Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.719 del 12/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15514/2013 proposto da:

T.R., elettivamente domiciliato in Roma Via Catone 15 San Pietro presso lo studio dell’avvocato Mazzucchiello Giuseppe che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Pisani Angelo;

– ricorrente –

contro

Equitalia Sud Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Delle Milizie 138 presso lo studio dell’avvocato Giordano Alberto che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 361/2012 della COMM.TRIB.REG., CAMPANIA, depositata il 26/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2021 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE TOMMASO, che ha chiesto l’accoglimento del quinto motivo di ricorso e rigetto nel resto.

RILEVATO

che:

p. 1.1 T.R. propone cinque motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 361/50/12 del 26/11/12 con la quale la commissione tributaria regionale della Campania, in sua contumacia ed in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittime ventiquattro intimazioni di pagamento notificategli da Napoli Equitalia Sud spa per tributi locali, imposte periodiche e diritti annuali.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che (sent.pag.2):

– diversamente da quanto affermato dal primo giudice, le intimazioni in questione erano state precedute da cartelle esattoriali regolarmente notificate, perché consegnate: “in alcuni casi direttamente all’interessato, in altri casi è stata dallo stesso rifiutata la consegna, in altri casi consegnate alla moglie o a parenti qualificatisi addetti alla ricezione degli atti”;

– la mancata tempestiva impugnazione delle cartelle prodromiche così notificate rendeva definitiva la pretesa in riscossione ed inammissibile, in quanto tardivo, il ricorso contro le intimazioni.

Resiste con controricorso l’agente per la riscossione il quale ha preliminarmente eccepito la tardività del ricorso, in quanto notificato (27.5.13) oltre lo scadere del termine lungo semestrale di impugnazione ex art. 327 c.p.c..

Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del quinto motivo di ricorso ed il rigetto degli altri.

Il ricorso è stato trattato con rito camerale, non avendo nessuna delle parti fatto istanza di discussione in udienza pubblica D.L. n. 137 del 2020, ex art. 23, comma 8-bis, inserito dalla legge di conversione L. n. 176 del 2020.

p. 1.2 L’eccezione in tardività del ricorso per cassazione è infondata, dal momento che il termine semestrale di impugnazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale (non notificata) scadeva il 26 maggio 2013, in giorno di domenica, con conseguente sua protrazione ex lege (art. 155 c.p.c.) al giorno non festivo immediatamente successivo.

p. 2.1 Con i primi tre motivi di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, art. 2526, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 in relazione agli artt. 138 ss. c.p.c. ed alla disciplina del contenuto delle cartelle esattoriali.

Si deducono vari vizi della procedura di riscossione, partitamente riferibili a vari gruppi di cartelle, ed erroneamente disconosciuti dai giudici di appello.

Così quanto, segnatamente: al difetto di prova (ad onere dell’agente) di effettiva consegna e conoscenza dell’atto da parte del destinatario; alla omessa osservanza, nei casi di irreperibilità relativa, del deposito dell’atto nella casa comunale e degli altri incombenti tutti ex art. 140 c.p.c. (a seguito delle sentenze della C. Cost. nn. 140/10 e 258/12); alla omessa esecuzione ed attestazione delle ricerche di reperibilità eseguite dall’agente notificatore; all’omesso invio della raccomandata informativa dell’avvenuto deposito; all’omessa dimostrazione (anche questa ad onere dell’agente) dell’effettivo contenuto delle cartelle, non esibite in giudizio e comunque prive della necessaria relata di avvenuta notificazione; alla difformità del contenuto degli estratti di ruolo prodotti in giudizio rispetto ai requisiti contenutistici di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 5, D.L. n. 669 del 1996 (specifica del credito, indicazione e firma del responsabile del procedimento amministrativo, firma del responsabile del procedimento informatico).

p. 2.2 I tre motivi, suscettibili di trattazione unitaria, sono inammissibili per almeno tre concorrenti ragioni.

