Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.716 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5321-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

P.L.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C.

COLOMBO 440, presso lo studio dell’avvocato RENATO CARUSO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4603/7/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 26/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.

RILEVATO

CHE:

1. P.L.B. impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio contestava al contribuente, unico socio della SO.CO.TEC. spa, il maggior reddito di Euro 976.000,00, derivante da una distribuzione di utili extracontabili della società.

2.La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso. 3.Sull’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava l’appello rilevando che l’accertamento nei confronti del socio per aver ricevuto utili non contabilizzati avrebbe dovuto essere preceduto da un avviso di accertamento in capo alla società per aver prodotto utili non dichiarati.

4 Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate base di due motivi. Il contribuente si è costituito depositando controricorso.

5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57,L. n. 537 del 1993, art. 114, comma 4 e del D.L. n. 223 del 2006, art. 26, comma 34 bis in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

si sostiene che, poiché la pretesa impositiva è fondata su accertamenti di fatto costituiti dall’appropriazione indebita da parte dell’unico socio dalle casse sociali della somma di Euro 976.000,00, circostanza evidenziata dal Commissario giudiziale nella relazione ex art. 172 l.f. nella procedura di concordato preventivo e denunciata dal Collegio sindacale, ha errato la CTR nel ritenere che l’Ufficio aveva dedotto che la determinazione del maggior reddito era da correlarsi alla illecita condotta appropriativa realizzata dal socio unico solo nel giudizio di appello in quanto l’autorità giudiziaria ben poteva, d’ufficio, diversamente qualificare, rispetto alla prospettazione giuridica, in termini di ripartizione degli utili non dichiarati, contenuta nell’accertamento, la fattispecie posta a fondamento della pretesa fiscale.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 per avere la CTR, accertata la ricostruzione in punto di fatto della vicenda, erroneamente omesso di rettificare la qualificazione giuridica attribuita dall’Ufficio a tale reddito e, quindi, correggere l’avviso di accertamento.

2 I motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro intima connessione, sono inammissibili in quanto formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (difetto di “autosufficienza”).

2.2 Per consolidata giurisprudenza (cfr. tra le più recenti Cass. 29093/2018, Cass. 19048/2016) il ricorrente quando intenda dolersi della non corretta valutazione di un atto o di un documento da parte del giudice di merito deve, ai sensi dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, produrlo in atti o trascriverlo nel ricorso.

2.3 Nella fattispecie entrambi i motivi muovono dalle critiche alla sentenza della CTR per aver erroneamente ritenuto “ius novorum”, inammissibilmente dedotto per la prima volta in appello, la condotta appropriativa rispetto a quella di distribuzione degli utili in nero prospettata nell’avviso di accertamento; in particolare l’Ufficio ritiene che l’autorità giudiziaria, sulla base dei fatti storici ricostruiti nell’avviso, ha omesso di esercitare il potere-dovere di qualificazione giuridica della pretesa dell’erario.

2.4 Orbene poiché nella motivazione in diritto della impugnata sentenza si afferma che “nel provvedimento impugnato si parla di “utili extracontabili” e di distribuzione di utili non contabilizzati” sarebbe stato necessario da parte dell’Ufficio mettere in condizione questa Corte di verificare il contenuto dell’avviso di accertamento e, segnatamente, le ragioni in fatto ed in diritto sulle quali si fonda la pretesa fiscale.

2.5 L’Ufficio si è sottratto a tale incombente non avendo versato in atti l’avviso di accertamento e non avendo indicato la sede dove reperirlo, né riportato nel ricorso, per estratto o in via riassuntiva, il contenuto dell’atto.

2.6 Non e’, quindi, concessa a questa Corte la possibilità di verificare la fondatezza di quanto asserito dalla ricorrente a supporto delle violazioni denunciate e, quindi, di svolgere ogni attività nomofilattica, la quale presuppone appunto la certa e piena conoscenza del tenore dell’avviso di accertamento (sull’adempimento dell’onere di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, Cass., sez. 5, 15/7/2015, n. 14784 e Cass., sez. 3, 9/4/2013, n. 8569).

2.6 Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.

3 Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

4 Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (Cass. Sez. 6-I- Ordinanza nr 1778 del 29/01/2016).

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 10.200,00 per compensi, Euro 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario Iva e Cap.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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