LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13413-2020 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE REGIONALE DELLA SICILIA, (C.F.
*****), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE FAI DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
M.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati ROSARIO VISALLI, GIOVANNI FIANNACCA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6692/10/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di MESSINA, depositata il 20/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.
FATTI DI CAUSA
la parte contribuente impugnava un avviso di accertamento per IRPEF, IVA e IRAP relativo all’anno d’imposta 2004, emesso in seguito alla mancata risposta di un questionario da parte del contribuente con il quale si chiedevano vari documenti contabili (registri IVA, registro dei cespiti ammortizzabili, documenti relativi ad utenze domestiche);
la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente ma la Commissione Tributaria Regionale ne accoglieva parzialmente l’appello affermando che la parte contribuente non ha risposto ad un questionario, contenuto in un plico A/R, notificato per compiuta giacenza, in quanto restituito al mittente per il mancato ritiro da parte del destinatario e di cui non è mai venuto a conoscenza, così come pure non è venuto a conoscenza dell’avviso circa la successiva inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa in caso di inottemperanza all’invito ad esibire documenti: la ratio della preclusione sta nel pericolo che nelle more tra la notifica del questionario e l’avvio di un accertamento o l’introduzione di un giudizio quella contabilità possa subire delle manipolazioni e nel caso di specie tale pericolo non ricorre perché il contribuente non sapeva del questionario e perché i costi dedotti trovano giustificazione nelle spese, eccessive in sé, e in rapporto alle perdite dichiarate per tre anni consecutive su cui si fonda l’accertamento induttivo.
Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle entrate, affidato ad un motivo mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
con il motivo d’impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, commi 4 e 5, in quanto i documenti non trasmessi dal contribuente su invito dell’Ufficio tramite questionario non possono essere presi in considerazione a meno che – ma non è questo il caso – il contribuente non abbia potuto rispondere per causa a lui non imputabile.
Il motivo di impugnazione è fondato.
Secondo questa Corte, infatti:
la mancata esibizione di atti e documenti rilevanti ai fini dell’accertamento, nella fase amministrativa che abbia preceduto il giudizio, impedisce di prenderne in considerazione il contenuto a favore del contribuente, ma la previsione può essere superata dal deposito successivo degli stessi, in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa; qualora tuttavia l’Amministrazione neghi o contesti tale pur tardiva produzione, il contribuente, al fine di rendere inoperanti le cause di inutilizzabilità, deve produrre in giudizio la documentazione prima non esibita, nel rispetto dei termini e delle modalità indicate dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 5, vigente “ratione temporis”, ed all’autorità giudiziaria compete vagliare la regolarità dei documenti e delle sue modalità di produzione, nonché la sussistenza e la congruità della dichiarazione allegata “di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile” (nella specie la Cassazione ha escluso che la Commissione Tributaria Regionale avesse violato l’art. 32, comma 5, cit. negando che i registri IVA fossero stati esibiti al giudice, dal momento che il ricorrente non aveva confutato tale affermazione, ritenendo sufficiente la tardiva produzione in sede amministrativa: Cass. nn. 6617 del 2021);
in tema di accertamento tributario, l’inottemperanza del contribuente a seguito dell’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, comma 4, comporta l’inutilizzabilità in sede amministrativa e processuale dei documenti espressamente richiesti dall’Ufficio, salvo che il contribuente, all’atto di produrre la documentazione unitamente al ricorso, non dichiari di non avere potuto adempiere alla richiesta; detta inutilizzabilità opera anche in assenza di eccezione dell’Amministrazione resistente, trattandosi di preclusione processuale rilevabile d’ufficio (Cass. n. 3442 del 2021);
in caso di cessione a titolo oneroso di azienda si realizza una plusvalenza che concorre alla formazione del reddito; pertanto, ove il contribuente ometta di rispondere ai questionari previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, nn. 3 e 4, in tal modo impedendo od ostacolando la verifica dei redditi prodotti (nella specie omettendo di indicare i costi di acquisizione dei beni), l’Ufficio può effettuare l’accertamento induttivo ai sensi del cit. decreto, ex art. 39, comma 1, lett. a), utilizzando dati e notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di avvalersi anche di presunzioni prive di requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. n. 26801 del 2020);
