per il discrimine tra avviso originario (parziale) e avviso successivo, è la novità degli elementi posti a fondamento dell’emissione del successivo atto impositivo così come dal dato testuale dalle disposizioni in parola (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 4, prevede che: “(…) l’accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio delle imposte”; in tema di Iva, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 5, prevede la possibilità di rettifiche o modificazioni, mediante la notificazione di nuovi avvisi, “in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi”).

3.4. Sugli elementi di novità, è stato chiarito che poiché con l’emissione dell’avviso di rettifica l’amministrazione consuma il proprio potere di accertamento in relazione agli elementi posti a propria disposizione, non v’e’ novità in presenza di diversa, o più approfondita, valutazione del “materiale probatorio” già acquisito dall’ufficio (v. Sez. 5, 18/10/2018, n. 26191).

3.5. E’ stato, altresì, evidenziato che l’emissione di un ulteriore accertamento, integrativo di quello parziale originario, per il medesimo periodo di imposta, debba essere fondato su fonti diverse da quelle poste a base del primo o comunque su dati la cui conoscenza, da parte dell’ente impositore, sia ad esso sopravvenuta, non già in applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 4, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 4, in tema di accertamento integrativo, stante la non sovrapponibilità dei due istituti, ma in applicazione del generale principio della tendenziale unicità degli accertamenti, di cui gli strumenti previsti dalle citate disposizioni costituiscono deroga, altrimenti pregiudicandosi il diritto del contribuente ad una difesa unitaria e complessiva che tale principio garantisce (Sez. 5, 04/12/2020, n. 27788).

3.5. Ritiene il Collegio che la CTR del Veneto non si sia discostata da tali superiori principi di diritto (v., in particolare, sub. p. 3) là dove ha affermato che “la sequenza temporale delle attività investigative svolte a carico della società Apinox rende accoglibile la tesi secondo la quale, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 4, l’Ufficio era autorizzato ad integrare l’accertamento mediante la notifica di un ulteriore avviso, essendo venuto a conoscenza successivamente di nuovi elementi”.

3.6. Ed invero, tale motivazione è adeguata ai richiamati principi in quanto il giudice d’appello nel riferirsi alla “sequenza temporale delle attività investigative svolte a carico della società Apinox”, ha evidentemente inteso che, sebbene l’Ufficio al momento della emanazione del primo avviso fosse in possesso di taluni elementi relativi alla società partecipata, soggetto fiscale diverso rispetto al socio, tuttavia, solo con la successiva conclusione dell’accertamento sulla partecipata, sono stati acquisiti i dati relativi al socio. Tali circostanze, non contestate dal ricorrente, evidenziano in sé la conoscenza sopravvenuta di ulteriori dati da parte dell’ente impositore, sì da giustificare l’accertamento integrativo.

3.7. In conclusione, l’accertamento integrativo è stato emesso in forza di dati – relativi al contribuente Z. – non ancora in possesso dell’Ufficio al momento della emissione dell’avviso principale e quindi caratterizzati da elemento di novità.

4. La dedotta extrapetizione e’, invece, inammissibile, in quanto volta a censurare un mero argomento utilizzato dalla CTR, e desumibile dagli atti, ai fini del ragionamento sulla congruità della motivazione in ordine all’eccezione di invalidità dell’accertamento integrativo.

5. Col secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 13 bis, conv. dalla L. 3 agosto 2009, n. 102 e del D.L. 25 settembre 2001, n. 350, art. 14, conv. dalla L. 23 novembre 2001, n. 409, per aver la CTR ritenuto che la conoscenza, derivante da una perquisizione, dell’esistenza di un procedimento penale non consente al contribuente di opporre gli effetti del cd. scudo fiscale, mentre, in base alla lettera della norma (D.L. n. 78 del 2009, art. 13 bis) non può attribuirsi valenza ostativa di ogni effetto del cd. scudo fiscale alla “formale conoscenza” dell’avvio di un procedimento penale anteriormente alla presentazione della dichiarazione riservata, dovendosi distinguere tra effetti favorevoli al contribuente di tipo amministrativo (comma 1, lett. a) e b)) ed effetti favorevoli di tipo penale (comma 1, lett. c), ed operando per i primi la notifica formale dell’atto fiscale.

