LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9231/2020 R.G. proposto da:
C.F., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Di Marco;
– ricorrente –
contro
Alleanza Ass.ni S.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco Napolitano, con domicilio eletto in Roma, Piazza Lotario, n. 6, presso lo studio dell’Avv. Silvia Tagliente;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli, n. 469/2020, depositata il 4 febbraio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 novembre 2021 dal Consigliere Emilio Iannello.
FATTI DI CAUSA
1. Con citazione del 5 febbraio 2015 C.F. convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Napoli, la Alleanza Assicurazioni S.p.a., chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 19.825,10, oltre accessori, pretesa quale differenza tra quanto incassato e quanto contrattualmente previsto a titolo di premio a lui spettante, in qualità di beneficiario, in virtù della polizza vita mista contratta dal genitore C.M. in caso di premorienza dovuta a incidente stradale dell’assicurato rispetto alla scadenza contrattuale del 1 agosto 2013.
Dedusse che il rischio assicurato si era avverato essendo il contraente tragicamente deceduto, insieme con la moglie, nel “noto” sinistro stradale accaduto in ***** in data *****.
La convenuta resistette alla domanda deducendo che il capitale garantito doveva identificarsi non già nella somma indicata dall’attore (Euro 96.943,98), bensì in quella inferiore di Euro 61.401,90, e che pertanto, detratte alcune somme già erogate al contraente, il credito residuo doveva ritenersi già interamente soddisfatto.
All’esito di istruzione documentale il tribunale, in parziale accoglimento della domanda, condannò la compagnia assicurativa a corrispondere all’attore l’ulteriore importo di Euro 7.997,74, oltre accessori e spese di lite, ritenendo non provata la circostanza del decesso del contraente a seguito di incidente stradale, e quantificando pertanto il capitale garantito nell’importo riconosciuto dalla compagnia assicurativa di Euro 61.401,91, esclusi i prestiti e i rimborsi opposti dalla convenuta in quanto non adeguatamente provati.
2. Con sentenza n. 469/2020, depositata il 4 febbraio 2020, la Corte d’appello di Napoli ha rigettato il gravame interposto dal C., osservando che:
– correttamente il primo giudice aveva ritenuto non provata la circostanza della premorienza del contraente a cagione di incidente stradale, essendosi l’attore limitato a invocare il carattere notorio della sciagura in occasione della quale avrebbe perso la vita il proprio genitore, senza documentare alcunché sul punto;
– la documentazione prodotta per la prima volta in appello (copia della richiesta di rinvio a giudizio dei soggetti identificati in sede penale quali responsabili della sciagura) era inutilizzabile ai fini della decisione, in quanto priva di data, non essendo pertanto valutabile l’ammissione tardiva per impossibilità di tempestiva produzione, unica condizione che ne avrebbe consentito la produzione in appello a norma del nuovo testo dell’art. 345 c.p.c., comma 3, applicabile alla fattispecie ratione temporis.
3. Avverso tale decisione C.F. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste la Alleanza Assicurazione S.p.a., depositando controricorso.
4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è così testualmente rubricato: “violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per travisamento della prova; il ragionamento logico seguito dal giudice di merito fonda su elementi probatori estranei al giudizio ed applicati in violazione del combinato disposto dell’art. 115 c.p.c., comma 1; art. 112 c.p.c.; art. 345 c.p.c., comma 2, e art. 437 c.p.c., comma 2; di qui la censura di travisamento della prova ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in riferimento all’art. 115 c.p.c.”.
Nella successiva illustrazione si deduce (se ben si comprende):
– travisamento della informazione probatoria tratta dalla sentenza di primo grado, dal momento che in questa, subito dopo essersi rilevata la mancanza di prova che la morte del contraente fosse avvenuta in conseguenza di sinistro stradale, si afferma che “tale circostanza però non è stata contestata dalla difesa della Allianz assicurazioni la quale anzi ha indicato l’importo dovuto a titolo di capitale garantito ai beneficiari nella somma di Euro 61.401,91”: quella utilizzata nella sentenza impugnata è dunque, secondo il ricorrente, “constatazione probatoria” contraddetta da altra circostanza del processo;
– violazione del principio di non contestazione, dal momento che (si trascrive testualmente) “e’ stata utilizzata un’informazione probatoria che non è stata contestata dalla controparte convenuta nel giudizio di primo grado e che, per questo, ha assunto piena idoneità a dimostrare la premorienza di C.M. per incidente stradale, con la conseguenza che il ragionamento svolto dal giudice di merito con l’informazione travisata risulta illogico per la contraddittorietà tra il dato esistente in atti e quello preso in considerazione dal giudice”.
