Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.709 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20975/2018 R.G. proposto da:

Enel Produzione S.p.a., in persona del suo legale rappresentante p.t., con domicilio eletto in Roma, via Crescenzio n. 14, presso lo studio Di Tanno e Associati – Studio legale tributario, rappresentata e difesa dall’avvocato Enrico Pauletti e dall’avvocato Rosamaria Nicastro;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ope legis domicilia;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 495/2018, depositata il 6 febbraio 2018, della Commissione tributaria regionale della Lombardia;

udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 5 ottobre 2021, dal Consigliere Dott. Liberato Paolitto.

RILEVATO

che:

1. – con sentenza n. 495/2018, depositata il 6 febbraio 2018, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello proposto da Enel Produzione S.p.a. avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento catastale recante rettifica (in Euro 323.000,00) della rendita proposta dalla contribuente (per Euro 230.051,11) con dichiarazione di variazione Docfa relativa alla centrale elettrica di *****;

1.1 – il giudice del gravame ha rilevato che:

– l’atto impugnato risultava congruamente motivato con riferimento a “due relazioni di stima allegate all’avviso di accertamento”, – perizie che avevano fatto seguito ad un sopralluogo svolto in contraddittorio con la contribuente, – così che “le valutazioni operate dall’Ufficio per la rideterminazione della rendita catastale del compendio immobiliare” risultavano ampiamente giustificate alla luce di dette relazioni che davano “conto del criterio comparativo applicato nel caso di specie, con aggiustamenti correlati a vetustà e obsolescenza dei beni considerati”; né diversamente rilevava il rinvio ad un prezziario che non risultava allegato all’avviso di accertamento, trattandosi “di documento pubblico, il cui contenuto è agevolmente conoscibile da chiunque vi abbia interesse”;

– del pari correttamente, ai sensi del D.L. n. 44 del 2005, art. 1 quinquies, conv. in L. n. 88 del 2005, e secondo dicta della giurisprudenza di legittimità, l’Agenzia aveva tenuto conto, ai fini della determinazione della rendita catastale, di alternatori e trasformatori che, al pari delle turbine, costituivano “elementi “imbullonati” all’interno della centrale elettrica”, e quali “parti integranti oltre che essenziali, in quanto non separabili senza una sostanziale alterazione del bene complesso”;

– a fronte, poi, delle prodotte relazioni di stima, le contestazioni svolte dalla contribuente risultavano “meramente generiche e prive di chiarezza e specificità, in quanto tali inidonee a scalfire la legittimità della pretesa erariale”;

2. – Enel Produzione S.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi, illustrati con memoria; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, assumendo, in sintesi, che erroneamente il giudice del gravame aveva ritenuto legittimamente motivato l’atto impugnato atteso che l’Agenzia delle Entrate, senza indicarne le ragioni giustificative, aveva rettificato la rendita catastale proposta includendovi il valore di beni (alternatori e trasformatori) che non erano stati indicati nella dichiarazione di variazione presentata con procedura docfa e, per di più, aveva utilizzato relazioni di stima prive di pertinenza con l’oggetto della rettifica, così operando (anche) in violazione della circolare n. 6, del 30 novembre 2012, recepita dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 244;

– il secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, espone la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., sull’assunto che, essendone gravata, l’amministrazione non aveva fornito prova di quanto posto a fondamento dell’atto di rettifica, ed avuto riguardo, per un verso, agli elementi identificativi delle componenti impiantistiche suscettibili di valutazione, – perché elementi essenziali del complesso produttivo stabilmente volti ad assicurarne autonomia funzionale e reddituale, e, per il restante, alla correttezza, e congruità, dei valori attributi ai beni oggetto di stima;

– col terzo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 1, 4 e 10, e del D.L. n. 44 del 2005, art. 1 quinquies, deducendo, in sintesi, che, – avuto riguardo alla definizione normativa dell’oggetto di classamento ed agli stessi atti di prassi dell’amministrazione (che ne escludevano la rilevanza ai fini della rendita catastale), – gli alternatori ed i trasformatori, quali componenti impiantistiche collocate a valle del generatore di forza motrice, non debbono essere considerati ai fini della determinazione della rendita catastale;

2. – il primo motivo di ricorso è inammissibile;

2.1 – a fronte, difatti, dello specifico accertamento condotto dal giudice del gravame in punto di elementi identificativi dell’avviso di accertamento impugnato, e della relativa motivazione, la ricorrente risolve le sue censure in termini pressoché autoreferenziali, contrapponendo, in sostanza, le proprie (contrarie) valutazioni alle conclusioni raggiunte, sul punto, da quel giudice;

– le censure, così, difettano di specificità, e nemmeno mettono la Corte nella condizione di verificare la correttezza delle contestate conclusioni, in quanto la (mera) riproposizione della questione in esame non dà conto, nemmeno in sintesi, dell’effettivo contenuto motivazionale dell’atto impugnato; come, difatti, rilevato dalla Corte, la censura involgente la congruità della motivazione dell’avviso di accertamento necessariamente richiede che il ricorso per cassazione riporti testualmente i passi della motivazione dell’atto che, per l’appunto, si assumano erroneamente interpretati o pretermessi e che hanno dato luogo al vizio motivazionale denunciato (v. Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde, ex plurimis, Cass., 19 novembre 2019, n. 29992; Cass., 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., 29 maggio 2006, n. 12786);

3. – il secondo motivo è destituito di fondamento;