in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la dichiarazione del contribuente di non aver potuto rispondere al questionario su invito dell’Ufficio per causa a lui non imputabile
– che egli, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 5, può formulare al fine di impedire la produzione degli effetti previsti dal comma 4 (impossibilità che le notizie non fornite siano prese in considerazione a suo favore) – deve essere fatta in modo chiaro ed esplicito nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, non richiedendosi la prova contestuale della non imputabilità della causa dell’inadempimento (Cass. n. 28049 del 2009);
l’omissione di uno degli adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.c. comporta la nullità della notificazione anche nel caso in cui il destinatario abbia ricevuto al proprio indirizzo la raccomandata informativa del deposito del piego presso l’ufficio postale ed abbia scelto di ometterne il ritiro determinando la compiuta giacenza, in quanto la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c. può ritenersi superata soltanto se il destinatario provi di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prendere cognizione del piego (Cass. n. 31724 del 2019);
la presunzione di conoscenza di un atto – nella specie la lettera di licenziamento – del quale sia contestato il suo pervenimento a destinazione, non è integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata, essendo necessaria, attraverso l’avviso di ricevimento o l’attestazione di compiuta giacenza, la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio (Cass. n. 19232 del 2018);
il procedimento notificatorio disciplinato dal codice di procedura civile è un mezzo di comunicazione che offre le maggiori garanzie possibili di conoscenza dell’atto da parte del destinatario, secondo un principio che si estende anche agli atti sostanziali. Ne consegue che la revoca del mandato, da qualificarsi atto unilaterale recettizio, regolato dall’art. 1335 c.c., può validamente essere portata a conoscenza del destinatario mediante procedimento di notificazione perfezionatosi con l’osservanza degli adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.c., senza che l’esito di compiuta giacenza della raccomandata inviata all’esatto indirizzo del mandatario possa integrare la prova contraria della mancata conoscenza dell’atto, atteso che, per poter vincere la presunzione legale, è necessario un fatto o una situazione che spezzi od interrompa in modo duraturo il collegamento tra il destinatario ed il luogo di destinazione della comunicazione e che tale situazione sia incolpevole, cioè non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. n. 20482 del 2011).
La Commissione Tributaria Regionale non si è uniformata ai suddetti principi laddove – affermando che la parte contribuente non ha risposto ad un questionario, contenuto in un plico A/R, notificato per compiuta giacenza, in quanto restituito al mittente per il mancato ritiro da parte del destinatario e di cui non è mai venuto a conoscenza, così come pure non è venuto a conoscenza dell’avviso circa la successiva inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa in caso di inottemperanza all’invito ad esibire documenti: la ratio della preclusione sta nel pericolo che nelle more tra la notifica del questionario e l’avvio di un accertamento o l’introduzione di un giudizio quella contabilità possa subire delle manipolazioni e nel caso di specie tale pericolo non ricorre perché il contribuente non sapeva del questionario e perché i costi dedotti trovano giustificazione nelle spese, eccessive in sé, e in rapporto alle perdite dichiarate per tre anni consecutive su cui si fonda l’accertamento induttivo – non ha considerato che l’inottemperanza del contribuente a seguito dell’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, comma 4, comporta l’inutilizzabilità in sede amministrativa e processuale dei documenti espressamente richiesti dall’Ufficio, salvo che il contribuente, all’atto di produrre la documentazione unitamente al ricorso, non dichiari di non avere potuto adempiere alla richiesta e che la dichiarazione del contribuente di non aver potuto rispondere al questionario su invito dell’Ufficio per causa a lui non imputabile deve essere fatta in modo chiaro ed esplicito nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado: nella specie la sentenza impugnata da un lato non ha verificato se in effetti la dichiarazione di non aver potuto rispondere al questionario sia stata fatta in modo chiaro ed esplicito nel ricorso introduttivo e dall’altro lato non ha considerato che la notifica attraverso il meccanismo della compiuta giacenza determina una presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., che può ritenersi superata soltanto se il destinatario – circostanza quest’ultima che non risulta essere avvenuta nel caso di specie – provi di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prendere cognizione del piego.
Pertanto, in accoglimento del motivo di impugnazione, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022