Sotto un primo aspetto, essi si soffermano sulla ricostruzione teorica dei precetti normativi e costituzionali di notificazione delle cartelle esattoriali di cui si lamenta per più profili la violazione, senza tuttavia che di questa affermata violazione si dia l’opportunità di un riscontro pratico in ragione delle concrete modalità di esecuzione delle notificazioni contestate. Il motivo è dunque carente del requisito essenziale di specificità ed autosufficienza (v., in tema di impugnazione di atti riscossivi, Cass. n. 31038/18 ed altre), dal momento che il contenuto delle cartelle (ovvero degli estratti di ruolo) così come degli atti relativi alla loro notificazione, non solo non viene partitamente trascritto o quantomeno adeguatamente ricostruito nel ricorso (non nello sviluppo del motivo propriamente detto, né nella rievocazione dei fatti di causa) ma neppure si indica in quale sede, all’interno del fascicolo d’ufficio, esso sia stato prodotto ed allegato, così da rendersi immediatamente e direttamente attingibile da questa Corte. Con la conseguenza che le doglianze si risolvono in una ricostruzione meramente teorica ed astratta della disciplina asseritamente applicabile alla materia in questione, e però del tutto svincolata dalla concretezza del caso e dalle modalità di recapito e consegna qui in effetti osservate.

Sotto un secondo e correlato aspetto, le doglianze non centrano la ragione decisoria adottata dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale ha osservato come dagli atti di causa la notificazione delle prodromiche cartelle risultasse invece regolarmente eseguita a mani del contribuente, del coniuge o di altro soggetto abilitato (sent.pag.2, come su riportato), aggiungendo anzi che la effettiva conoscenza delle stesse da parte del contribuente trovava vieppiù conferma nella circostanza, definita “particolarmente indicativa”, che in determinati casi quest’ultimo aveva “addirittura effettuato dei versamenti in conto a cartelle di cui, successivamente, nega la regolarità della notifica ed il fatto che, a conferma di ciò, nel ricorso introduttivo chiede in subordine la dovuta riduzione dei presunti crediti vantati posti a base di ogni cartella” (sent. pagg.2-3). Orbene, il chiaro tenore di queste ragioni decisorie onerava il ricorrente per cassazione di confutarle, ancora una volta, con il puntuale richiamo alle concrete modalità di avvenuta notificazione e consegna, e non soltanto con la diffusa panoramica della disciplina di legge asseritamente applicabile. In difetto di ciò, le doglianze si risolvono in una mera petizione di principio, priva di un vero contenuto censorio valevole per la peculiarità del caso, e concretante in realtà una frontale ed apodittica contrapposizione di una determinata versione dei fatti (irregolarità della notifica) a quella (regolarità della notifica) già appurata e motivatamente sostenuta dal giudice di merito.

Sotto un terzo e definitivo aspetto le doglianze risultano poi inammissibili (e comunque palesemente infondate) anche – e proprio – nella ricostruzione dell’apparato normativo di riferimento da esse propugnato, ponendosi in ciò in contrasto, senza peraltro fornire elementi di loro possibile superamento, con indirizzi interpretativi di legittimità ormai del tutto consolidati e calzanti. Così quanto, in particolare: – alla legittimità, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26 della notificazione della cartella direttamente da parte dell’agente per la riscossione tramite il servizio di posta raccomandata e relativo Regolamento (con esclusione delle incombenze di cui al codice di rito): Cass. n. 19270/18 ed innumerevoli altre; – alla conseguente non necessità di redazione della relata di notifica, dovendosi la consegna ritenere provata dalla sottoscrizione dell’avviso di ricevimento del plico raccomandato inviato attraverso il servizio postale (Cass. 6395/14; Cass. ord. 16949/14; 4567/15; 20918/16 ed altre); – alla non necessità che le cartelle notificate siano versate in atti in originale o copia autentica (da ultimo, Cass. n. 20769/21, con richiami); – alla estendibilità della sanatoria per raggiungimento dello scopo, ex art. 156 c.p.c., alla notificazione non soltanto degli atti del processo tributario, ma anche degli atti impositivi e, in particolare, della cartella di pagamento (Cass. n. 6417/19; 27561/18 ed altre).

Ciò posto, non può trovare censura, visto il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3 l’assunto del giudice di appello secondo cui ogni questione concernente asseriti vizi di forma, sottoscrizione o contenuto propri delle cartelle (regolarmente) notificate poteva e doveva essere fatta valere mediante l’impugnazione tempestiva delle cartelle stesse, e non (come in concreto inammissibilmente avvenuto) tramite l’impugnazione delle successive intimazioni di pagamento.

p. 3.1 Con il quarto motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 28 e 20 nonché dell’art. 2719 c.c. e art. 26 cit.. Per avere la Commissione Tributaria Regionale fondato il proprio convincimento sulla base di documentazione, tempestivamente disconosciuta, prodotta in giudizio unicamente in copia semplice ed incompleta.

p. 3.2 Il motivo è infondato.