6. Il motivo è infondato.

6.1. Il D.L. n. 78 del 2009, art. 13 bis, conv. nella L. n. 102 del 2009, ha introdotto una forma (definita dalla dottrina “atipica”) di condono fiscale mediante l’istituzione di un’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute al di fuori del territorio dello Stato in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale. Tale emersione risulta dalla presentazione, ad opera di un intermediario, di una dichiarazione riservata. Sul piano degli effetti la dichiarazione riservata determina, da un lato, l’estinzione delle sanzioni amministrative, di natura tributaria e previdenziale, in relazione agli importi dichiarati, con riferimento ai periodi di imposta per i quali non erano ancora scaduti i termini per l’accertamento, dall’altro l’inibizione dei poteri di accertamento dei competenti Uffici in materia tributaria e previdenziale per tutti gli imponibili correlati alle somme o alle attività oggetto della sanatoria per i periodi d’imposta che avevano termine al 31 dicembre 2008. La peculiarità di tale disciplina era quella di poter opporre lo scudo fiscale poteva a qualunque tipo di accertamento.

6.2. La norma in parola – applicabile ratione temporum alla fattispecie in esame – al comma 5, rinvia alla disciplina di cui al D.L. 25 settembre 2001, n. 350, art. 14, che aveva introdotto, per la prima volta, tale (atipica) forma di condono, secondo cui le operazioni di emersione non potevano produrre gli effetti (e, per quanto qui rileva, l’opponibilità all’accertamento) qualora, alla data di presentazione della dichiarazione riservata (D.L. n. 350 del 2001, art. 14, comma 7) “una delle violazioni delle norme indicate al comma 1 è stata già constatata o comunque sono già iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento tributario e contributivo di cui gli interessati hanno avuto formale conoscenza. Il rimpatrio non produce gli effetti estintivi di cui al comma 1, lett. c), quando per gli illeciti penali ivi indicati è già stato avviato il procedimento penale, di cui gli interessati hanno avuto formale conoscenza”.

6.3. Sostiene il ricorrente che, non essendo stato notificato alcun atto contenente una contestazione fiscale, non ricorrono le condizioni previste dalla norma per escludere l’opponibilità delle dichiarazioni riservate, sicché la perquisizione penale effettuata a suo carico, prima della dichiarazione riservata (2 febbraio 2010), non avrebbe dovuto incidere sull’efficacia dello scudo fiscale a fini tributari (accertamento notificato il 29 ottobre 2010), anche considerando che non aveva avuto formale conoscenza del procedimento penale.

6.4. L’assunto non è condivisibile.

Va osservato, innanzitutto, che la disposizione in parola, quanto al regime di opponibilità dello scudo, non distingue tra procedimenti penali o tributari, previdenziali e sanzionatori, ma pone il requisito della “formale conoscenza” che gli interessati abbiano avuto dell’accertamento tributario (attraverso constatazione, accessi, ispezioni e verifiche o altre attività) o del procedimento penale a loro carico, come preclusivo degli effetti delle operazioni di emersione. 6.5. L’utilizzo della locuzione “formale conoscenza”, e non quella di “formale notifica”, porta ad escludere una piena equipollenza tra i due concetti (v. Sez. 5, 08/10/2020, n. 21697).

6.6. La formale conoscenza legata alla notificazione, infatti, è il frutto di uno specifico procedimento, che ha un regime proprio a seconda del tipo di notifica che viene effettuato, e che ha il precipuo scopo di assicurare la legale conoscenza al destinatario dell’atto.