2. Il secondo motivo è così rubricato: “violazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, specificamente, il giudice di appello ha operato una errata ricognizione della fattispecie astratta disciplinata dall’art. 345 c.p.c., comma 3, implicandone una errata interpretazione”.
Nella successiva illustrazione si assume in sostanza – richiamati gli arresti di Cass. Sez. U. 04/05/2017, n. 10790, e di Cass. 03/05/2019, n. 11714 – che erroneamente la corte d’appello ha ritenuto ostativa all’ammissione di nuova documentazione in appello la mancata dimostrazione dell’impossibilità di produrla nel giudizio di primo grado, dal momento che avrebbe dovuto comunque valutarsi, quale alternativa condizione di ammissibilità della produzione in appello, la sua indispensabilità ai fini della decisione.
3. Il primo motivo è inammissibile.
Il nucleo della critica, al di là della confusa argomentazione e della sua incoerente prospettazione nell’intestazione in termini di vizio di motivazione o di travisamento di prova, è da vedere nella dedotta violazione del principio di non contestazione (error in procedendo per violazione dell’art. 115 c.p.c.), per avere la corte d’appello ritenuto non provata la derivazione causale della premorienza da sinistro stradale, quando invece, secondo il ricorrente, tale nesso causale avrebbe dovuto considerarsi non contestato e, dunque, non bisognevole di prova.
Il ricorrente assume, infatti, doversi trarre riscontro del carattere non contestato di detta circostanza da una incidentale affermazione contenuta a pag. 3 della sentenza di primo grado, là dove si legge (il brano è testualmente trascritto in ricorso): “E’ pacifico e documentato che C.M. decedeva in data ***** ma non v’e’ prova che l’evento sia avvenuto a seguito di un incidente stradale. Tale circostanza però non è stata contestata dalla difesa della Allianz assicurazioni la quale anzi ha indicato l’importo dovuto a titolo di capitale garantito ai beneficiari nella somma di Euro 61.401,91 da cui poi ha detratto alcuni importi corrisposti a titolo di prestito all’assicurato. Dunque, è tale somma, riconosciuta come dovuta dalla convenuta, che deve essere considerata”.
E’ però evidente che – al di là della scarsa chiarezza e della equivocità del periodo, estrapolato dal resto della motivazione -quand’anche la non contestazione di cui ivi si parla possa realmente essere riferita alla derivazione causale della premorienza da sinistro stradale, tale rilievo non ha avuto in quella sentenza alcun coerente seguito ma anzi è contraddetto da quello che lo precede della mancanza di prova della circostanza medesima e rimane, comunque, svuotato di significato dal rigetto della maggior pretesa indennitaria che proprio su quella circostanza era fondata.
Errata, dunque, o persino contraddittoria che sia sul punto detta sentenza (di primo grado), tale errore avrebbe dovuto dedursi come motivo di gravame e, non essendolo stato (nulla in tal senso essendo dedotto in ricorso), quell’errore o quella contraddizione non possono essere ripresi, per la prima volta, in cassazione quali vizi del ragionamento probatorio della sentenza d’appello.
In altre parole, avendo il tribunale parzialmente accolto la domanda di indennizzo ritenendo che non vi fosse prova del fatto che la premorienza del contraente fosse dovuta a incidente stradale, l’assunto difensivo secondo cui tale circostanza avrebbe dovuto invece considerarsi non contestata dalla convenuta avrebbe dovuto essere posto ad oggetto di specifico motivo di gravame, del che non vi è in ricorso alcuna allegazione, tanto meno osservante del requisito di specificità imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 6.
4. Il secondo motivo è parimenti inammissibile, per aspecificità.
Esso, infatti, non si confronta con la ratio decidendi sul punto spesa in sentenza che ha escluso l’ammissibilità dei documenti prodotti in appello per esserne tout court vietata la produzione in appello dal nuovo testo dell’art. 345 c.p.c., comma 3, (come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. 0b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134), applicabile alla specie ratione temporis, indipendentemente dalla loro indispensabilità, salvo solo il caso che se ne dimostri l’impossibilità di produrli nel giudizio di primo grado per causa non imputabile.
Gli argomenti spesi in ricorso per attaccare tale motivazione risultano inconferenti; in particolare i precedenti evocati di Cass. n. 11714 del 2019 e Cass. Sez. U. n. 10790 del 2017 si riferiscono espressamente a giudizi cui – diversamente da quello in esame – era applicabile il previgente testo della detta disposizione (art. 345 c.p.c., comma 3, come modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 18).
5. La memoria che, come detto, è stata depositata dal ricorrente, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2, non offre argomenti che possano indurre a diverso esito dell’esposto vaglio dei motivi.
6. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese in favore della controricorrente, liquidate come da dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022