Va intanto osservato come esso risulti di nuovo carente nella specificazione di elementi processuali fondamentali ai fini della decisione, costituiti dalle circostanze e precise modalità e tenore del riferito disconoscimento per difformità dall’originale che il contribuente avrebbe asseritamente proposto in relazione alla documentazione (neppure questa precisamente indicata) prodotta in copia dall’agente per la riscossione.

Ad ogni buon conto, si richiama anche in proposito il pacifico orientamento di legittimità, secondo cui il giudice di merito ben può e deve basare il proprio convincimento di avvenuta regolare notificazione anche su documentazione prodotta in giudizio in copia, seppure disconosciuta nella sua conformità all’originale, ed in forza del quadro istruttorio complessivo, eventualmente di rilevanza anche presuntiva (Cass. n. 25292/18 ed altre).

Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie, in cui il giudice di merito ha ritenuto di poter affermare la validità della notificazione delle cartelle prodromiche sulla base delle risultanze documentali (estratti di ruolo, cartelle, avvisi di ricevimento) prodotte in copia dall’agente per la riscossione; e questa modalità di formazione del suo convincimento non appare, per quanto indicato, contraria alla legge sicché il decisum del giudice regionale merita anche sotto questo profilo conferma, tanto più in presenza di una doglianza di cassazione di natura esclusivamente normativa, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e non motivazionale.

p. 4.1 Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione altresì dell’art. 2948 c.c., n. 4) e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20. Per avere la Commissione Tributaria Regionale emesso una sentenza con motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria, e comunque affetta da omessa pronuncia sulla eccepita prescrizione del credito portato dalle cartelle contestate, stante l’inutile e non interrotto decorso del termine quinquennale, qui applicabile vertendosi nella specie di debiti tributari per imposte locali e periodiche.

p. 4.2 Anche questo motivo si palesa per più versi inammissibile.

In primo luogo esso veicola una censura di motivazione “insufficiente, illogica e contraddittoria” ovvero anche di “omessa pronuncia” attraverso il prisma esclusivo della violazione della disciplina sulla prescrizione (art. 360 c.p.c., n. 3), là dove simili doglianze dovevano invece essere propriamente inquadrate tenendo ben a mente i peculiari connotati legali di cui, rispettivamente, al n. 5 (oggi notoriamente riferiti alla sola e residuale ipotesi dell'”omesso esame” di fatto decisivo) e n. 4 della medesima disposizione. Fin troppo evidente è infatti l’autonomia concettuale e normativa di quelle critiche che si risolvano, ora, nella violazione di una norma sostanziale (nella specie, l’art. 2948 c.c., n. 4)), ora in un vizio della motivazione ed ora, infine, addirittura in una omessa pronuncia sul punto dedotto.

In secondo luogo, il motivo di ricorso non esplicita sotto quale profilo la prescrizione venne eccepita dal contribuente; non tanto e soltanto con riguardo all’ampiezza del termine estintivo invocato (il che si risolverebbe, in effetti, in una questione di puro diritto in ragione della natura dei crediti posti in riscossione), bensì con riguardo all’asserito decorso del termine prescrizionale ritenuto applicabile, già prima della notificazione delle cartelle, ovvero solo successivamente ad essa. Ciò pone la doglianza in un ambito di inammissibile vaghezza, precludendo a questa Corte ogni vaglio di legittimità e, finanche, di individuare nella sentenza impugnata una effettiva omissione di pronuncia sul punto, piuttosto che un rigetto implicito dell’eccezione, là dove la Commissione Tributaria Regionale ha basato la propria decisione sul fatto che ogni questione relativa alle cartelle (dunque, evidentemente, compresa la prescrizione in ipotesi di sua maturazione antecedente ad esse) doveva essere fatta valere con l’impugnazione delle stesse; analogamente, l’indeterminatezza della doglianza (anche sulla precisa successione temporale tra l’insorgenza dei crediti, la notificazione delle cartelle e quella delle intimazioni) è tale da non consentire neppure il vaglio sulla efficacia interruttiva che sul termine prescrizionale (anche se in ipotesi quinquennale) avrebbero potuto sortire i successivi atti di riscossione, siccome ritenuti dal giudice di merito “regolarmente” notificati.

Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori di legge;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472