Viceversa, la “formale conoscenza”, come intesa dal citato D.L. n. 78 del 2009, art. 13 bis, per effetto del rinvio alla normativa previgente, richiede che la conoscenza dell’interessato sia sorta in relazione al compimento di un atto procedimentale che lo abbia coinvolto. Proprio in virtù di tale coinvolgimento, è principio condiviso, sia in dottrina che in giurisprudenza, che i benefici dello scudo fiscale si estendono ai soli soggetti che decidano “spontaneamente” di aderire all’istituto, ovvero a questi soggetti che non vi aderiscono perché già venuti a conoscenza di indagini tributarie o penali.

6.7. Ciò comporta che la “formale conoscenza” può derivare sia dalla notifica di un atto, sia dal compimento di altre attività procedimentali che, tuttavia, siano in diretto collegamento con il destinatario (partecipazione al contraddittorio, presenza fisica al compimento di un accesso o di una ispezione, contestazione in sede penale, l’avvenuta risposta ad un questionario, perquisizioni e sequestri preventivi) e ciò anche nel caso in cui manchi la prova di una pregressa notifica di tali atti.

6.8. D’altro canto, è la stessa norma che collega la formale conoscenza anche agli accessi, verifiche, ispezioni, ossia di iniziative che non postulano la pregressa notificazione di un atto, bensì il compimento di attività su specifici atti di un procedimento. In tal senso, dunque, l’Amministrazione finanziaria può utilizzare, ai fini dall’accertamento, fonti diverse, compreso quelli derivanti da indagini penali in corso, come consente espressamente il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41 bis e come avvenuto nella specie.

6.9. Da tanto ne deriva che al fine di operare l’esclusione dell’opponibilità all’Amministrazione del cd. scudo fiscale, non occorre alcuna notificazione di atti fiscali, essendo sufficiente che il contribuente abbia avuto, prima della presentazione della dichiarazione riservata, “formale conoscenza” della procedura, fiscale o penale, a suo carico. In tal senso, la formale conoscenza può derivare anche da iniziative che non postulano la pregressa notificazione di un atto, ma riguardano il compimento di attività proprie del procedimento (tributario o penale), rientrando tra esse l’effettuazione di una perquisizione penale, in quanto tipico atto del procedimento penale ed in quanto fonte dell’accertamento tributario alla stregua del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41.

6.10. Nel caso all’esame – ove è pacifico che il decreto di perquisizione e l’informazione di garanzia sono stati notificati al Z. in data precedente (05/11/2009) alla presentazione telematica della dichiarazione riservata (effettuata in data 02/02/2010) – l’effettuazione di una perquisizione penale, quale atto tipico del procedimento penale, ha determinato in Z. la formale conoscenza dell’avvio del procedimento penale nei suoi confronti, rendendo operativa l’ultima parte della norma in parola, a prescindere dalle attività poste in essere per iniziativa dell’Amministrazione o della parte privata.

7. Il terzo motivo di ricorso, con il quale si denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 56, nonché del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 in combinato disposto con l’art. 156, comma 2, c.p.c., per aver la CTR omesso di motivare su vari profili evidenziati dal ricorrente, in particolare sulla prova della disponibilità in capo ad esso delle somme retrocesse dalla società statunitense Woodrow McKinney & Co. ad Apinox s.r.l. e comunque sull’ammontare del dividendo, è infondato.

8. La pur sintetica motivazione offerta dalla CTR consegue alla valutazione degli elementi dalla stessa espressamente considerati (natura di società a ristretta base azionaria e familiare di Apinox e relativa presunzione di distribuzione degli utili ai soci in proporzione delle loro quote), fugando ogni dubbio circa la fondatezza delle censure per motivazione parvente ed omissiva sui motivi di appello riportati a pag. 26 del ricorso. D’altro canto, per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia è necessario la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, non ricorrendo tale vizio quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione. (cfr., ex plurimis, Sez. 5, i Ordinanza n. 29191 del 06/12/2017).

9. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dell’Agenzia delle entrate, liquidate come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna Z.S. al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in complessivi Euro 4.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta sezione civile della Corte di Cassazione, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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