3.1 – come reso esplicito dal (sopra) ripercorso contenuto della sentenza impugnata, il giudice del gravame ha svolto uno specifico accertamento probatorio senza violare né il riparto degli oneri probatori rilevanti nella fattispecie (art. 2697 c.c.) né la regola di giudizio fondata sulle prove offerte dalle parti (art. 115 c.p.c.; v., ex plurimis, Cass., 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass., 28 febbraio 2018, n. 4699; Cass., 11 ottobre 2016, n. 20382; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione; Cass., 10 giugno 2016, n. 11892); accertamento condotto, quindi, sul presupposto (esatto) che l’onere della prova, in subiecta materia, gravasse proprio sull’amministrazione (Cass., 20 giugno 2013, n. 15495);

4. – anche il terzo motivo non può trovare accoglimento;

4.1 – occorre premettere che viene, così, in considerazione una denuncia di “violazione e falsa applicazione di norme di diritto” (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) che consiste della deduzione di una erronea ricognizione della fattispecie astratta posta da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, laddove la allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna alla esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Cass., 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., 11 gennaio 2016, n. 195; Cass., 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. Sez. U., 5 maggio 2006, n. 10313; Cass., 11 agosto 2004, n. 15499);

4.2 – posto, allora, che l’accatastamento (R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 3, 4 e 5; D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 40; D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, art. 1), “viene dalla normativa riferito non al fabbricato in quanto tale, bensì alla nozione di unità immobiliare urbana (UIU,); a sua volta rapportata ad una componente immobiliare (rilevante ex art. 812 c.c.), suscettibile di autonoma funzionalità e redditività” (v. Cass., 23 maggio 2018, n. 12741), considera la Corte che, – “come confermato dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, che ha escluso dal calcolo della rendita, soltanto dall’1 gennaio 2016, i macchinari, i congegni, le attrezzature e gli altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo” (così Cass., 6 dicembre 2016, n. 24924), – ai fini della determinazione della rendita catastale rilevano (anche) le componenti impiantistiche presenti nell’unità immobiliare che contribuiscono ad assicurarne autonomia funzionale e reddituale, ovvero che risultino essenziali per caratterizzarne la destinazione (v. Cass., 12 dicembre 2019, n. 32550; Cass., 6 dicembre 2016, n. 24924; Cass., 18 febbraio 2015, n. 3166; Cass., 31 marzo 2011, n. 7372; Cass., 4 novembre 2008, n. 26441; Cass., 7 giugno 2006, n. 13319; Cass., 17 novembre 2004, n. 21730); e, con riferimento alle centrali idroelettriche, si e’, così, rilevato che concorrono alla determinazione della rendita catastale gli elementi costitutivi degli opifici caratterizzati da una connessione strutturale con l’edificio, tale da realizzare un unico bene complesso, e prescindendo dalla transitorietà di detta connessione nonché dai mezzi di unione a tal fine utilizzati, così rilevando (anche) il valore delle turbine e delle opere idrauliche di superficie e di sottosuolo, che configurano elementi essenziali della centrale, non separabili senza una sostanziale alterazione del bene (Cass., 15 marzo 2019, n. 7377; Cass., 5 febbraio 2019, n. 3277; Cass., 20 febbraio 2015, n. 3500; Cass., 9 novembre 2011, n. 23317; Cass., 10 aprile 2009, n. 8764; Cass., 7 giugno 2006, n. 13319; Cass., 17 novembre 2004, n. 21730);

4.3 – anche il Giudice delle leggi, – nel rilevare che, ai sensi del R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 4 e 5, “Nella definizione di unità immobiliare non si fa alcun riferimento ai materiali utilizzati, né ai sistemi di assemblaggio degli stessi” e che “il concetto di immobile per incorporazione è ricavato dal combinato disposto del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 4, e art. 812 c.c.,” – ha rimarcato che proprio l’art. 812 c.c., comma 1, “prevede la possibilità di una connessione strutturale realizzata in via transitoria, ed introduce il concetto di bene immobile per incorporazione, non specificando l’esatto significato di tale ultimo termine; qualsiasi collegamento infatti è idoneo a classificare un bene quale bene immobile, essendo irrilevante la modalità di collegamento di un impianto con la struttura principale.”; così che, si è ulteriormente osservato, – con riferimento alla disposizione di interpretazione autentica (allora censurata) di cui al D.L. 31 marzo 2005, n. 44, art. 1 quinquies, conv. in L. 31 maggio 2005, n. 88, – “il legislatore ha inteso risolvere il contrasto interpretativo con riferimento alle centrali elettriche, senza innovare il concetto di immobile per incorporazione, quale emergente dalla normativa esistente ed evidenziato dalla giurisprudenza in precedenza richiamata. L’unico effetto dell’art. 1-quinquies, è quello di considerare immobili le centrali elettriche, senza alcuna possibilità per il giudice di fornire una diversa interpretazione, ma non anche quello di escludere dal novero degli immobili per incorporazione le altre costruzioni pure se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo. L’art. 1-quinquies, quindi, non ha creato un regime particolare per le centrali elettriche, ma, anzi, ha riportato le stesse nell’ambito della tipologia di beni cui sono state sempre accomunate, come, tra l’altro, gli altiforni, i carri-ponte, i grandi impianti di produzione di vapore, eliminando qualsiasi dubbio sorto sulla determinazione della rendita catastale delle stesse.” (Corte Cost., 20 maggio 2008, n. 162);

4.4 – il giudice del gravame, nella fattispecie, ha svolto uno specifico accertamento, di cui sopra s’e’ dato conto, sulla natura dei beni oggetto di stima e, in particolare, sulla loro connessione strutturale e funzionale all’impianto oggetto di valutazione; e questo accertamento, – che è conforme ai sopra ripercorsi principi di diritto, la parte censura (solo) in termini di violazione di legge, senza, così, mettere in discussione la quaestio facti che, come detto, è stata positivamente risolta dal giudice del gravame in conformità ai principi di diritto posti dalla Corte;

5. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater).

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 6.000,00, oltre spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenuta da remoto, il 5 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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